Quella corsa Busitalia saltata da Montegrotto per l’aeroporto di Venezia, e i passeggeri abbandonati a loro stessi

Mercoledì 6 gennaio 2016 insieme ad una decina circa di persone attendevo a San Lazzaro (via prima Strada) il bus delle 10.32 diretto a Venezia e poi all’aeroporto di Venezia, dato che dovevo prendere un aereo.

5E08240C-2A35-4C9B-9AA6-380D53F09951Ho atteso fino alle 11.20 senza che passasse alcun bus e alla fine per non perdere l’aereo ho dovuto chiedere un passaggio in auto ad un parente fino all’aeroporto. Credo sia saltata la corsa. Ho provato (e non solo io) a telefonare al numero di Busitalia scritto nella tabella degli orari alla fermata e dopo aver scelto tutte le opzioni possibili in vari tentativi di telefonata ( 1 per informazioni, 2 per reclami e suggerimenti), una voce rispondeva “il numero è occupato” senza darmi la possibilità di rimanere in attesa e facendo cadere la linea. Ma che servizio di assistenza telefonica agli utenti, è questo ?
Io credo che da un decennio non mi imbattessi in un numero di telefono di un’azienda che svolge un servizio pubblico e che non consente all’utente di non rimanere in attesa per parlare con qualcuno e sapere lo stato di una corsa di un bus.

Per cortesia qualcuno mi sa dire cosa è successo a quella corsa e quali provvedimenti tecnici (banalissimi, immagino) intende prendere Busitalia per far sì che un utente che telefoni e che trovi la linea occupata possa sapere qualcosa ?

I furti di denaro pubblico in Veneto . Non solo Mose.

Mevorach ribalta la frittata: «Mai dato soldi a Claudia Minutillo, mai detto a Galan di averlo fatto. Al contrario è che mi ha chiesto in più occasioni di corrispondergli somme di denaro. Io non ho mai aderito e in ragione di ciò mi ha più volte apostrofato in modo poco simpatico». Mevorach è di famiglia ebrea, si può intuire il tipo di apostrofo.
«Volevo sviluppare un mio progetto con l’appoggio del la Regione», continua l’imprenditore a verbale. «Galan mi disse che avrei dovuto “mettermi d’accordo” con l’assessore Renato Chisso. Gli chiesi cosa intendesse con quella frase. Mi rispose: “Non fare il furbo, sai bene di cosa parlo, la politica va aiutata”. Ma non era il mio modo di fare l’imprenditore e lo mandai a quel paese».
La difesa di Galan sollecita il confronto con una persona che casualmente aveva assistito al colloquio tra Mevorach e l’ex presidente del Veneto. È una manager, si chiama Erika Bertin, lavora negli Stati Uniti e darebbe ragione a Galan. La procura la fa rientrare in Italia e il risultato è catastrofico per Giancarlo: la Bertin lo sconfessa totalmente.
Arriva un altro imprenditore ad aggravare il conto. È Pierluigi Alessandri, ex presidente della Sacaim, un’azienda veneziana sotto verifica della Guardia di Finanza. La Sacaim era fuori dal giro dei grandi lavori pubblici regionali. Per rimontare la corrente, tra il 2006 e il 2007 Alessandri versa a Galan 115.000 euro in diverse tranches. Una parte gliela va a portare direttamente nella villa di Cinto Euganeo. Un’altra è Galan che va a prendersela, a casa della figlia di Alessandri, a Monticelli di Monselice, in una busta chiusa che la donna gli consegna senza sapere cosa ci sia dentro. Nonostante i pagamenti, per la Sacaim non cambia niente. Allora Galan mette in contatto Alessandri con Renato Chisso, titolare delle infrastrutture, con il quale «era necessario accreditarsi». Nel febbraio 2010, all’hotel Laguna Palace di Mestre, Alessandri consegna all’assessore 30.000 euro: «Chisso prese il denaro come fosse una cosa dovuta, senza minimamente stupirsi». Ma alla Sacaim arrivano solo le briciole dei grandi appalti.

(dal libro “Veneto anno zero” di Renzo Mazzaro sulle tangenti per Mose e molto molto altro.)

Veneto anno zero

L’assoluzione di Tomelleri non toglie un singolare primato del Veneto: quattro presidenti inquisiti su quattro. Con una crescita esponenziale della capacità di delinquere, visto che il Tribunale del riesame si è permesso di definire Giancarlo Galan «personalità allarmante caratterizzata da una particolare, pregnante e radicata negatività»; autore di «iniziative direttamente rivolte agli imprenditori interessati alla realizzazione di opere nel Veneto, tese a sollecitare in capo a loro dazioni di denaro»; in grado di «approfittare di qualunque occasione, anche di mera convivialità, per avanzare richieste e pretese, sfruttando le cariche istituzionali». Un quadro che per i giudici dimostra «l’assoluto asservimento dell’Ufficio di Presidenza della Regione Veneto agli interessi privatistici del Galan, finalizzato ad alimentare la sua consolidata corruzione». Non è la sentenza del processo che non arriverà mai, perché Galan sceglierà il patteggiamento, ma il Tribunale del riesame è pur sempre parte terza, tra difesa e accusa.

Quest’ultima stima in un miliardo di euro la cresta fatta ai finanziamenti del Mose dal 2003 in poi, per il «fabbisogno sistemico» come l’ha ribattezzato l’ingegner Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani, la più importante azienda del Consorzio Venezia Nuova, arrestato il 28 febbraio 2013. Il sistema era quello costruito da Giovanni Mazzacurati, per trent’anni ai vertici del Consorzio, prima come direttore generale e poi come presidente. «Capo supremo», lo chiamavano i suoi collaboratori. «Grande burattinaio», lo definisce il pm Paola Tonini nella richiesta di misura cautelare eseguita il 12 luglio 2013, con la seconda ondata di arresti. Baita e Mazzacurati erano il gatto e la volpe del sistema truffaldino architettato attorno al Mose, salvo trasformarsi da compagni di merende in principali accusatori, quando lo scandalo viene scoperchiato.

Al «fabbisogno sistemico» si assoggettavano tutte le imprese. Il denaro saltava fuori fatturando lavori inesistenti o sovrafatturando quelli veri: una quota veniva retrocessa al Consorzio, che pagava tutti. A partire dal Magistrato alle acque, che doveva funzionare da controllore diretto dei lavori e invece era al soldo del controllato. E continuando con la giunta regionale, che a pagamento spianava la strada ad ogni snodo delle procedure. E poi più su.

dal sito del libro “Veneto anno zero”.

Il peggioramento della qualità dei servizi sanitari nel continuo cambiamento fatto di tagli

Questa mattina sono stato come ogni anno al controllo, presso lo IOV di Padova, per una visita dermatologica per il controllo dei nei, dato che ho una carnagione a rischio.
Nel corso della visita mi è stato detto che, nell’ambito di un processo di riorganizzazione, la struttura dell’IOV rimarrà a disposizione esclusivamente delle persone con melanoma, e che quindi dalla prossima volta dovrò fissare un appuntamento presso un’altra struttura (elencata in un depliant della Rete Mela, dove però mancavano numeri di telefono e contatti – sarebbe bastato così poco per inserirli…)
Già di mio non amo il cambiamento, ad ogni modo non sempre il cambiamento significa peggioramento, ma in Italia e in Veneto da anni le cose possono essere considerate quasi un sinonimo.
Domando alla dottoressa se le fotografie, che fanno parte della mappatura e sono essenziali per loro (e ovviamente anche per il paziente) per notare l’evoluzione dei nevi saranno a disposizione delle altre strutture dove i pazienti come me vengono dirottati, ma la risposta è negativa.
In pratica, il database di fotografie, con il pregresso dei pazienti, viene buttato via (tranne per chi ha un melanoma, s’intende, e quindi rimarrà seguito dall’IOV). Ho chiesto se era possibile avere le foto in una chiavetta USB (dato che il programma informatico le archivia in formato standard), ma mi  stato detto di no. Probabilmente, manca una delibera interna, un ordine di servizio, manca qualcosa di organizzativo che consenta di non buttare le informazioni già presenti nel database IOV e di consegnarle almeno ai pazienti se non renderle disponibili alle altre strutture che fanno parte del progetto MeLA.
Come si può pensare di offrire un servizio di prevenzione e di follow-up in questo modo ? La dottoressa mi ha anche detto che chiedere la cartella clinica, cartacea, sarebbe stato comunque inutile, perché non ci sarebbero state le foto.
La sanità del Veneto è virtuosa….. forse però dipende dalla virtù di cui stiamo parlando. E’ un peccato veder regredire anziché progredire i servizi al cittadino.

Il neo che mi è stato consigliato di asportare. 5 agosto con il Servizio Sanitario Nazionale, il 16 aprile , spendendo 130 euro, con visita privata nella stessa struttura a Padova.

P.S: Nel corso della visita è stato trovato un neo variato per dimensione e forma, il primo posto disponibile (dato che non si tratta di un caso urgente) il 5 agosto di quest’anno. Quando Zaia & Co. lodano e incensano la sanità veneta, nonostante l’indubbio impegno ordinario e straordinario di migliaia di medici, infermieri e personale amministrativo, mi verrebbe da lanciare un oggetto contro la TV.

La regione Marche investe 10 milioni di euro nel potenziamento ferroviario

Mentre i pendolari del Veneto vedono per l’ennesima volta rinviato l’avvio del servizio metropolitano regionale, prima previsto per dicembre 2012 (“Se siamo Nembo Kid”, disse l’Assessore Regionale ai Trasporti Renato Chisso, di Forza Italia) , poi per giugno di quest’anno, e per ora rinviato a settembre-ottobre, arrivano fin da giugno tagli dei treni regionali sulla direttrice Portogruaro- Venezia.

Il presidente della Regione Veneto, il leghista Zaia, invoca soldi da Roma per potenziare il trasporto regionale, ma le regioni Toscana ed Emilia-Romagna destinano il triplo / quadruplo della regione Veneto, e la differenza si vede.

Un treno Minuetto elettrico in sosta in una stazione delle Marche.

La Regione Marche ha investito 10 degli 11 milioni di euro costati per l’elettrificazione della linea secondaria Porto d’Ascoli- Ascoli Piceno, lunga 32 km, cosa che consentirà l’accantonamento delle vecchie automotrici diesel risalenti agli anni ’70 e l’utilizzo di moderni treni Minuetto. Ma l’elettrificazione da sola non basta, un caso tra tutti lo scandalo della Monselice-Mantova, elettrificata e percorsa da treni diesel inquinanti, vecchi, lenti e poco capienti. La Regione ha deciso – ed è qui la cosa importante che mostra una politica di destinazione diversa del denaro pubblica – di aumentare il numero delle coppie di treni da 3 a 19 . Un grande potenziamento quindi.

 

Le Regioni non sono tutte uguali, e al Veneto di virtuoso è rimasto solo l’aggettivo del governatore Zaia.

Veneto, la peggiore d’Italia del nord per il servizio ferroviario.

Il rapporto Pendolaria 2011 di Legambiente , scaricabile online, traccia un quadro terribile del taglio dei treni regionali in Italia. Spicca – in negativo – tra le varie regioni il Veneto con un -20% di treni regionali. Solo pochi giorni fa il presidente della Regione , il leghista Zaia, ha dichiarato che deve essere lo Stato a finanziare il trasporto ferroviario. Questo in una regione che , quando si parla di strade (magari da far gestire ai privati con pedaggi altissimi, tipo la futura Pedemontana o anche il Passante di Mestre che risulta l’autostrada più cara d’Italia – e per fortuna non attraversa i monti!) , di progetti e di cantieri ne ha molti. E’ una miopia tipica della Lega e del PdL in Veneto, che nella Regione affianco (la Lombardia) hanno un assessore di Forza Italia che si metteva a scattare foto (e per questo fu fermato dalla PolFer, alla faccia della democrazia e della trasparenza della gestione di Moretti delle Ferrovie Italiane) ai treni sporchi o ai wc guasti , ed una regione che , pur aumentando i prezzi dei biglietti dei treni, non ha effettuato alcun taglio.

Da tempo parlo, su questo blog, di quanto vengano “rallentati” i regionali , principalmente per il fatto che Trenitalia viene remunerata sulla base di quanto tempo un treno “impegna” la linea. E’ così che gli ex interregionali Venezia-Milano che impiegavano 10 anni fa 2 ore e 30 minuti, ora arrivano a 2 ore e 55 minuti, spesso con forti ritardi (domenica scorsa , sul mio, 85 minuti di ritardo in arrivo a Padova, senza diritti ad alcun rimborso perchè non previsto nel contratto tra Trenitalia e la Regione Veneto, due settimane fa soppresso tra Brescia e Milano).

Regionale Veloce arrivato a Padova con 85 minuti di ritardo.

Gli ex interregionali Padova-Bologna impiegavano 1 ora e 15 miuti ed ora siamo ad 1 ora e 35 minuti, pur con una linea che ora è stata interamente raddoppiata (mancava il tratto Pontelagoscuro-Occhiobello) ed innalzata la velocità con interventi tecnologici (i treni più veloci ora impiegano meno di un’ora tra Padova e Bologna, ma costano 23 euro contro gli 8,95 euro dei regionali “veloci”).
Tra Padova e Venezia gli ex interregionali impiegavano 29 minuti , ora 34-35 minuti anche se la linea è stata quadruplicata  e non c’è più la scusa del “collo di bottiglia”. Dunque un grazie al governo regionale di centrodestra. A forza di ripetere “Veneto ai Veneti” , i veneti sono rimasti senza treni e con le prossime opere stradali in gran parte a pedaggio. Però per carità, non hanno aumentato le tasse.

Quant’è lontana Madrid !

Lunedì 4 luglio, ore 5.40 del mattino, Madrid. Lascio la casa di Danilo e Diego per arrivare alla fermata della metro Pacifico, a sud di Madrid, per poi raggiungere Nuevos Ministerios e da lì prendere la metro per l’aeroporto. Il mio “abono turistico” che ho utilizzato da venerdì, è scaduto ieri sera , e così compro il biglietto normale “sencillo”. Alle 6.05 passa puntuale il primo treno, e a Nuevos Ministerios verso le 6.30 prendo la linea 8 per l’aeroporto. Mentre sono sul secondo treno alzo lo sguardo e vedo scritto (cosa che avevo letto ma me ne ero dimenticato) che per arrivare all’aeroporto serve un supplemento di 1 euro che si può acquistare alla stazione di Nuevos Ministerios alle biglietterie automatiche.
“Mamma mia”- penso tra me e me – “spero non passi il controllore”. All’uscita dalle stazioni della metro di solito il biglietto non viene richiesto per passare per i tornelli. E invece, all’aeroporto sì. Davanti a me quattro guardie della seguridad con il giubbotto arancione. Inserisco il biglietto normale e le porte non si aprono. Guardo gli agenti, loro mi guardano. Il mio vicino , un turista asiatico, si dirige ad una delle biglietterie automatiche che c’erano anche prima di uscire dalla metro, acquista il biglietto da un euro ed esce. Io faccio uguale , ed esco. Alla fine, quello che volevano era semplicemente che i viaggiatori acquistassero il biglietto.

Ho pensato al Veneto, dove se per un qualsiasi motivo non riesci ad acquistare il biglietto del treno e avvisi il controllore, vieni trattato come qualcuno che viene scovato senza biglietto nei bagni, e paghi 50 euro . Non è una multa – per carità ! Trenitalia la chiama un sovrapprezzo. In Liguria e Trentino (non in Germania) , si spende 8 euro. Ma lì non c’è la Lega al governo. Quant’è lontana Madrid !

Veneti, svegliatevi dal sonno della ragione !

La popolazione mondiale delle città ha superato di gran lunga quella delle campagne. Qualsiasi strategia economica, sociale, ambientale, energetica deve necessariamente passare dalla città. Cemento e asfalto continuano a divorare territorio, a volte legalmente a volte aggirando le leggi, altre volte ancora, le leggi si cambiano  per sanare. Non ci sarebbe nulla di male se si mantenesse un equilibrio. Così però non è, almeno a giudicare da quello che è  avvenuto negli ultimi anni. Da Nord a Sud la situazione è sempre la stessa: la città, anche se la popolazione non cresce o cresce di poco, si sviluppa mangiando terreni agricoli, che se producono agricoltura o sono semplicemente paesaggio valgono poco. Se invece si decide di costruirci sopra, valgono di più. E così  all’improvviso la vita  costa di più: case, affitti, cibo. Alla fine  della partita è la destinazione del territorio che determina il valore della comunità che ci sta sopra. Cosa succede per esempio quando si rompe il rapporto tra quanto guadagniamo in stipendio o pensioni e il valore della casa dove viviamo? Cioè quando il valore immobiliare supera quello della comunità? E il “bene comune” che fine ha fatto? Report è andata a vedere  anche come si comportano in Francia e in Germania.

La puntata di domenica di Report , dopo aver analizzato i casi (penosi) di Roma e Milano , dove aree che erano agricole hanno visto prima il sorgere di supermercati grazie al famigerato “accordo di programma” che eludeva ogni piano regolatore, e poi agglomerati di case in zone non servite (né ora né mai) dal servizio pubblico veloce, ovvero ferrovia / metropolitana. Si parla anche del Veneto, e non poco , perché proprio qui, grazie all’apertura del Passante (che di per sé è un’opera indispensabile e utile), sta per vedere una nuova colata di cemento , immensa, a ridosso della già urbanizzatissima Riviera del Brenta , con la “città della moda” e con “Veneto City”.

Ti verrebbe da chiederti, in un’economia in crisi e con intere zone industriali abbandonate, a cosa serva distruggere terreno per fare capannoni e cemento, con una crisi dei consumi che continua da un decennio, in una zona che sarà servita solo dai mezzi su gomma (il Passante in un caso e la Romea Commerciale, se e quando ci sarà , dall’altro). Già, perchè nel progetto di Veneto City, del quale leggo già da alcuni mesi, fiore all’occhiello degli industriali (ma va ?) , che pure si trova in zona Dolo, non c’è traccia di un minimo collegamento con i ben  4 binari della ferrovia Padova-Mestre. Già. perchè a lavorare e a a fare shopping si deve andare in macchina.

In Italia, si è sempre fatto così , ma non è così a Barcellona, in Germania e Francia, dove sono riusciti addirittura ad inventire una tendenza che da noi costringe abitanti di nuovi quartieri di Roma ad alzarsi alle 4 per prendere il bus alle 4.30 ed arrivare alle 8 del mattino a lavoro ad appena 20km di distanza. In Veneto ci sono comitati di cittadini che si battono contro questi veri e propri scempi che sicuramente produrranno PIL, perchè la rendita dei terreni aumenta, le società che costruiscono ci guadagnano, e ci guadagnano anche i proprietari dei terreni. Ma non sarebbe ora di affidare la Regione Veneto (che ha il potere di autorizzare o meno queste cose) a persone che più che al business (privato) guardino al miglioramento della qualità di vita dei propri cittadini ? Perchè quelli sono gli interessi pubblici per cui lo Stato esiste, e l’arricchimento privato dovrebbe essere una cosa lecita quando per primo l’utilizzo del territorio porta benefici a tutti. Nello spostarsi in modo veloce ed ecologico. Nella zona del Passante vicino a Noale, è previsto un nuovo mega insediamento produttivo, a servizio dei TIR che utilizzano quella arteria. E iniziare a fare degli insediamenti (o meglio a spostarli, dato che c’è una moria di aziende in Italia) vicino agli interporti ferroviari ? Quando si voterà per la Regione , nei prossimi anni, tutti dovremmo preoccuparci e chiederci chi sta facendo qualcosa contro la cementificazione selvaggia e fuori da ogni logica di miglioramento della vivibilità e della mobilità (cioè in zone non servite da treni / tram / metropolitane) e contro l’inquinamento (leggi termovalorizzatori). Solo così potremo renderci conto che c’è differenza tra un certo modo di intendere lo sviluppo (quello “più schei” , ma a chi ?) e un altro, quello dell’ambiente, della vivibilità, e di meno ore passate in quelle scatole di lamiera chiamate auto.

Vi invito a vedere questa interessantissima puntata di Report, via internet, sul sito della Rai.