COVID-19, infezioni virali e l’importanza di sapersi fermare.

Nei nostri gruppi se ne discute (ne discutono) da settimane, ma emerge sempre più dalle pubblicazioni scientifiche che in qualche caso sfortunato post-COVID-19 che può dare anche sintomi neurologici che possono condurre alla morte in fase acuta, può lasciare strascichi a vita nelle persone che sopravvivono.

Traduco qui il post del nostro Jamison Hill, uno dei protagonisti del bellissimo docufilm “Forgotten Plague“, che racconta della vita improvvisamente spezzata (e che peggiora) dei malati di ME/CFS. Io come lui vidi la mia vita cambiata dopo una forma grave di mononucleosi. Giusto pochi mesi fa dissi ad un uomo che stimo, e che non nomino, parole simili a quelle che dice Jamison in questo post, ovvero “presta attenzione. Non sempre il fisico può seguire la forza di volontà e la voglia di fare della mente. E quando il corpo decide di staccare, potrebbe essere che non si riesca più a tornare alla normalità. Bisogna avere l’umiltà di fermarsi prima.” (beh, quest’ultima cosa non gliel’ho detta, anche perché quell’umiltà all’epoca non la abbiamo avuta né io né Jamison, da quanto racconta).

“Nel bel mezzo della pandemia di coronavirus, ho notato che alcune persone affette da questa malattia cercano di continuare a lavorare come se non ci fosse una condanna a morte virale in giro per il mondo. Se avete prestato attenzione alle notizie ultimamente, probabilmente avete visto Chris Cuomo che cercava di continuare il suo show televisivo mentre combatteva contro COVID-19 o il primo ministro britannico Boris Johnson che cercava di gestire il suo governo anche mentre era in terapia intensiva.

Per quanto possa sembrare stupido, è difficile per me biasimare persone come queste, persone che cercano di andare avanti con il loro lavoro e la loro vita quotidiana, senza paura della realtà di un virus mortale. Per me è difficile biasimarli perché, una volta, ho fatto la stessa cosa.

Quando mi sono ammalato per la prima volta nel 2010, mi è stata diagnosticata la mononucleosi e ho pensato di poterla superare. Ho pensato che mi sarei sentito una merda per qualche settimana, ma che avrei potuto resistere e continuare la mia vita quotidiana, adempiendo ai miei obblighi in attesa che il virus passasse. Ma non ci sono riuscito. Col passare del tempo, ho scoperto che non riuscivo a stare al passo con la mia normale routine. Ci ho provato, però. Ho insegnato lezioni di fitness di gruppo (il mio lavoro di allora) e ho cercato di finire il mio ultimo semestre di università. Non è andata bene.

Al culmine della mia testardaggine, sono rimasto a letto per due giorni di fila, raccogliendo le forze per insegnare una delle mie lezioni di fitness. Cercavo di mantenere il mio aspetto di istruttore di fitness in buona salute, ma non ci riuscivo e nel frattempo mi stavo ammalando di più. Le cose che ho fatto per un po’ di normalità non valevano le conseguenze.

La mia condizione è peggiorata e presto ho capito che non potevo vivere la mia vita normale finché ero malato. Non potevo mettere da parte i miei sintomi fino a quando il virus non fosse passato, perché, al ritmo con cui andavo, il processo di guarigione sarebbe stato solo stentato e il mio corpo non si sarebbe mai ripreso del tutto.

Certo, un decennio dopo, il mio corpo non è ancora completamente guarito. Lavorare mentre ero malato ha fatto peggiorare la mia malattia? È probabile. Sicuramente non ha aiutato. Ora sono per lo più costretto a letto, non riesco a camminare e faccio fatica a parlare in modo udibile.

Ma anche con una pandemia letale che affligge il mondo, non posso dire di aver imparato completamente la lezione. Per fortuna non ho obblighi pressanti come Boris Johnson, Chris Cuomo, o anche un normale cittadino che cerca di restare a galla in un’economia in crisi. Sono troppo malato per avere molti obblighi, e forse è per questo che è facile per me stare seduto qui e dire alla gente di non lavorare durante questa pandemia. Anche se c’è una differenza tra lavorare mentre si è malati e lavorare cercando di evitare di ammalarsi.

Va da sé che se hai il coronavirus, dovresti metterti in quarantena e non lavorare per il tuo bene e per quello di tutti quelli a cui potresti potenzialmente darlo.

È un po’ più complicato, naturalmente, per la stragrande maggioranza delle persone, quelle che non hanno il virus ma hanno bisogno di un reddito. Anch’io so cosa vuol dire, dover lavorare e andare a scuola per restare a galla con un misterioso virus che vortica. Il mio virus non uccideva decine di migliaia di persone, ma il suo peso combinato con i miei obblighi e la mia testardaggine mi faceva sentire come se avessi sempre dei sacchi di sabbia attaccati al petto. Mi sono spinto troppo oltre, il che sembrava una cattiva idea a quei tempi (e lo è ancora), ma non sapevo come impedirmi di lavorare. Non ho ascoltato il mio giudizio perché ero in modalità di sopravvivenza, e a volte bisogna fare tutto il necessario per sopravvivere.

Tutto questo per dire che, che tu abbia il virus o che stia solo cercando di evitare di prenderlo, non è una buona idea lavorare. Capisco il dilemma. Non è una decisione facile, ma come ho imparato a mie spese, se fai la scelta sbagliata e cerchi di superarla, il tuo corpo potrebbe scavalcarti. Allora sei fottuto. Quindi fate la scelta giusta e non spingetevi troppo oltre. Qualunque cosa questo significhi per te.”

Il post originale si trova sul blog di Jamison Hill qui .