L’amicizia

Al liceo il primo anno odiavo il latino con tutto me stesso e lo reputavo una cosa del tutto inutile. Forse la penso ancora così. Eppure, quando rileggo alcuni di questi pezzi di letteratura latina mi si riscalda il cuore.

“Innanzi tutto la mia opinione è questa: l’ amicizia può sussistere solo tra persone virtuose. E non taglio la questione sul vivo, come fanno coloro che discutono con troppa sottigliezza. Forse hanno ragione, ma non forniscono un grande contributo all’utilità comune. Dicono che nessuno, tranne il saggio, è un uomo virtuoso. Ammettiamo pure che sia così. Ma per saggezza intendono quella che nessun mortale, finora, ha mai raggiunto. Noi, invece, dobbiamo guardare alla pratica e alla vita di tutti i giorni, non alle fantasticherie o ai desideri. Non potrei mai dire che Caio Fabrizio, Manlio Curio e Tiberio Coruncanio, considerati saggi dai nostri antenati, lo fossero secondo il parametro di costoro. Perciò si tengano pure il loro nome fastidioso e incomprensibil e di sapienti; ammettano almeno che i nostri compatrioti sono stati virtuosi. Ma non faranno neppure questo. Diranno che tale concessione si può fare solo al filosofo. Ragioniamo allora, come si dice, con l’aiuto della «grassa Minerva». Uomini che si comportano, che vivono dimostrando lealtà, integrità morale, senso di equità, generosità, senza nutrire passioni sfrenate, dissolutezza, temerarietà, ma possedendo invece una grande coerenza (come i personaggi ora nominati), sono reputati virtuosi. Allora diamo loro anche il nome di virtuosi, perché seguono, nei limiti delle possibilità umane, la migliore guida per vivere bene, la natura. Mi sembra chiaro, infatti, che siamo nati per ché si instauri tra tutti gli uomini un vincolo sociale, tanto più stretto quanto più si è vicini. Così agli stranieri preferiamo i concittadini, agl i estranei i parenti. L’amicizia tra parenti, infatti, deriva dalla natura, ma difetta di sufficiente stabilità. Ecco perché l’amicizia è superiore alla parentela: dalla parentela può venir meno l’affetto, dal l’amicizia no. Senza l’affetto, l’amicizia perde il suo nome, alla parentela rimane. Tutta la forza dell’amicizia emerge soprattutto dal fatto che, a partire dall’infinita società del genere umano, messa insieme dalla stessa natura, il legame si fa così stretto e così chiuso ch e tutto l’affetto si concentra tra due o poche persone. L’amicizia non è altro che un’intesa sul divino e sull’umano congiunta a un profondo affetto. Eccetto la saggezza, forse è questo il dono più grande degli dèi all’uomo. C’è chi preferisce la ricchezza, chi la salute, chi il potere, chi ancora le cariche pubbliche, molti anche il piacere. Ma se i piaceri sono degni delle bestie, gli altri beni sono caduchi e incerti perché dipendono non tanto dalla nostra volontà quanto dai capricci della sorte. C’è poi chi ripone il bene supremo nella virtù: cosa meravigliosa, non c’è dubbio, ma è proprio la virtù a generare e a preservare l’amicizia e senza virtù l’amicizia è assolutamente impossibile. Diamo allora alla virtù il significato che ha nella vita quotidiana e nel parlar comune, senza misurarla, come fanno alcuni filosofi, dalla sonorità delle parole. E annoveriamo tra i vi rtuosi chi è considerato tale, i Paoli, i Catoni, i Galo, gli Scipioni , i Filo, di cui la vita di tutti i giorni si accontenta. E mettiamo da parte le utopie. Quando gli uomini sono tali, l’amicizia presenta vantaggi così grandi che a mala pena posso dirli. In primo luogo, come può essere «vivibile una vita», per usare le parole di Ennio, che non trovi sollievo nel reciproco affetto di un amico? Cosa c’è di più dolce che avere una persona cui confidare tutto, senza timori, come a te stesso? E quale frutto ci sarebbe nella prosperità se non avessi qualcuno capace di goderne al par tuo? Con difficoltà, poi, potresti affrontare le sventure senza un amico che ne soffra anche più di te. Infine, tutti gli altri beni a cui l’uomo aspira, se presi uno a uno, presentano un solo lato vantaggioso – la ricchezza per spenderla, la potenza per essere riveriti, le cariche per ricever lodi, i piaceri per goderne, la salute per non provar dolore e per disporre delle forze fisiche. L’amicizia, invece, comporta moltissimi vantaggi. Dovunque tu vada è a tua disposizione, non è esclusa da nessun luogo, non è mai inopportuna, non è mai un peso. Insomma, non sono l’acqua e il fuoco, come dicono, a esser utili in tante situazioni, è l’amicizia. E non mi sto riferendo all’amicizia volgare e mediocre, capace tuttavia di procurare diletto e utilità, ma all’amicizia vera e perfetta, come fu quella che legò quei pochi che ancor oggi sono ricordati . L’amicizia, infatti, conferisce più vivo splendore al successo e a llevia il peso delle avversità, condividendole e partecipandovi. L’amicizia, dunque, comporta moltissimi e grandissimi vantaggi, ma ne presenta uno nettamente superiore agli altri: alimenta buone speranze che rischiarano il futuro e non permette all’animo di deprimersi e di abbattersi. Chi guarda un vero amico, in realtà, è come se si guardasse in uno specchio. E così gli assenti diventano presenti, i poveri ricchi, i deboli forti e, quel che è più difficile a dirsi, i morti vivi; tanto intensamente ne prolunga l’esistenza il rispetto, la memoria e il rimpianto degli amici. Ecco perché degli uni sembra felice la morte, degli altri lodevole la vita. Se poi privi la natura dei legami affettivi, nessuna casa, nessuna città potrà restare in piedi, neppure l’agricoltura sopravviverà. “

(Cicerone, De amicitia).