Un semplice trucco per usare l’emisfero destro del cervello

Quando qualcuno ci dice di fare attenzione la prima cosa che ci viene in mente è un banco di scuola. Quella che è richiesta a scuola e più tardi sul posto di lavoro, è più che altro il genere di attenzione analitica, logica e riduttiva che caratterizza il quadrante della concentrazione. L’abbiamo definita attenzione tattica ed è di pertinenza dell’emisfero sinistro del cervello ma c’è un altro genere di attenzione che paradossalmente ha più a che fare con il suo andare occhi aperti che con l’immagine classica che abbiamo del termine il banco di scuola. L’abbiamo definita del quadro generale ed è di pertinenza dell’emisfero destro del cervello. Nella maggior parte di scuole e aziende, ma ciò vale anche per la cultura in generale, le capacità dell’emisfero sinistro sono in genere più apprezzate di quelle dell’emisfero destro con il risultato che questo rimane sottosviluppato. Il dominio dell’emisfero sinistro, specialmente all’interno di molte aziende, è un’eredità del potere accordato al pensiero logico e al metodo scientifico durante l’illuminismo. Non dovremmo esserne troppo sorpresi: questo tipo di pensiero ha stimolato notevoli progressi scientifici, medici, tecnici nonché la crescita di solide economie e democrazie in tutto il mondo. L’emisfero sinistro, specializzato nel linguaggio, riveste quasi sempre il ruolo di portavoce per il nostro cervello mentre l’emisfero destro rimane spesso muto. I due emisferi sono altamente specializzati, e sinistra nei compiti logici sequenziali, in veste di attività visuali più intuitive, come per esempio elaborare schemi e combinare idee in modi nuovi, comprendere metafore e conoscere l’emozione attraverso il linguaggio del corpo e il tono della voce. Quando l’emisfero destro è in funzione siamo in grado di estraniarci dal momento contingente e avere una prospettiva più generale e a lungo termine della situazione che ci troviamo a fronteggiare. Esistono diversi modi per accedere all’esperienza della concentrazione specifica dell’emisfero destro, ma forse nessuno è affidabile e potente quanto all’esercizio di Betty Edwards, ex professoressa di arte e autrice di “Il nuovo disegnare con la parte destra del cervello”. Il primo esercizio, esposto nella sua tesi di laurea, è molto semplice. Sul primo foglio va fatto il vostro autoritratto. Quando avete terminato prendete il secondo foglio e guardate la foto nella pagina seguente. Create una cornice simile a quella stampata, dopodiché cominciate a copiare il disegno dal basso verso l’alto. Ora potete capovolgere il disegno nel verso corretto e  osservate risultati. Ora però torniamo al vostro autoritratto: cosa avete trovato nel disegnarlo, che voto vi dareste? Scommetto che vi assomiglia molto vagamente e che manca completamente di dettagli e tridimensionalità. Per fare il vostro autoritratto vi sarete affidati con tutta probabilità all’emisfero sinistro specializzata nel ridurre, semplificare, generalizzare e dare un nome alle cose. La scoperta della Edwards, semplice ma profonda, è che capovolgendo il ritratto l’emisfero sinistro non riesce dare un nome alle cose che vede: posto davanti a linee curve confuse è come se perdesse interesse e volesse passare subito a un’altra attività. L’emisfero destro, al contrario, pur non essendo in grado di dare un nome alle cose, è felice di immergersi negli nel dettaglio di ciò che gli sta davanti. Con l’esercizio del disegno capovolto mettiamo a tacere la nostra voce critica, è come se calmasse una nostra mente, perdiamo la coscienza della concezione del tempo e diventiamo più efficaci man mano che ci si concentra sul compito.

Siete sorpresi del vostro disegno capovolto? E’ meglio di quanto vi aspettavate? La maggior parte dei nostri clienti risponde di sì. Non è che, per magia, siete riuscite liberare il vostro talento artistico: accedendo all’emisfero destro del cervello siete stati in grado di riprodurre ciò che vedeva.

 

 

La sicurezza di sé

Lo psicologo Walter Mischel fu il primo a dimostrare questo fenomeno negli anni ’60 grazie ad semplice e intuitivo esperimento del marshmallow (uno dolcetto molto diffuso negli USA), condotto presso la scuola privata di Palo Alto in California, frequentata dalle sue tre figlie.

Un marshmallow (da Wikipedia)

Mischel e altri ricercatori continuano tuttora a studiare le scoperte e le implicazioni di quella ricerca. Volendo comprendere perché alcuni bambini riuscissero dilazionare una possibile gratifica e altri no Michel pose a 650 bambini di quattro anni il dilemma di prendere subito un marshmallow o di attendere che il ricercatore tornasse dalla stanza da cui si era allontanato per un numero non specificato di minuti e riceverne due. I bambini che non avevano più voglia di aspettare potevano suonare un campanello per far rientrare il ricercatore. La maggior parte dei bambini si arrendeva dopo meno di tre minuti, suonava il campanello e si accontentava del suo dolcetto. Il 30% però riusciva ad attendere 15 minuti, fino al rientro del ricercatore. La prima distinzione tra chi sapeva aspettare che ho emesso con il tempo che aveva a che fare con l’attenzione di bambini che soccombevano alla tentazione non riuscivano a togliere gli occhi dalla caramella e spesso rimanevano imbambolati. Di conseguenza della loro limitatezza volontà e disciplina si svuotavano rapidamente. I bambini che erano in grado di aspettare avevano effettivamente compreso che resistere esclusivamente alla tentazione non avrebbe funzionato escogitarono quindi escogitarono una serie di modi per distrarsi dal marshmallow, girando sulla sedia, coprendosi gli occhi o distraendosi cantando. Nel 1981, più di un decennio dopo la conclusione dell’esperimento Mischel decise di inviare questionari genitori agli insegnanti e bambini che si erano sottoposti al test una serie di domande sul loro sviluppo e scoprì che quelli che erano stati in grado di dilazionare la gratifica all’età di quattro anni erano diventati più sicuri affidabili e perseveranti,  instaurarono amicizie solide e rispondevano meglio nelle situazioni di stress. Al contrario i più frettolosi si dimostravano più testardi indecisi,  vendicativi, soggetti a disturbi comportamentali a scuola, nonché a problemi di sovrappeso. Sopportavano con grandi difficoltà i momenti difficili: continuavano a lottare con i propri impulsi e di conseguenza perdevano spesso le redini dell’attenzione.

Il quadrante emozionale

“Pensavo che fosse corretto seguire mio umore”-  ammise. “Non è mai venuto in mente che dovessi controllare il mio stato d’animo o che questo potesse influenzare quello degli altri. Quando cominciai a lavorare ero molto aggressivo, un elefante in un negozio di cristalli. Mi riscaldavo facilmente, ero scontroso e perdevo facilmente le staffe punto il quadrante emozionale mi ha aiutato a realizzare le conseguenze del mio trovarmi quasi sempre nella zona di sopravvivenza. I primi cambiamenti che decise di attuare investirò alla sfera fisica. Cominciare ad andare in palestra al mattino e anziché stare tutto il giorno con la testa immersa nelle carte introdussi piccole pause iniziano effettivamente sentirmi molto meglio. quando smisi di fare la vittima, tutto cominciò a funzionare.”

dal libro “Non si può lavorare così “di Tony Schwartz

Allenamento a intervalli

L’allenamento a intervalli si basa sulla premessa che il valore dell’allenamento ha meno a che fare con il tempo che gli si dedica , quanto più con l’energia consumata in brevi periodi seguiti da momenti di pieno recupero. Questa modalità è chiamata periodizzazione dell’allenamento , o anche gestione lavoro/riposo , e viene applicata per aumentare l’efficienza anche in altre discipline, come nel caso dei violinisti di Ericcson.

L’allenamento a intervalli è anaerobico, ossia non è relativo all’ossigeno ma all’acido lattico rilasciato dai muscoli. Al posto di un continuo consumo energetico, l’intervallo dura generalmente da trenta secondi a due minuti durante i quali ci si spinge ben oltre l’area di comfort.

(dal libro “Non si può lavorare così” che sto leggendo in queste settimane)

La Cina di Mao

Tiziano: eravamo partiti con l’intenzione di interessarci alla politica di Mao, ma ben presto questo interesse prese un’altra piega, perchè la Cina di Mao non mi interessava più.

Folco: Il comunismo non ti interessava più ?

Tiziano: No, basta. Come soluzione ai problemi dell’umanità quella formula era proprio fallita . La mia grande crisi comincia in Cina. Ho capito subito che era una trappola. In Vietnam lo avevo annusato, ma sai, ero in mezzo all rivoluzione, casini… E da allora è stato tutto un declino. Non ho più scritto un vero pezzo politico. La politica proprio non mi interessava più , avevo capito che la politica non era la soluzione a nulla. […]
La verità è che c’è una natura umana che non può essere combattuta. C’è una natura umana che è individualista , che è egoista e che non accetta questa limitazione dei propri diritti , della propria libertà di espressione. Bisogna riconoscerlo. Perchè tu puoi dare a tutti la stessa ferrea ciotola di riso, puoi dare a tutti lo stesso vestito , e tanti ci credono e tanti partecipano al tuo progetto. Ma c’è sempre una parte che vuole due vestiti , due ciotole di riso , e la libertà di fare quel che vuole. Questo però il comunismo lo nega per cui crea una contraddizione che diventa omicida. Così si arriva alla violenza perchè quelli che credono nel sistema reprimono quelli che lo minano. Per questo ci sono stati i massacri di Pol Pot, il gulag dei sovietici e i campi di lavoro dei cinesi

(da La fine è il mio inizio di Tiziano Terzani).

La febbre dei tulipani

Nell’Olanda di fine Seicento il tulipano causò una vera e propria bolla speculativa , la prima grande ricordata nella storia. I bulbi venivano scambiati con maiali o pecore e ben presto iniziarono a valere più di una casa. Si trattò di un vero e proprio delirio collettivo, un contagio sociale della psicosi del boom: tutti comperano tulipani, perchè tutti altri vogliono comperare tulipani, perchè tutti si aspettano che tutti vorranno comperare tulipani e che quindi domani potrò vendere il mio tulipano a un prezzo più alto di quello a cui lo ho acquistato oggi. Tale cecità venne poi esasperata dall’introduzione e utilizzo di primitivi contratti finanziari (ma eravamo ne 1600!) che permettevano il commercio, in danaro reale, in bulbi che difatto non esistevano, in quanto non ancora piantati.
Lo spettacolare libro di Mike Dash, che ho letto quasi per caso alcuni anni fa e di cui si trova in Rete la prefazione di Matteo Motterlini mostra che la follia speculativa arriva da lontano, e che i danni , gravissimi, sono sempre gli stessi. Quattro secoli dopo ancora la nostra finanza mondiale non ha gli strumenti per evitarli. Qui sotto, i bulbi di tulipano nero che abbiamo acquistato ieri a “Verdecasa” appena piantati:

La teoria dell’imperialismo

Secondo la concezione di Hobson , il colonialismo derivava dal tentativo di trovare nuovi mercati per gli investimenti, quando le capacità produttive di un paese erano superiori alle possibilità di vendita nel mercato interno. Per Hobson , infatti, la maggioranza  della popolazione riesce ad acquistare solo una piccola parte dei beni che possono essere prodotti. Ne consegue un incessante sforzo volto sia ad acquisire nuovi mercati dove vendere, sia ad abbassare i costi di produzione ricercando materie prime e forza- lavoro a buon mercato in altre parti del mondo  Ciò che Hobson chiama imperialismo (ossia, la spinta a conquistare e soggiogare altri popoli, di cui il colonialismo era una delle espressioni) discende da queste pressioni verso un’espansione esterna.

Questo processo , da un lato, ha contribuito allo sviluppo economico dei paesi occidentali, dall’altro, ha impoverito buona parte del resto del mondo, dato che le risorse defluivano dalle aree non-industrializzate verso quelle industrializzate. E’ stato questo processo a creare il divario crescente tra la ricchezza dell’Occidente e la povertà del Terzo mondo.

[Anthony Giddens, Sociologia, ed. Il Mulino]

Lo sviluppo della fede islamica

[..] L’Islam, come il cristianesimo, è una religione che ha continuamente stimolato l’attivismo: il Corano – il libro sacro islamico – è pieno di passi che invitano i credenti a “combattere nel nome di Dio”. La lotta si svolge sia contro i miscredenti sia contro coloro che portano la corruzione nella comunità musulmana . Nel corso dei secoli si sono avute diverse generazioni successive di riformatori musulmani e l’islam si è diviso al proprio interno alla pari del cristianesimo. Il kharigismo e lo sciismo si distaccarono dal corpo principale dell’islam ortodosso già agli inizi della sua storia. I kharigiti diedero vita alla prima setta distinta sviluppatasi all’interno dell’islam [Mortimer 1982]. Essi avevano convinzioni profondamente egualitarie, respingevano tutte le forme di privilegio materiale e sostenevano che i colpevoli di gravi peccati non dovessero più essere considerati musulmani. La loro setta non sopravvisse a lungo, ma essi furono in un certo senso i precursori di tutti i successivi movimenti di risveglio fondamentalista musulmano, che invocano cioè il ritorno ai “fondamenti” dell’Islam.

L’altra setta principale, quella degli sciiti, ha conservato la propria influenza. Oggi lo sciismo è la religione ufficiale dell’Iran ed è stato all’origine delle idee che hanno ispirato la rivoluzione iraniana. Gli sciiti fanno risalire le proprie origini a Imam Alì , un capo politico e religioso vissuto nel settimo secolo , del quale si dice che , tra i sovrani secolari dell’epoca, dimostrò qualità di devozione a Dio e virtù eccezionali. I discendenti di Alì furono in seguito considerati i legittimi capi dell’Islam , poichè si riteneva che , a differenza delle dinastie al potere, appartenessero alla famiglia del profeta Maometto. Gli sciiti credevano che il legittimo erede di Maometto avrebbe alla fine imposto la propria sovranità, cancellando le tirannie e le ingiustizie dei regimi esistenti. Il nuovo capo sarebbe stato guidato direttamente da Dio e avrebbe governato secondo il Corano.

Lo sciismo è la religione ufficiale dell’Iran (conosciuto in passato come Persia) fin dal sedicesimo secolo. Ci sono numerose comunità sciite anche in altri paesi del Medio Oriente – tra cui l’Iraq, la Turchia e l’Arabia Saudita – oltre che in India e in Pakistan . In questi paesi , tuttavia, la leadership islamica è nelle mani della maggioranza sunnita. I musulmani sunniti seguono il “sentiero battuto”, un complesso di tradizioni derivanti dal Corano che tollerano una considerevole diversità di opinioni, in contrasto con l’atteggiamento più rigido degli sciiti. A ciò si aggiunge il fatto che le dottrine sunnite sono considerevolmente cambiate nel corso del tempo , in particolare in seguito al contatto con il mondo occidentalete durante gli ultimi due o tre secoli.

(dal prezioso manuale di Sociologia di Antony Giddens, ed. 2003 non più in vendita, che prevedo di completare entro il 2014).

Il burro chiarificato

Doveva proprio capitarmi agli occhi, dopo averne letto le qualità sul blog di “Le scienze” tenuto da Dario Bressanini, all’Auchan (dove normalmente non si riesce mai trovare ciò che si cerca, e infatti mi è capitato agli occhi mentre cercavo le sottilette). Il burro chiarificato non schizza e non diventa bruno alle alte temperature, perchè non contiene acqua.

Vedremo come si comporterà nelle prossime ricette !

Il paese all’incontrario

Dopo quest’anno non rinnoverò il mio abbonamento alla rivista “Le scienze”. Mi mancherà di sicuro, per la qualità degli articoli e soprattutto per l’approccio scientifico ai problemi (e alle opportunità) che caratterizzano la nostra epoca.

E’ grazie a questa rivista che ho conosciuto Dario Bressanini, autore del meraviglioso libro “Pane e bugie”, che ho letteralmente divorato e consigliato ad amici e colleghi/e.

E’ qui che si legge una voce – una tra le poche voci che informano – su quello che sta accadendo all’Università e alla ricerca nel paese di Berlusconi e della Gelmini, dei tagli agli investimenti (ma non alle spese per gli armamenti e per i viaggi in aerei militari del nostro presidente del Consiglio e ministri vari & accompagnatrici).

Disdisco l’abbonamento perchè il lavoro e la vita quotidiana non mi consentono di trovare il tempo per  leggerlo (senza contare il fatto che mi mancano davvero troppe basi di fisica e anche matematica a occhio) , ma cercherò almeno di seguire le rubriche di questa rivista sul sito internet . Vi consiglio di leggere questo editoriale di Marco Cattaneo. Dicembre dell’anno scorso, ma sembra oggi.