Trattamento di iposurrenalismo centrale per la CFS, una terapia che per ora mi dà troppi effetti collaterali negativi.

Nella continua ricerca per stare meglio dalla mia spossatezza e stanchezza estrema , che peggiora di anno in anno (la diagnosi , attualmente confermata da tutte le disfunzioni sistemiche che ho, a partire dal sistema immunitario e ora anche dagli esami di endocrinologia sul livello di cortisolo, l’ormone che letteralmente ci tiene in piedi, è di Chronic Fatigue Syndrome), anche su consiglio di un amico, mi sono rivolto a Endocrinologia a Padova (con visita privata).

Gli esami del sangue che ho fatto in passato per cortisolo ed ACTH erano risultati nella norma (giugno 2011).

Devo dire che è molto triste constatare che una insufficienza surrenalica nella produzione di cortisolo era stata esclusa nel 2011 con esami poco sensibili, ovvero la semplice misurazione del cortisolo plasmatico alle 8 e alle 18, quando invece in più pubblicazioni , soprattuto in casi di stanchezza cronica , si dice che un esame poco sensibile può dare esito negativo (tutto bene) anche se le cose non vanno bene (interessante l’ottima pubblicazione “The diagnosis and treatment of Central Hypoadrenalism“.

Ho eseguito quindi su consiglio di endocrinologia esami molto costosi (oltre 250 euro di ticket solo per la prima routine) che a me sembravano essere andati bene e che invece mostrano che il mio corpo produce poco ACTH , che è un ormone in presenza del quale viene prodotto il cortisolo.
Il valore del mio cortisolo alle 8 era ai limiti della soglia minima, e come mostrato nel grafico, il mio cortisolo inizia già basso e finisce al minimo già alle 15 (che infatti è l’orario limite in cui riesco a rimanere a lavoro).

Il referto di endocrinologia relativo al test del cortisolo salivare.

In pratica, dal 15 dicembre sto assumendo cortisone a basso dosaggio tutti i giorni ma al momento (due settimane sono troppo poche, mi dicono) ho degli effetti collaterali non piacevoli:

– una sensazione di tristezza e depressione (vedi anche questo articolo in inglese), purtroppo ben documentata in PubMed (“Cortisol and depression : three questions for psychatry e “Cortisol, serotonin and depression: all stressed out ?“);
– eccessiva ritenzione idrica (sembro l’omino della Michelin e sicuramente questo è indice di squilibrio) ; sono ingrassato di circa 2kg;
– ondata di acidità di stomaco e reflusso gastro-esofageo (soffro di ernia iatale ed esofagite di livello A scala di Los Angeles);
– indebolimento muscolare;
– stanchezza la mattina fino alle ore 11 circa, assumendo il cortone acetato alle 7
– il pomeriggio sono meno stanco di prima, ma sono più irascibile e mi arrabbio facilmente senza motivo, cercando di rimanere da solo;
– la sera riesco ad essere più sveglio ma alle volte faccio fatica ad addormentarmi anche se mi sento stanco e agitato;
– peggioramento degli effetti collaterali del Provigil (modafinil), ovvero agitazione, tachicardia, disidratazione;

La terapia sostitutiva con idrocortisone / cortone acetato non riesce a riprodurre il normale andamento del cortisolo prodotto dal nostro corpo (nelle persone sane).

Da quello che ho letto nelle riviste scientifiche , le ghiandole surrenali impiegano circa tre settimane prima di smettere di produrre il cortisolo in presenza di cortisolo esogeno (come è nel caso di quello che sto assumendo), quindi potrebbe essere che questo sia un periodo temporaneo. L’idea di dover prendere un farmaco a vita tutti i giorni tuttavia non mi fa piacere, e d’altra parte alcuni studi dicono che il dosaggio che mi è stato consigliato, anche se fa parte di un protocollo, è eccessivo e che una dose inferiore (meno di 15 mg)  può dare effetti positivi senza inibire la produzione endogena delle surrenali .

diagramma asse hpa

Lo studio, molto interessante, è “Diagnosis and treatment of hypothalamic-pituitary-adrenal (HPA) Axis Dysfunction in Patients with Chronic Fatigue Syndrome (CFS) and Fibromyalgia (FM)” che invito chi è ammalato di CFS e fibromialgia a leggere, per le utili considerazioni che condivido in pieno e che farò leggere al prof. Betterle  con l’umiltà di chi non è medico ma se possibile vorrebbe che la funzionalità delle proprie ghiandole surrenali non venisse soppressa del tutto per sempre.

In particolare nello studio si legge: “Because physiologic doses of cortisol (<15 mg) do not increase levels beyond normal levels, it is exceedingly safe and is not associated with adverse effects associated with pharmacological doses of corticosteroids, including adrenal suppression, bone loss and immune suppression.  As opposed to pharmacological doses of corticosteroids, physiological doses (< 15 mg) of cortisol have been shown not to cause adrenal suppression ) and have been shown to actually improve HPA axis function ). This is counterintuitive to what physicians are taught and have found with higher pharmacological doses of glucocorticoids. Also, physiologic doses of cortisol have been shown to improve cellular and hormonal immunity, including natural killer cell activity , which has been found to be a consistent abnormality in CFS patients (85-88). This is also counter-intuitive to physicians because of the well-known immune suppression that is seen with pharmacological doses of corticosteroids. The longest randomized placebo controlled studies (over 2 years) that assessed bone loss with the use of low dose corticosteroids (= equivalent to 40 mg of cortisol) have demonstrated that there is no significant increase in bone loss vs. placebo with such treatment . The fact that these studies, while considered low dose, were considerably higher than the recommend doses for CFS and FM patients, demonstrates that using cortisol supplementation at doses less than 15 mg would not have any adverse effects on bone loss.
Low physiologic doses of cortisol (<15 mg) carry little risk and have
a risk/benefit ratio that compares favorably to treatments that are considered standard therapies for CFS and FM, including antidepressants, NSAIDS, muscle relaxants and low-dose narcotics.

Già nel 1998 lo studio apparso su PubMed “Low-Dose Hydrocortisone for Treatment of Chronic Fatigue Syndrome” mostrava che l’uso di idrocortisone a basse dosi era associato con un miglioramento nella sintomatologia della CFS, tuttavia nelle conclusioni si dice chiaramente che l’effetto soppressivo sulle attività delle ghiandole surrenali ne preclude il suo utilizzo pratico nella CFS.

I primi giorni di marzo la prossima visita dove porterò i risultati del prossimo test del cortisolo salivare, previsto per metà febbraio. Prima di allora però , spero di non stare come sto in questi giorni, perché sarebbe davvero dura. Auguri di un felice 2015 a tutti i lettori del mio blog.

EDIT: in seguito la terapia è stata aggiustata , diminuendo gli effetti collaterali negativi , con nuovo campionamento del cortisolo salivare per aumentare la frequenza delle somministrazioni. Ciononostante alla fine ho deciso di scalare e abbandonare questa terapia, che mi ha tolto la sonnolenza sì , durante l’assunzione, ma ha accentuato la fatica neurologica.

Le molte situazioni patologiche che possono condurre alla stanchezza cronica

Mi sono imbattuto in un documento riguardante una varietà di ginseng americano che , in uno studio, si è dimostrato efficace nel ridurre la stanchezza cronica in un gruppo di pazienti. Nè con me, nè con le altre pazienti che soffrono di CFS/ME che fanno parte del gruppo su Facebook che frequento, ha funzionato.

Il documento però, in italiano, è molto interessante perchè con una rara chiarezza ed esaustività per la prima volta spiega quali sono le aree da indagare per trovare la possibile causa di una situazione di stanchezza cronica, e merita una lettura almeno per le prime pagine. Lo trovate a questo indirizzo.

Una terapia antibiotica per la mia CFS

Aggiornamento: anche questa terapia non mi ha dato alcun risultato né miglioramento.

Tra le tante strade che i malati di CFS percorrono per sconfiggere la malattia sta prendendo sempre più piede in questi ultimi mesi quella antibiotica. Il primo ad essere stupito di questo approccio sono proprio io, dato che gli antibiotici mi hanno sempre dato una terribile candidosi intestinale e li evito il più possibile.

La pulce nell’orecchio mi è stata data da alcune testimonianze sui forum americani di CFS (Phoenix Raising) di persone che hanno avuto la “fortuna” di prendersi una infezione intestinale curata con antibiotici (in particolare la rifamipicina) e di essere guarite dalla CFS/ME.

Una malattia , tipicamente portata dalle zecche, e di origine batterica (Borreliosi) che dà sintomi praticamente sovrapponibili con quelle della CFS è il morbo di Lyme che viene curata con cicli di antibiotici (in particolar modo le tetracicline) . La sostituita del mio medico di base nel 2008 aveva già avuto lo scrupolo di farmi fare esami specifici, il problema è che in molti casi la sierologia risulta negativa (falso negativo) anche in presenza di malattia. Questo però io non lo sapevo.

Sta di fatto che negli esami, molto approfonditi , che mi sono stati fatti a Trieste nel centro regionale della malattia di Lyme, nonostante la sierologia sia risultata negativa, un marcatore del sistema immunitario che varia in caso di infezioni batteriche che possono dare sintomi neurologici (la CFS è una malattia neurologica anche se sistemica) è risultato fuori dalla norma e da qui mi è stata proposta una terapia antibiotica di 20 giorni a base di tetracicline (Minocin), che sto associando a fermenti lattici (Lactiflorene 12) due volte al giorno due ore dopo aver preso l’antibiotico.

I miei risultati del valore CD57 negli esami di Trieste (Clinica dermatologica, Centro regionale malattia di Lyme).

Nei primi 10 giorni sono rimasto a letto a riposo assoluto, con un peggioramento sensibile di tutta la sintomatologia della CFS , ma nell’ultimo giorno ho notato una netta inversione di tendenza. Troppo presto per dire se la terapia sta funzionando, ovviamente, ma ci tenevo ad aggiornare chi finisce sul mio sito per la terribile patologia della CFS su questa strada che sto intraprendendo e che non mi sembra inutile.
Per i più curiosi consiglio la lettura dell’articolo (In lingua inglese) “Perchè prescrivo antibiotici per le malattie autoimmuni , stanchezza cronica, fibromialgia” , mentre per i più scettici l’articolo recentissimo del Corriere della Sera su una giovane paziente con sintomi psichiatrici curata con ….antibiotici. Qui sotto l’intervista non banale a Giada Da Ros, malata di CFS ed autrice del libro “Sempre stanchi – vivere con la sindrome da fatica cronica”

CPAP, una terapia che mi ha peggiorato la stanchezza diurna

Sono al 24 esimo giorno (più correttamente, notte) di CPAP, l’apparecchio che mi spinge aria nel naso tramite un tubo ed una maschera, e che dovrebbe migliorare la mia sonnolenza diurna , aumentare l’attività e quindi provocare anche perdita di peso.

Uno degli effetti fisici della mia stanchezza diurna è il viso gonfio. Questo ero io oggi alle 13, dopo aver “dormito” dalle dieci di sera alle sette del mattino.

Le cose sono andate diversamente. Ho preso oltre 3kg da quando uso l’apparecchio , e purtroppo ho scoperto di non essere il solo sui forum dei pazienti con sindrome delle apnee, ed anche uno studio su PubMed spiega che in alcune persone succede.
Tenendo conto che invece uno degli effetti positivi nelle molte persone per cui la terapia CPAP ha successo è la perdita di peso, già questo dovrebbe far comprendere a chi di dovere (leggi: pneumologi) che la terapia CPAP a me peggiora e non migliora i sintomi.
La cosa peggiore però è che la mattina mi sveglio in condizioni cadaveriche, con una spossatezza estrema, eppure io ho dormito (altrimenti, sapendo che il giorno dopo vado al lavoro, staccherei l’apparecchio e invece non lo faccio). Nell’approfondimento di queste settimane relativo alle malattie autoimmunie neurologiche ho scoperto qualcosa di nuovo. Come sapete il sole (ovvero vitamina D3 che è anche un ormone) è l’unica cosa che mi dà energie , peccato che ci saranno stati da gennaio a maggio 10 giorni di sole non lavorativi qui a Padova. La Pianura Padana è sempre più sfortunata , ancor più con il cambio climatico di questi ultimi anni. Il sole qui è sempre più uno sconosciuto.

Quello che non sapevo da un lato è il risultato degli studi e della pratica clinica del dr. Coimbra, in Brasile, sulla terapia per almeno sei mesi con grandi dosi di vitamina D3 (la stessa che viene prodotta a partire dal colesterolo del nostro corpo rimanendo al sole senza crema solare, diciamo per trenta minuti). Persone con sclerosi multipla ed altre malattie autoimmuni sono state molto meglio dopo la somministrazione di vitamina D3.

Quello che non sapevo è che , altri ricercatori in altri studi in paesi diversi hanno dimostrato oramai un legame anche tra iperparatiroidismo e apnee nel sonno e scarsità di vitamina D !
Uno tra i vari documenti illuminanti in materia è lo studio “The link with Vitamin D and sleep medicine” (è interessantissimo).

Tornando al mio CPAP , i primi giorni con l’umidificatore interno a 2 , la mattina mi svegliavo con le mucose nasali gonfie e mi usciva sangue dal naso. Anche questo non è normale, e dalla lettura di alcuni forum è emerso che la causa potrebbe essere la sindrome di Sjogren , una malattia autoimmune che mi è stata diagnosticata ufficiosamente dal medico aziendale durante la visita periodica e che presto approfondirò. Tanto, non c’è cura nemmeno per quella (so già dal 2010 di avere gli anticorpi anti nucleo positivi, cosa emersa durante le analisi per esclusione fatte dal CRO di Aviano). Negli ultimi giorni per evitare il disastro naso ho acquistato un gel nasale, Tonimar gel, ed ho aumentato l’umidificatore al massimo, ciononostante la mattina mi sveglio stanco, stanchissimo, ed una delle possibili spiegazioni (ma questo lo mostreranno i test di vigilanza e la polisonnografia completa che farò a Bologna al S. Orsola verso metà giugno) è che il CPAP aumenta le mie apnee centrali. Certo, se si esaminano i dati contenuti nella chiavetta USB del dispositivo (io uso il software opensource Sleepy Head disponibile per Mac , Windows e Linux) , il mio indice AHI apnea-ipopnea è crollato, la terapia è un successo, peccato che tutti i miei sintomi, che sono il motivo per cui mi è stato consigliato il CPAP, sono di gran lunga peggiorati !

L’analisi dei miei 24 giorni di CPAP mostra , fin dalla terza notte, un netto miglioramento dell’indice AHI di apnea-ipopnea, però io la mattina mi sveglio più stanco di prima ed il mio peso è aumentato di 3kg in tre settimane (anche questo un fattore negativo per il rischio di apnee ostruttive !). La terapia CPAP, a 8cmH2O nel mio caso sta facendo solo danni.

Tornando alla vitamina D (ovvero sole, per capirci), un altro interessantissimo documento è “Vitamin D deficiency, sleep, sleep disruption, and daytime neurocognitive impairment” (già, perchè la CFS è anche riduzione delle funzioni neurocognitive) che spiega quanto questa vitamina di cui i nostri antenati, che non lavoravano certo in uffici o al chiuso , avevano grandi quantità , sia essenziale per il sonno, per il sistema immunitario e per quello endocrino.

Ora non vedo l’ora che passino questi due giorni (al lavoro è terribile, dato che arrivo già stanco dopo una notte dove ho dormito ma il mio corpo non è riuscito a riposarsi)  per terminare la prova e cercare di perdere il peso che l’utilizzo di questo apparecchio mi ha dato.
La terapia CPAP non è semplice da impostare, spesso necessitano di apparecchi diversi (come il BiPAP o l’auto-cpap)  e ovviamente uno studio del sonno durante l’utilizzo del CPAP, cosa che nel mio caso come avete letto dai post precedenti non è stata fatta. Il neurologo che mi sta seguendo a Bologna pensa per il mio caso ad un protusore mandibolare, una cosa che sarebbe molto meno invasiva del CPAP e che potrebbe rivelarsi utile. Prima però, i test MSLT e MWT con polisonnografia completa.

Merita la lettura anche uno studio che mostra che in persone con CFS (sindrome da fatica cronica, Chronic Fatigue Syndrome) ed apnee notturne , il CPAP non è efficace (“Sleep Apnea
and Psychological Functioning in Chronic Fatigue Syndrome “).

Diagnosi di CFS : un calderone in cui è necessario escludere altre patologie

Da un post su Facebook di Patrizia Giorgi, che ringrazio per la diffusione di queste importanti notizie.

Quindi, vi sono certamente prove aneddotiche che qualcosa non va con la diagnosi di ME / CFS presso l’ambulatorio del GP. Grazie a due buone pubblicazioni scientifiche provenienti da gruppi di ricerca clinica riconosciuti nel Regno Unito, ora abbiamo la prova della ricerca formale per eseguire il backup aneddoti di questi pazienti.

Nel primo – originariamente pubblicato nel 2010 sul Journal of Royal College of Physicians di Edimburgo ( 1 ) – i ricercatori hanno esaminato le registrazioni di ogni paziente di cui da medici locali per il Newcastle CFS / ME servizio Clinica. Il risultato principale è stato che 103 (40%) dopo una serie di rinvii sono stati diagnosticati con altre condizioni che potrebbero spiegare la concatenazione dei sintomi. Le principali diagnosi alternative in questi pazienti erano fatica associata con una malattia cronica (47% di tutte le diagnosi alternative), un disturbo del sonno primaria (20%), malattie psicologiche / psichiatriche (15%, più comunemente, depressione, ansia e post-traumatici disturbo da stress) e disturbi cardiovascolari (4%).

Il secondo rapporto recentemente pubblicato ha esaminato la prevalenza di diagnosi alternative nei pazienti seguiti da medici alla clinica specialistica presso l’Ospedale di San Bartolomeo, Londra ( 2 ). La sua principale scoperta è stata che una diagnosi di “CFS” è stata finalmente confermata solo nel 54% dei pazienti. Del resto, 53 pazienti (21%) hanno avuto diagnosi mediche alternative (disturbi del sonno più comunemente primarie, disturbi endocrini, disturbi alimentari e disturbi di dolore), mentre 54 pazienti (22%) hanno ricevuto diagnosi psichiatriche alternative (più comunemente una malattia depressiva o disturbo d’ansia).

Questi rapporti forniscono elementi di prova chiari che quasi la metà dei pazienti con una diagnosi di ME / CFS in realtà hanno qualcosa di sbagliato – un fatto che non viene scoperto fino a quando non hanno la fortuna di essere visti in una clinica specializzata.

CFS / ME , herpes virus e trattamento con antivirali (valgancyclovir e valacyclovir) nella sindrome da fatica cronica

Risalgono al 2006 studi pubblicati da cliniche statunitensi nella banca dati mondiale PubMed che mostrano una grande efficacia nei trattamenti (purché precoci) con antivirali in una sottopopolazione di pazienti con CFS con un alto livello di anticorpi contro herpes virus e virus di Epstein-Barr (ringrazio il mio amico Paolo per le informazioni dettagliate che mi ha fornito sul significato dell’antigene EA e su questo studio di Montoya).

I risultati degli esami sul livello di anticorpi ani Epstein-Barr virus (EBV) che ho eseguito a Pisa a fine 2013 . A Padova non è possibile effettuare il test del livello (numero) di anticorpi EBV , ma solo avere il dato positivo o negativo.

 

Nel documento A Primer on ME/CFS si scrive chiaramente che la ME/CFS è una nuova malattia dovuta ad herpesvirus umani, ma a livello mondiale non tutti sono d’accordo.

Queste schermate, tratte dall’illuminante documento disponibile in rete “A Primer on ME/CFS”  , mostrano quello che già da alcuni mesi del 2013 voleva essere il mio percorso di trattamento , dato che tutti gli altri (disintossicazione da metalli pesanti, antiossidanti, vitamina B12 , cortisone , acido alfa lipoico ecc. ) non hanno dato alcun risultato e non hanno fermato il progredire, negativo, della malattia. Da anni , nonostante non ci sia un unico marcatore specifico (ma ce ne sono molti !), si utilizza una tabella dell’Energy Index Point Score, che nel mio caso è passato in cinque danni da 7 a 5.

 

L’Energy Index Point Score, una cosa che ignoravo persino esistesse ma che chiunque si vede “mangiare le forze” con il passare del tempo ha ben chiaro nella propria mente.

Non sono stato più quello di prima dopo la mononucleosi, una malattia che ho contratto in modo fortissimo a causa del virus di Epsteinn-Barr , noto per essere anche causa di alcuni tipi di linfoma. Da piccolo, in seguito alla rosolia ho avuto problemi agli occhi. Insomma, i virus nel mio corpo hanno sempre causato reazioni molto forti.

Ho una immunodepressione, che è anche il motivo per cui non sviluppo febbre e mi ammalo spesso e ci sto un sacco di tempo a guarire. Una cosa tipo l’HIV, ma non l’HIV. E secondo logica, se per l’HIV la terapia di elezione è costituita da un cocktail di antivirali, li vorrei arrivare.

D’altra parte bisogna utilizzare l’antivirale giusto a seconda del virus, e nel mio corpo gli esami mostravano, fino a dicembre 2013, solo una pregressa infezione da mononucleosi ma inattiva (ma se facessi la PCR per l’EBV ?). Quando, appunto documentandomi senza sosta visto il peggiorare della mia salute , mi sono imbattuto in più di un documento che mette in correlazione non solo la CFS/ME ma anche la sclerosi multipla con l’HHV-6 e HHV-7 , mi sono rivolto a Immunologia, e alla fine a Infettivologia , chiedendo , a distanza di due anni dalla diagnosi di CFS, di verificare se uno di quei virus era attivo nel mio corpo. La sorpresa, e la gioia, durata poco, furono grandi , quando scoprii di avere il virus HHV-7 attivo nel corpo.

I risultati, per me molto incoraggianti, che mostravano un herpes virus attivo , a dicembre 2013

Immediatamente ho chiesto un consiglio ai malati di tutto il mondo che scrivono nel forum PhoenixRising sulla ME/CFS che per primi hanno confermato cosa sarebbe potuto succedere. Il farmaco migliore , il valgancyclovir, ma per i suoi effetti tossici il medico – mi dissero – potrebbe scegliere il valacyclovir. Oppure, mi dissero , “il medico potrebbe dirti che non è poi niente di così grave.”

La risposta al mio quesito su cosa fare in presenza di virus HHV-7 con sindrome da fatica cronica.

Negli USA (per chi se lo può permettere) ed anche in Belgio (ma anche in Italia a Pisa, non ho capito ancora bene se solo per i residenti in Toscana), in questi casi, si adotta una terapia antivirale a seconda del tipo di virus , come indicato in modo estremamente chiaro e dettagliato nello studioSubset-directed antiviral treatment of 142 herpesvirus patients with chronic fatigue syndrome” che conclude in questo modo : “The Group A herpesvirus CFS patients (no coinfections) returned to a near-normal to normal life (P = 0.0001). The long-term EIPS value increased (primary endpoint, P , 0.0001) with subset-directed long-term valacyclovir and/or valganciclovir therapy. Secondary endpoints (cardiac, immunologic, and neurocognitive abnormalities) improved or disappeared. Group B CFS patients (herpesvirus plus coinfections) continued to have CFS.”
Insomma, grandi belle notizie, ma …..

La doccia fredda

Purtroppo , almeno a Padova, l’infettivologo che mi sta seguendo non è del parere che ci siano antivirali efficaci (almeno con evidenza scientifica e per cui il trattamento sia previsto dal Servizio Sanitario Nazionale) contro l’herpes virus 6 e 7 ed il farmaco che vorrei mi venisse prescritto (e che è stato prescritto a Pisa dal centro CFS ad alcuni pazienti) è citotossico e quindi va utilizzato solo in situazioni di grande pericolosità. Ciònonostante, ci sono semplici (ma tassativi!) controlli da fare ed azioni da prendere per evitare danni irreversibili:

Controlli e punti chiave della terapia antivirale . Nessuna risposta per i primi sei mesi, il trattamento deve durare almeno 12 mesi . Nel caso di Valcyte (valgancyclovir) interrompere il trattamento in caso di rialzo dei valori degli enzimi epatici. Per il meno tossico valacyclovir, bere molta acqua. I successi migliori si hanno nei pazienti che hanno un EIPS più alto.

Non la pensa così (e non la penso così nemmeno io) il dr. Podell in questa bellissima pagina che sembrava riprendere esattamente il mio pensiero che alla domanda di perchè utilizzare un farmaco con forti effetti collaterali (si legge nella stessa pagina “Potential side-effects of Valcyte/Ganciclovir include suppression of white blood cells, red blood cells and/or platelets. Low white blood cells increases risk for infection; low red blood cells causes anemia; low platelets increase risk for bleeding. If not monitored, detected and reversed, these complications can be fatal. Fortunately, side-effects can usually be reversed by stopping the Valcyte or by lowering its dose.)  nella nostra patologia, risponde correttamente : ”

A good question, and there’s a good answer. We have no effective drug treatments for chronic fatigue syndrome at present. If your illness is severe enough, the potential benefit from Valcyte treatment for chronic fatigue syndrome HHV6, might reasonably be considered to be worth the potential risk. That’s the key decision that you and your physicians have to make. On balance, the answer for most patients will be no. But, for a few the balance of risks versus potential benefits might be attractive.

Consider this analogy to chronic fatigue syndrome HHV 6. If you had cancer or disabling rheumatoid arthritis or chronic hepatitis, specialists routinely recommend medicines that are as or more toxic than Valcyte. So too for chronic fatigue syndrome HHV 6. One weighs the risks of adding Valcyte treatment against the risks of not treating and letting the disease “take its course”. Not an easy decision since until double blind studies are done we can’t really know if this anti-viral drug might be a chronic fatigue syndrome cure.

Il trattamento antivirale che ha dato ottimi risultati in una sottopopolazione di pazienti con CFS come la mia.

Già, perchè ad un amico che ha la CFS e che vive in Toscana ed ha dovuto abbandonare il lavoro a causa della malattia (il rischio che corro io tra qualche anno se non fermo il progredire della malattia) , questo trattamento non ha funzionato. Il virus è stato eradicato (e forse poi è tornato), ma la stanchezza cronica no.
E’ sicuramente anche per questo che , nonostante ci sia una parte di persone che guarisce da questa malattia con trattamenti di lunga durata (da 6 mesi ad 1 anno) antivirali o antibiotici a seconda dell’infezione riscontrata (nel mio caso virale) , si continua correttamente a dire che la causa della malattia è misconosciuta (anche se quasi sicuramente infettiva) e anche la cura.

E’ comprensibile quindi l’atteggiamento prudenziale dei medici che mi stanno seguendo a Padova che pure hanno scelto in primo luogo un farmaco, lo Zadaxin , che è tra quelli che non hanno effetti collaterali e negli studi che ho letto ha dato buoni risultati ma…500 euro al mese di terapia a lungo termine, da un lato non sono sopportabili per me, dall’altro… vedremo tra meno di un mese se l’immunodepressione e la strana, inspiegabile iperbilirubinemia diretta che ho, miglioreranno.

A dire il vero, l’immunologo specializzando ha spezzato anche lui (come me) una lancia a favore del trattamento almeno con il valacyclovir (meno efficace con l’herpesvirus ma anche molto meno tossico e che in questo studio ha portato miglioramenti dopo sei mesi di trattamento a pazienti con CFS) anche se la sua proposta è caduta nel…silenzio. “Primo non procurare danno al paziente”, disse correttamente il medico. Ma se il paziente il danno ce l’ha già e anche grosso…

Insomma, questi mesi e questo anno per me , con la terapia giusta, potrebbero invertire la rotta del peggioramento che mi preoccupa anche perchè davvero non ho le forze per fare nient’altro che non sia il lavoro, e questo mi fa paura.

Nell’ultimo anno infatti si è aggiunta alla lunga serie di sintomi anche la tachicardia a riposo che era una cosa che avevano già altri amici con la CFS e che a me mancava e che dimostra senza dubbio un netto e pericoloso peggioramento.

La tachicardia, un sintomo in più che mi ritrovo dall’anno scorso con la CFS.

A Padova, tra le righe , sia gli specializzandi di immunologia che l’infettivologo condividono con me l’attenzione per il risultato del virus attivo (tant’è che fra sei mesi devo ripetere l’esame) , sul come tentare di sconfiggerlo però , io sarei per la via più radicale ed efficace, ma …. senza una prescrizione con ricetta rossa, la terapia costa 1800 euro al mese. Ovvero come negli USA se non hai l’assicurazione sanitaria.

Nelle slide qui sopra si parla di un gruppo A (solo infezione virale) o gruppo B (infezione virale + coinfezioni batteriche). La prima cosa che viene fatta in entrambi gli studi è verificare una coinfezione da Borrelia burgdorferi, Babesia microti ,A. phagocytophila attraverso la titolazione degli anticorpi nel siero , come pure la Antistreptolisina ( ho avuto, non trattata probabilmente per un anno,  anche una infezione da streptococco beta-emoltiico di tipo A nel 2008).

L’infezione da streptococco beta-emolitico di gruppo A , diagnosticata tardivamente, in un referto del 2008.
Ci sono su PubMed oramai studi motlo chiari su tutte le analisi diagnostiche per un trattamento mirato con farmaci specifici in caso di infezioni attive da herpesvirus , Epstein-Barr virus e infezioni batteriche in pazienti con sindrome da fatica cronica.

Nel mio caso ho verificato solo l’assenza di infezioni da Borrelia Burgdoferi con il metodo Westernbot (detto anche Immunoblot), anche se è noto in rete che purtroppo spesso questo metodo da dei falsi negativi (dice che l’infezione non c’è anche quando c’è), ed è per questo che sono nati metodi più sensibili e indicativi per rilevare l’infezione, anche se non tutti i medici sono concordi (vedi per esempio An Enhanced ELISPOT Assay for Sensitive Detection of Antigen-Specific T Cell Responses to Borrelia burgdorferi). Non ho controllato l’assenza  di infezione da Babesia e A.  phagocytophila e vorrei farlo proprio per evitare un trattamento costosissimo e ineffficace perchè non prevederebbe il trattamento delle eventuali coinfezioni batteriche.

Inquinamento da metalli pesanti e malattie: il caso della galleria Tescina

Non mi è passato inosservato il servizio del TG3 nazionale dell’altra sera riguardante l’ennesimo disastro ambientale dovuto ad una discarica (autorizzata) della Thyssen Krupp, già tristemente nota per aver lasciato morire degli operai senza nemmeno un telefono per dare l’allarme (lo stabilimento era in fase di dismissione) , dalla quale fuoriesce cromo esavalente nella galleria sottostante.

Un uomo di 41 anni che ha lavorato nella galleria ora ha gli effetti dell’esposizione a cromo esavalente, e l’intervista del Tg3 è preziosissima per chi, come la maggior parte della popolazione, vive dall’esterno e non sulla propria pelle l’esposizione a metalli pesanti (che , per esempio, fuoriescono anche dagli inceneritori): le persone intossicate / esposte a metalli pesanti sviluppano malatte a livello di cervello (neurologiche), fegato, reni, ovvero i tessuti grassi dove questi metalli si depositano (raramente vengono riscontrati nel sanue, dove transitano solo immediatamente dopo l’esposizione.

Quest’uomo ora , anche a 400 metri di distanza da luoghi che contengono queste sostante, lascrima sangue , ha delle escoriazioni sul corpo, una vita distrutta insomma. E le autorità pubbliche , anche nella rossa Umbria, non comprendono la gravità ambientale di massa, epidemiologica, di queste bombe di cui oramai l’Italia è piena (se potete guardatevi sul sito Rai la trasmissione Presa Diretta sui rifiuti tossici dove scoprirete che anche Veneto e ancor peggio Lombardia sotto le “grandi opere infrastrutturali” o con discariche immense ospitano rifiuti tossici pericolosissimi, quando non sono stati gettati in mare o sotto le banchine dei nuovi porti turistici tanto cari alle amministrazioni del centrodestra).

 

Io purtroppo so sulla mia pelle cosa vuol dire intossicazione da metalli pesanti, nel mio caso mercurio. sicuramente da otturazioni dentali. Sapevo fin dall’età di 14 anni di essere allergico al thimerosal , un conservante normalmente contenuto nei colliri e vaccini fino ad una decina di anni fa, ma non sapevo che le otturazioni dentali contenessero mercurio.
Quando nel 2010 vidi peggiorare in modo costante e veloce la mia salute, con sintomi prevalentemente neurologici e parapsichiatrici, scoprii i danni e gli effetti dei metalli pesanti.

La questione, per nulla banale, nel mio caso (ma certamente non nel caso dell’operaio che ha lavorato nella costruzione della galleria umbra, per cui si parla di esposizione a livelli altissimi ed intossicazione acuta, nel mio di esposizione a basse dosi ma per 23 anni) è : perchè in alcuni soggetti queste otturazioni fanno male ? Campo inesplorato dal punto di vista medico. Quello che più di qualche autorevole medico , studioso e ricercatore sostiene è che , insieme ad un deficit genetico nella espulsione dei metalli (che fa la differenza, perchè l’accumulo e l’intossicazione avviene quando la capacità di espulsione non raggiunge quella di accumulazione) , possa esserci l’azione di virus (herpetici o il famigerato Epsteinn-Barr) che provochino delle modificazioni per cui la capacità del corpo di espellere i metalli pesanti venga pesantemente ridotta e da quel momento il mix diventa micidiale.

Alcuni studi tratti dal sito emergenzautismo.org , che trovate pubblicati in questo blog , parlando espressamente di terapie per migliorare l’autismo basate su antivirali che consentano l’espulsione di metalli pesanti solo dopo una volta che vengano eliminati alcuni virus dall’organismo e sotto accusa sono proprio quelli hhv-6 e hhv-7 (quelli che provocano la rosolia nei piccoli). E’ l’accumulo di metalli pesanti che rende catastrofiche le conseguenze di un’infezione virale (come la mia monuncleosi che mi devastò letteralmente all’età di 24 anni, mentre altre persone nemmeno si accorgono di aver avuto quell’infezione ? ) , o è un’infezione virale forte , avuta da piccolo e magari con un sistema immunitario debole (magari per l’assenza dell’allattamento materno) , che ha indebolito le capacità del corpo di espellere i metalli pesanti ? Pian piano si sta scoprendo che malattie come la sclerosi multipla (che per me non sono malattie ma sindromi, come la mia) ma anche la celiachia sono legate ad infezioni virali (enterovirus ?) , ma finchè non si scopriranno bene questi meccanismi non si potranno nemmeno curare. Per sviluppare la celiachia serve sì la presdisposizione genetica ma si diventa celiachi solo dopo che…. succede qualcosa.

Tornando a me , credo che allontanarmi da un ambiente così inquinato e ristagnante e umido farebbe solo bene alla mia salute.

Un nuovo punto di assistenza ai malati di CFS a Bologna

dalla newsletter di dicembre dell’Associazione malati di CFS Onlus di Pavia

L’ambulatorio multidisciplinare accessibile ai malati di CFS presso il Sant’Orsola di Bologna di cui vi avevamo anticipato nel notiziario precedente, è ora una realtà su cui contare.
I malati che sono già in possesso di una diagnosi così come quelli che sono alle fasi iniziali dell’iter diagnostico, possono prenotare la visita presso l’Ambulatorio di Medicina del Lavoro, diretto dal Prof. Violante, chiamando lo 051636262 dalle 13 alle 16 dal lunedì al venerdì. La visita verrà effettuata in regime di
SSN dietro presentazione della richiesta del medico di base. I pazienti verranno poi indirizzati verso gli specialisti del gruppo multidisciplinare a seconda dei casi. I residenti in Emilia Romagna saranno esentati dal paga-mento del ticket per visite ed esami diagnostici o di controllo, mentre i residenti fuori regione potranno accedere agli stessi servizi dietro pagamento del ticket.
Si sottolinea che l’ambulatorio è appena stato avviato dopo un lungo iter di discussioni e valutazioni al fine di offrire un servizio di un certo livello.
Si auspica che questo ambulatorio possa fungere da esempio ad altre regioni che potrebbero essere stimolate a seguire l’esempio dell’Emilia Romagna.
Si ringraziano l’Assessorato alla Sanità della Regione Emilia, in particolare la Dott.ssa Rozzi e il Dr. Volta che per primi han creduto nella bontà di questo progetto e tutti i medici aderenti al team per il grande impegno assunto.

Qualcosa su HHV-6 e HHV-7 e CFS (sindrome da stanchezza cronica)

dal sito dell’Ospedale S. Raffaele di Milano

Biologia ed effetti patogenici dei nuovi herpesvirus umani (HHV-6, HHV-7, HHV-8)
Un altro tema centrale per la nostra Unità è lo studio degli herpesvirus umani di più recente scoperta, HHV-6, HHV-7 ed HHV-8, e del loro ruolo nella patologia umana.  L’HHV-6 e l’HHV-7 sono herpesvirus particolari poiché condividono con l’HIV la capacità di infettare i linfociti T CD4+, cellule fondamentali per la generazione di tutte le risposte immunitarie di tipo adattativo. Numerose prove cliniche e sperimentali suggeriscono che l’HHV-6 possa agire come cofattore nella progressione dell’infezione da HIV.  Al contrario, l’HHV-7 potrebbe avere un effetto opposto poiché, come da noi dimostrato nel 1994, questo virus utilizza lo stesso recettore dell’HIV (CD4) e interferisce con l’infezione da HIV.  Abbiamo altresì identificato molteplici meccanismi biologici e molecolari attraverso cui l’HHV-6 potrebbe favorire la replicazione e la diffusione dell’HIV.  Inoltre, in primati inferiori infettati sperimentalmente abbiamo dimostrato che la coinfezione con HHV-6 accelera notevolmente la progressione dell’AIDS della scimmia.

Il referto che ho appena scaricato con i miei esami. Ho un virus attivo.

Recentemente, abbiamo identificato il recettore di membrana per l’HHV-6 sulle cellule umane: si tratta della proteina CD46, un componente della famiglia dei “regolatori dell’attivazione del complemento” (RCA). Questo recettore è ubiquitario nell’organismo e sembra costituire un importante anello di congiunzione tra immunità naturale e immunità adattativa. Abbiamo recentemente dimostrato che CD46 non costituisce semplicemente un punto di attracco del virus alla cellula: infatti, attraverso l’interazione con CD46, l’HHV-6 induce un difetto selettivo nella secrezione di interleuchina-12 (IL-12), una citochina fondamentale per lo sviluppo delle risposte di tipo T-helper 1 (Th1) e quindi anche delle risposte cellulo-mediate che proteggono dalle infezioni virali. Queste osservazioni, insieme ai risultati ottenuti in topi chimerici SCIDhu thy/liv in cui l’HHV-6 infetta e distrugge rapidamente il tessuto timico umano, suggeriscono che l’HHV-6, indipendentemente dalle interazioni con l’HIV, può agire come agente immunosoppressivo, favorendo in tal modo la propria diffusione e persistenza nell’organismo infettato.

Il libro interessantissimo su casi clinici risolti di sindromi da fatica cronica, scritto dall’autorevole medico dr Kelly De Meirleir, e disponibile su Amazon.

Lo studio del ruolo di HHV-6, HHV-7 ed HHV-8 in svariate malattie ad eziologia tuttora sconosciuta è ostacolato dalla mancanza di strumenti diagnostici in grado di distinguere chiaramente fra infezione latente ed attiva.  Per ovviare a queste difficoltà, abbiamo sviluppato una sofisticata tecnologia di PCR in “Real-Time” Quantitativa Calibrata, che permette una misurazione precisa dei livelli di replicazione di HHV-6, HHV-7 ed HHV-8 in vivo.  L’HHV-8 è un patogeno particolarmente interessante perché, differenza degli altri due herpesvirus, non è citopatico, ma ha effetti trasformanti, come dimostrato dal legame eziologico con il Sarcoma di Kaposi (KS), il Linfoma Cavitario a Cellule B e la Malattia di Castelmann.  Mediante l’applicazione dei test di PCR in “Real-Time” a studi longitudinali in diverse condizioni patologiche, tra cui l’infezione da HIV, la sclerosi multipla, le malattie autoimmuni, etc., siamo oggi in grado di stabilire il possibile ruolo eziologico o cofattoriale degli herpesvirus attraverso la dimostrazione di un’associazione temporale tra infezione attiva e manifestazioni cliniche.

Nel mio caso personale è stata trovata una infezione attiva da HHV-7 e sto tentando di convincere i medici a prescrivermi la terapia antivirale che il prof De Meirleir e molte cliniche statunitensi in caso di chronic fatigue syndrome adottano, ovvero valgancyclovir (Valcyte) in aggiunta eventualmente a Nexavir (v. questo post).