Risalgono al 2006 studi pubblicati da cliniche statunitensi nella banca dati mondiale PubMed che mostrano una grande efficacia nei trattamenti (purché precoci) con antivirali in una sottopopolazione di pazienti con CFS con un alto livello di anticorpi contro herpes virus e virus di Epstein-Barr (ringrazio il mio amico Paolo per le informazioni dettagliate che mi ha fornito sul significato dell’antigene EA e su questo studio di Montoya).
Queste schermate, tratte dall’illuminante documento disponibile in rete “A Primer on ME/CFS” , mostrano quello che già da alcuni mesi del 2013 voleva essere il mio percorso di trattamento , dato che tutti gli altri (disintossicazione da metalli pesanti, antiossidanti, vitamina B12 , cortisone , acido alfa lipoico ecc. ) non hanno dato alcun risultato e non hanno fermato il progredire, negativo, della malattia. Da anni , nonostante non ci sia un unico marcatore specifico (ma ce ne sono molti !), si utilizza una tabella dell’Energy Index Point Score, che nel mio caso è passato in cinque danni da 7 a 5.
Non sono stato più quello di prima dopo la mononucleosi, una malattia che ho contratto in modo fortissimo a causa del virus di Epsteinn-Barr , noto per essere anche causa di alcuni tipi di linfoma. Da piccolo, in seguito alla rosolia ho avuto problemi agli occhi. Insomma, i virus nel mio corpo hanno sempre causato reazioni molto forti.
Ho una immunodepressione, che è anche il motivo per cui non sviluppo febbre e mi ammalo spesso e ci sto un sacco di tempo a guarire. Una cosa tipo l’HIV, ma non l’HIV. E secondo logica, se per l’HIV la terapia di elezione è costituita da un cocktail di antivirali, li vorrei arrivare.
D’altra parte bisogna utilizzare l’antivirale giusto a seconda del virus, e nel mio corpo gli esami mostravano, fino a dicembre 2013, solo una pregressa infezione da mononucleosi ma inattiva (ma se facessi la PCR per l’EBV ?). Quando, appunto documentandomi senza sosta visto il peggiorare della mia salute , mi sono imbattuto in più di un documento che mette in correlazione non solo la CFS/ME ma anche la sclerosi multipla con l’HHV-6 e HHV-7 , mi sono rivolto a Immunologia, e alla fine a Infettivologia , chiedendo , a distanza di due anni dalla diagnosi di CFS, di verificare se uno di quei virus era attivo nel mio corpo. La sorpresa, e la gioia, durata poco, furono grandi , quando scoprii di avere il virus HHV-7 attivo nel corpo.
Immediatamente ho chiesto un consiglio ai malati di tutto il mondo che scrivono nel forum PhoenixRising sulla ME/CFS che per primi hanno confermato cosa sarebbe potuto succedere. Il farmaco migliore , il valgancyclovir, ma per i suoi effetti tossici il medico – mi dissero – potrebbe scegliere il valacyclovir. Oppure, mi dissero , “il medico potrebbe dirti che non è poi niente di così grave.”
Negli USA (per chi se lo può permettere) ed anche in Belgio (ma anche in Italia a Pisa, non ho capito ancora bene se solo per i residenti in Toscana), in questi casi, si adotta una terapia antivirale a seconda del tipo di virus , come indicato in modo estremamente chiaro e dettagliato nello studio “Subset-directed antiviral treatment of 142 herpesvirus patients with chronic fatigue syndrome” che conclude in questo modo : “The Group A herpesvirus CFS patients (no coinfections) returned to a near-normal to normal life (P = 0.0001). The long-term EIPS value increased (primary endpoint, P , 0.0001) with subset-directed long-term valacyclovir and/or valganciclovir therapy. Secondary endpoints (cardiac, immunologic, and neurocognitive abnormalities) improved or disappeared. Group B CFS patients (herpesvirus plus coinfections) continued to have CFS.”
Insomma, grandi belle notizie, ma …..
La doccia fredda
Purtroppo , almeno a Padova, l’infettivologo che mi sta seguendo non è del parere che ci siano antivirali efficaci (almeno con evidenza scientifica e per cui il trattamento sia previsto dal Servizio Sanitario Nazionale) contro l’herpes virus 6 e 7 ed il farmaco che vorrei mi venisse prescritto (e che è stato prescritto a Pisa dal centro CFS ad alcuni pazienti) è citotossico e quindi va utilizzato solo in situazioni di grande pericolosità. Ciònonostante, ci sono semplici (ma tassativi!) controlli da fare ed azioni da prendere per evitare danni irreversibili:
Non la pensa così (e non la penso così nemmeno io) il dr. Podell in questa bellissima pagina che sembrava riprendere esattamente il mio pensiero che alla domanda di perchè utilizzare un farmaco con forti effetti collaterali (si legge nella stessa pagina “Potential side-effects of Valcyte/Ganciclovir include suppression of white blood cells, red blood cells and/or platelets. Low white blood cells increases risk for infection; low red blood cells causes anemia; low platelets increase risk for bleeding. If not monitored, detected and reversed, these complications can be fatal. Fortunately, side-effects can usually be reversed by stopping the Valcyte or by lowering its dose.) nella nostra patologia, risponde correttamente : ”
A good question, and there’s a good answer. We have no effective drug treatments for chronic fatigue syndrome at present. If your illness is severe enough, the potential benefit from Valcyte treatment for chronic fatigue syndrome HHV6, might reasonably be considered to be worth the potential risk. That’s the key decision that you and your physicians have to make. On balance, the answer for most patients will be no. But, for a few the balance of risks versus potential benefits might be attractive.
Consider this analogy to chronic fatigue syndrome HHV 6. If you had cancer or disabling rheumatoid arthritis or chronic hepatitis, specialists routinely recommend medicines that are as or more toxic than Valcyte. So too for chronic fatigue syndrome HHV 6. One weighs the risks of adding Valcyte treatment against the risks of not treating and letting the disease “take its course”. Not an easy decision since until double blind studies are done we can’t really know if this anti-viral drug might be a chronic fatigue syndrome cure.
Già, perchè ad un amico che ha la CFS e che vive in Toscana ed ha dovuto abbandonare il lavoro a causa della malattia (il rischio che corro io tra qualche anno se non fermo il progredire della malattia) , questo trattamento non ha funzionato. Il virus è stato eradicato (e forse poi è tornato), ma la stanchezza cronica no.
E’ sicuramente anche per questo che , nonostante ci sia una parte di persone che guarisce da questa malattia con trattamenti di lunga durata (da 6 mesi ad 1 anno) antivirali o antibiotici a seconda dell’infezione riscontrata (nel mio caso virale) , si continua correttamente a dire che la causa della malattia è misconosciuta (anche se quasi sicuramente infettiva) e anche la cura.
E’ comprensibile quindi l’atteggiamento prudenziale dei medici che mi stanno seguendo a Padova che pure hanno scelto in primo luogo un farmaco, lo Zadaxin , che è tra quelli che non hanno effetti collaterali e negli studi che ho letto ha dato buoni risultati ma…500 euro al mese di terapia a lungo termine, da un lato non sono sopportabili per me, dall’altro… vedremo tra meno di un mese se l’immunodepressione e la strana, inspiegabile iperbilirubinemia diretta che ho, miglioreranno.
A dire il vero, l’immunologo specializzando ha spezzato anche lui (come me) una lancia a favore del trattamento almeno con il valacyclovir (meno efficace con l’herpesvirus ma anche molto meno tossico e che in questo studio ha portato miglioramenti dopo sei mesi di trattamento a pazienti con CFS) anche se la sua proposta è caduta nel…silenzio. “Primo non procurare danno al paziente”, disse correttamente il medico. Ma se il paziente il danno ce l’ha già e anche grosso…
Insomma, questi mesi e questo anno per me , con la terapia giusta, potrebbero invertire la rotta del peggioramento che mi preoccupa anche perchè davvero non ho le forze per fare nient’altro che non sia il lavoro, e questo mi fa paura.
Nell’ultimo anno infatti si è aggiunta alla lunga serie di sintomi anche la tachicardia a riposo che era una cosa che avevano già altri amici con la CFS e che a me mancava e che dimostra senza dubbio un netto e pericoloso peggioramento.
A Padova, tra le righe , sia gli specializzandi di immunologia che l’infettivologo condividono con me l’attenzione per il risultato del virus attivo (tant’è che fra sei mesi devo ripetere l’esame) , sul come tentare di sconfiggerlo però , io sarei per la via più radicale ed efficace, ma …. senza una prescrizione con ricetta rossa, la terapia costa 1800 euro al mese. Ovvero come negli USA se non hai l’assicurazione sanitaria.
Nelle slide qui sopra si parla di un gruppo A (solo infezione virale) o gruppo B (infezione virale + coinfezioni batteriche). La prima cosa che viene fatta in entrambi gli studi è verificare una coinfezione da Borrelia burgdorferi, Babesia microti ,A. phagocytophila attraverso la titolazione degli anticorpi nel siero , come pure la Antistreptolisina ( ho avuto, non trattata probabilmente per un anno, anche una infezione da streptococco beta-emoltiico di tipo A nel 2008).
Nel mio caso ho verificato solo l’assenza di infezioni da Borrelia Burgdoferi con il metodo Westernbot (detto anche Immunoblot), anche se è noto in rete che purtroppo spesso questo metodo da dei falsi negativi (dice che l’infezione non c’è anche quando c’è), ed è per questo che sono nati metodi più sensibili e indicativi per rilevare l’infezione, anche se non tutti i medici sono concordi (vedi per esempio An Enhanced ELISPOT Assay for Sensitive Detection of Antigen-Specific T Cell Responses to Borrelia burgdorferi). Non ho controllato l’assenza di infezione da Babesia e A. phagocytophila e vorrei farlo proprio per evitare un trattamento costosissimo e ineffficace perchè non prevederebbe il trattamento delle eventuali coinfezioni batteriche.