dal sito dell’Ospedale S. Raffaele di Milano
Biologia ed effetti patogenici dei nuovi herpesvirus umani (HHV-6, HHV-7, HHV-8)
Un altro tema centrale per la nostra Unità è lo studio degli herpesvirus umani di più recente scoperta, HHV-6, HHV-7 ed HHV-8, e del loro ruolo nella patologia umana. L’HHV-6 e l’HHV-7 sono herpesvirus particolari poiché condividono con l’HIV la capacità di infettare i linfociti T CD4+, cellule fondamentali per la generazione di tutte le risposte immunitarie di tipo adattativo. Numerose prove cliniche e sperimentali suggeriscono che l’HHV-6 possa agire come cofattore nella progressione dell’infezione da HIV. Al contrario, l’HHV-7 potrebbe avere un effetto opposto poiché, come da noi dimostrato nel 1994, questo virus utilizza lo stesso recettore dell’HIV (CD4) e interferisce con l’infezione da HIV. Abbiamo altresì identificato molteplici meccanismi biologici e molecolari attraverso cui l’HHV-6 potrebbe favorire la replicazione e la diffusione dell’HIV. Inoltre, in primati inferiori infettati sperimentalmente abbiamo dimostrato che la coinfezione con HHV-6 accelera notevolmente la progressione dell’AIDS della scimmia.
Recentemente, abbiamo identificato il recettore di membrana per l’HHV-6 sulle cellule umane: si tratta della proteina CD46, un componente della famiglia dei “regolatori dell’attivazione del complemento” (RCA). Questo recettore è ubiquitario nell’organismo e sembra costituire un importante anello di congiunzione tra immunità naturale e immunità adattativa. Abbiamo recentemente dimostrato che CD46 non costituisce semplicemente un punto di attracco del virus alla cellula: infatti, attraverso l’interazione con CD46, l’HHV-6 induce un difetto selettivo nella secrezione di interleuchina-12 (IL-12), una citochina fondamentale per lo sviluppo delle risposte di tipo T-helper 1 (Th1) e quindi anche delle risposte cellulo-mediate che proteggono dalle infezioni virali. Queste osservazioni, insieme ai risultati ottenuti in topi chimerici SCIDhu thy/liv in cui l’HHV-6 infetta e distrugge rapidamente il tessuto timico umano, suggeriscono che l’HHV-6, indipendentemente dalle interazioni con l’HIV, può agire come agente immunosoppressivo, favorendo in tal modo la propria diffusione e persistenza nell’organismo infettato.
Lo studio del ruolo di HHV-6, HHV-7 ed HHV-8 in svariate malattie ad eziologia tuttora sconosciuta è ostacolato dalla mancanza di strumenti diagnostici in grado di distinguere chiaramente fra infezione latente ed attiva. Per ovviare a queste difficoltà, abbiamo sviluppato una sofisticata tecnologia di PCR in “Real-Time” Quantitativa Calibrata, che permette una misurazione precisa dei livelli di replicazione di HHV-6, HHV-7 ed HHV-8 in vivo. L’HHV-8 è un patogeno particolarmente interessante perché, differenza degli altri due herpesvirus, non è citopatico, ma ha effetti trasformanti, come dimostrato dal legame eziologico con il Sarcoma di Kaposi (KS), il Linfoma Cavitario a Cellule B e la Malattia di Castelmann. Mediante l’applicazione dei test di PCR in “Real-Time” a studi longitudinali in diverse condizioni patologiche, tra cui l’infezione da HIV, la sclerosi multipla, le malattie autoimmuni, etc., siamo oggi in grado di stabilire il possibile ruolo eziologico o cofattoriale degli herpesvirus attraverso la dimostrazione di un’associazione temporale tra infezione attiva e manifestazioni cliniche.
Nel mio caso personale è stata trovata una infezione attiva da HHV-7 e sto tentando di convincere i medici a prescrivermi la terapia antivirale che il prof De Meirleir e molte cliniche statunitensi in caso di chronic fatigue syndrome adottano, ovvero valgancyclovir (Valcyte) in aggiunta eventualmente a Nexavir (v. questo post).