Depressione, tiroide, serotonina e infiammazione

dal post di Patrizia Scriboni che ringrazio.

Siamo da tempo abituati a considerare la depressione e l’instabilità del tono dell’umore come la resultante di uno squilibrio chimico che coinvolge, a livello cerebrale, sostanze come la serotonina.

Siamo stati indotti a ritenere questa una teoria accettabile, visto che la formulazione dei farmaci antidepressivi si basa su questa.

Tuttavia gli studi più avanzati suggeriscono che la depressione può essere causata principalmente da uno stato infiammatorio.

SEROTONINA

Siamo così sicuri che sia questa la sostanza che ci rende più felici?

Al fine di ottenere una prospettiva diversa sulla serotonina è necessario guardare alcuni dei suoi effetti sui tessuti e sui sistemi biologici.

La serotonina è una sostanza, un neurotrasmettitore, sintetizzato a partire da un aminoacido essenziale..il triptofano, è un precursore della melatonina ed è quindi coinvolta nella regolazione del ciclo sonno-veglia e del ritmo circadiano.

Anche la melatonina deriva, dal punto di vista biochimico, dal triptofano, ma quello che è interessante è che la melatonina esplica un’azione sulla ghiandola tiroidea tendendo infatti ad abbassare i livelli di TSH FT3 e FT4.

La Serotonina e il suo derivato, la Melatonina, sono entrambi coinvolti nella biologia del torpore e della ibernazione.

Negli animali in letargo, lo stress derivato dalla mancanza di cibo un declino causa un aumento della di serotonina e di melatonina.

Negli esseri umani e negli animali che non vanno in letargo, lo stress dell’inverno provoca cambiamenti molto simili.

La serotonina abbassa la temperatura, diminuendo il tasso metabolico.

Triptofano e melatonina sono anche ipotermici.

In inverno, sono di solito necessari aumenti (posologici o endogeni) di ormoni tiroidei per mantenere un normale tasso metabolico.

La serotonina (5-idrossitriptamina / 5-HT) è stata trovata a livello intestinale ed è stata inizialmente denominata “enteramina”, in seguito è stata trovata nel sangue e chiamata serotonina, credendo in un primo momento che fossero due sostanze diverse.

La serotonina intestinale rappresenta circa il 95% della serotonina totale nel nostro organismo e la sua funzione di base è quella di stimolare la contrazione intestinale

La serotonina ematica è coinvolta nel processo infiammatorio e la sua azione è strettamente connessa a quella degli estrogeni.

Questa sostanza è di fatto un importante mediatore di stress, shock, e infiammazione e agisce come un vasocostrittore che ostacola la circolazione in una grande varietà di situazioni.

Lo stress altera il metabolismo, e la serotonina sopprime la produzione di energia mitocondriale.

Lo stress e shock tendono ad aumentare l’assorbimento di endotossina batterica nell’intestino e le endotossine provocano il rilascio di serotonina dalle piastrine nel sangue.

L’ipotiroidismo indirettamente aumenta l’attività della serotonina, in quanto aumenta la cosiddetta dominanza estrogenica.

Gli estrogeni inibiscono l’enzima monoamino ossidasi (MAO) che provoca un aumento dell’attività e della concentrazione della serotonina. Il progesterone ha l’effetto opposto sulla MAO.

Gli estrogeni agiscono anche aumentando la triptofano idrossilasi un enzima coinvolto nella sintesi della serotonina (Hiroi et al. 2006).

La serotonina provoca vasospasmo e vasocostrizione e promuove la coagulazione.

Questa sostanza aumenta anche la permeabilità vascolare (Majno e Palade 1961) e causa infiammazione a livello intestinale (Bischoff 2008); l’elevazione dei valori di serotonina è un marker per appendicopatia, (Kalra et al. 1997).

Secondo alcuni studi un aumento della serotonina è presente in alcune condizioni infiammatorie intestinali, tra cui IBS, celiachia e morbo di Crohn (Spiller 2007).

Come detto sopra la presenza di endotossine provoca il rilascio di serotonina (Davis et al. 1961).

Questo non può sorprenderci dato che secondo alcuni studiosi induce infiammazione, edema e leakiness (Sharma et al.1990 ).

la serotonina ha alcuni altri effetti spiacevoli, tra i quali quello di aumentare la glicolisi e quindi la produzione di lattato, provocando perciò l’inibizione della respirazione mitocondriale (Assouline-Cohen et al. 1998), promuovendo la glicolisi si diminuisce la produzione di ATP (Koren-Schwartzer et al. 1994), e (Mahler e Humoller 1968).

Un altro studio ha evidenziato che la serotonina induce edema mitocondriale (Watanabe et al. 1969), questo studio ha anche riscontrato che l’ATP ha invertito questo fenomeno, suggerendo che l’ATP e la serotonina agiscono attraverso opposti meccanismi bioenergici.

L’evidenza suggerisce un possibile ruolo della serotonina in condizioni neurodegenerative; infatti i potenziatori della ricaptazione della serotonina (abbassano la serotonina) contrastano l’atrofia dei dendriti (McEwen et al. 1997).

Vediamo altri studi

La riduzione dei livelli di noradrenalina, serotonina e dopamina non produce depressione negli esseri umani.

Anche se alcuni pazienti depressi hanno bassi livelli di serotonina e noradrenalina, la maggior parte non li hanno. Diversi studi indicano che solo il 25 per cento dei pazienti depressi hanno bassi livelli di questi neurotrasmettitori.

Alcuni pazienti depressi hanno anormalmente alti livelli di serotonina e noradrenalina, e alcuni pazienti senza storia di depressione hanno bassi livelli di queste sostanze.

Allora forse il nocciolo della questione è una alterata produzione endocrina, uno stato infiammatorio, anche a livello intestinale e una alterazione possibilmente conseguente sul sistema immunitario?

LA DEPRESSIONE È FORSE UN SINTOMO? E NON UNA PATOLOGIA INDIPENDENTE?

Secondo le,più recenti ricerche la depressione è un segno, cioè l’espressione di una attivazione cronica del sistema immunitario, cioè un sintomo di infiammazione cronica.

Una grande quantità di ricerca suggerisce che la depressione è associata a una risposta infiammatoria cronica ed è accompagnata da un aumento dello stress ossidativo.

In un articolo pubblicato da Berk et al, gli autori hanno presentato diverse linee di prove a sostegno del legame tra depressione e infiammazione

La depressione è spesso presente nelle malattie infiammatorie acute.

Livelli più elevati di infiammazione aumentano il rischio di sviluppare depressione.

La somministrazione di endotossine che provocano sintomi di infiammazione in persone sane provocano sintomi depressivi.

Un quarto dei pazienti che assumono l’interferone, un farmaco usato per trattare l’epatite C e che causa uno stato infiammatorio, sviluppano depressione maggiore.

La remissione della depressione clinica è spesso associata a una normalizzazione dei marker infiammatori.

Durante una reazione infiammatoria si formano sostanze chimiche chiamate “citochine”, queste includono il fattore di necrosi tumorale (TNF), interleuchina (IL) -1, e interferone (IFN) ?.

Già dai primi anni 1980 si sa che le citochine infiammatorie producono una vasta gamma di sintomi psichiatrici e neurologici tipici della depressione.

È interessante notare che gli antidepressivi (soprattutto SSRI) hanno dimostrato di ridurre la produzione di citochine pro-infiammatorie come TNF-?, IL-1, interferone IFN-? e aumentare la produzione di citochine antinfiammatorie.

Questo suggerisce che gli SSRI sono anti-infiammatori, e devono la loro azione antidepressivi alla azione riducente dello stato infiammatorio.

Quindi se la connessione tra infiammazione, squilibrio endocrino, endotossine, alterazione della permeabilita intestinale, sistema immunitario ci convince, cosa dobbiamo fare?

A dirsi è ormai facile…a farsi, forse un po’ meno!

Il nostro stile di vita, le nostre abitudini alimentari, l’inquinamento ambientale, le modificazioni OGM, i pesticidi soprattutto di nuova generazione, gli squilibri endocrini (surreni, tiroide, ipofisi, pineale, pancreas), infezioni croniche, mancanza di sonno, obesità, carenza di Vit D e stress cronico, sono tutti aspetti che devono essere analizzati ed eventualmente affrontati e corretti.

La medicina funzionale ci dà una mano in questo processo di ricostruzione della salute perché è l’unico approccio medico che valuta la persona in tutti questi aspetti.

Buon lavoro di ristrutturazione dello stato di salute a tutti e buona giornata

Oggi è primavera, che la rinascita ci accompagni!

RIFERIMENTI PRINCIPALI

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25439045

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/7708925?dopt=Abstract

http://bmcmedicine.biomedcentral.com/…/10.…/1741-7015-11-200

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21037214?dopt=Abstract

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10088138?dopt=Abstract

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22271002?dopt=Abstract

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8243274?dopt=Abstract. Ho preso in prestito da un altro gruppo dove c e una splendida e bravissima donna che pubblica cose molto interessanti

La fatica nella sclerosi multipla e in altre malattie neurologiche (tra cui la CFS)

E’ normale (ma può far male) che chi non sia malato in modo così grave non riesca ad interpretare quando una persona con sclerosi multipla, artrite reumatoide (cosa diversa dall’artrosi) o che ha avuto un cancro (e quindi subisce gli effetti della chemioterapia ) e nei malati di CFS/ME (sindrome da fatica cronica / encefalomielite mialgica) dice di essere stanca.

Un ottimo opuscolo (uno dei pochi in italiano) che si trova in rete è dedicato proprio al concetto di fatica , che è bene esplicitare per distinguerlo dalla stanchezza che tutti provano nella vita di tutti i giorni.

Tra le definizioni tradizionali di fatica come sintomo di SM si trova: sensazione incontenibile di affaticamento, mancanza di forze o sensazione di esaurimento; difficoltà nell’iniziare o nel sostenere uno sforzo volontario; sensazione di spossatezza fisica e mancanza di energie distinta dalla tristezza e dalla debolezza; mancanza soggettiva di forze fisiche e/o mentali percepita dall’individuo o da chi presta cure all’individuo stesso, e che interferisce con le attività comuni e desiderate.

E’ evidente la grande differenza con la depressione, caratterizzata dalla svogliatezza e dalla mancanza di volontà o interesse in qualsiasi attività. Nella fatica dovuta alla malattia (SM, CFS, ecc.)  la mancanza di forze fisiche o mentali impedisce molte attività comuni e desiderate. E’ chiaro, come mi confermava ieri su Skype una mamma malata di CFS che è presente una deflessione dell’umore (questo fu l’esito della sua visita psichiatrica) in una persona che non ha le forze per lavorare , per accudire la propria famiglia, ecc. , ma vorrei anche vedere come potrebbe non essere così. In questo paper si mostra il grado di fatica misurata secondo le tecniche oramai in uso da anni  (in questo caso il questionario CIS ) in diversi pazienti di malattie neurologiche o con conseguenze neurologiche.

Il livello di fatica (impossibilità a sostenere uno sforzo volontario o di compiere un’attività desiderata) in persone sane, persone che hanno avuto il cancro, malati di artrite reumatoide, sclerosi multipla e malati di CFS.

E’ evidente il grado di invalidità (soggettiva) nelle operazioni della vita di tutti i giorni dato dalla CFS. Aggiungo io, è sicuramente soggettiva nel senso che viene dichiarata dal soggetto, ma quando tentiamo di andare oltre la tachicardia va alle stelle oppure sveniamo, come mi è già successo capiamo che la soggettività si riferisce al fatto che viene misurata con questionari. Per questo si dice che è importantissimo nella CFS adeguare i ritmi delle proprie attività a quelli che il corpo (e le energie, dato che c’è un problema di produzione di energia a livello mitocondriale nella CFS) ci dà. Certo, se hai la fortuna di poter lavorare massimo 4 ore al giorno, aggiungo io. E non è il mio caso.
Poi c’è chi pensa che la stanchezza sia dovuta a infelicità perché sei da solo, non hai figli, e sicuramente queste possono (ma non automaticamente) essere concause di forme depressive, ma se osservate il video meraviglioso che ho pubblicato su questo blog l’anno scorso in occasione della ricorrenza del giorno di sensibilizzazione sulla CFS/ME, capirete non è così. E se viene realizzato appositamente un video (sottotitolato in italiano) per parlare di questo, ovvero della differenza tra la fatica neurologica e la tristezza/depressione,  vuol dire da un lato che è difficile per le persone sane comprendere e distinguere la nostra situazione, dall’altro che gli strumenti per capirla ci sono.

La luce che cura

Perchè in acquari e rettilari ci sono lampade che emettono anche ultravioletti altrimenti  gli animali che ci sono dentro muoiono ? Cosa ha portato la medicina dal curare la tubercolosi (prima della scoperta della penicillina) ed il rachitismo (e quindi l’osteoporosi) con il sole (ed i suoi ultravioletti) al consigliare a tutti di proteggersi sempre dagli stessi raggi, dai filtri UV negli occhiali fino ai filtri solari chimici (tra l’altro pieni di metalli pesanti)  ? Il libro risponde a tutte queste interessanti domande .  Mi limito per ora ad un semplice copia ed incolla, dato che nel sito originario il carattere è nero su sfondo scuro (!) riportando la fonte, della recensione dello straordinario libro “La luce che cura” di Fabio Marchesi che sto leggendo in questi giorni con grande interesse.

Esistono comunque lampadine ad ampio spettro ed ultravioletti, come quelle Light 4 Joy o della TrueLight (ne ho acquistate due con attacco tradizionale E27 di cui trovate qui la scheda tecnica, presso la Light Full di Grezzana (VR) ) anche se però purtroppo non ho visto grandi risultati.

Il sito è: http://yogaesalute.blogspot.it/2009/03/depressione-e-cura-della-luce-al.html

Che il sole e la sua luce abbiano effetti benefici sia sul corpo che sulla psiche non è certo una novità. Ma le rivelazioni che Fabio Marchesi fa nel suo libro sono assolutamente sconcertanti. Se utilizzata in modo corretto, assicura l’autore, la luce del sole è “capace di ‘sconvolgere’ in meglio la vita di chiunque, riportando il corpo umano a funzionare perfettamente, risolvendo gran parte di quei disturbi che possono impedire a chiunque di godersi una vita sana e felice.

Il libro in questione è ‘La luce che cura’, edito da Tecniche Nuove (19,50 euro) e scritto da Fabio Marchesi, ingegnere, scienziato e ricercatore membro della New York Academy of Sciences e dell’American Association for the Advancement of Sciences. Marchesi, considerato il massimo esperto italiano sulle applicazioni terapeutiche della luce, è autore di decine di brevetti internazionali su sistemi e apparecchiature terapeutiche basate su raggi infrarossi, ultravioletti e ad ampio spettro. Riportando i risultati di rigorose ricerche scientifiche, Marchesi dimostra nle suo libro che il sole, la luce e i raggi ultravioletti hanno strabilianti effetti terapeutici.

Le luci ad ultravioletti sono spesso utilizzate in discoteca perchè fanno risaltare in particolare il bianco. Quello che non si sa è che hanno anche effetti benefici sul corpo ed in particolare sulla sintesi di vitamina D, necessaria per l’assorbimento del calcio, e nel potenziamento del sistema immunitario.Per esempio: – che il sole e i raggi ultravioletti riducono il colesterolo e le carie dentali, migliorano il sistema immunitario, aumentano libido e fertilità, prevengono i tumori; sono un ‘nutriente’ indispensabile alla salute dell’uomo. – che l’illuminazione artificiale indebolisce il sistema immunitario, altera i ritmi biologici, lo stato emotivo, i sistemi metabolico, endocrino, aumenta i livelli di stress. – che il sole e l’illuminazione ad alta intensità sono la più efficace terapia contro la depressione. – che l’altezza da adulti dipende dalla luce solare a cui ci si è esposti nei primi mesi di vita. – che i bambini esposti a luce naturale e ultravioletta hanno migliori voti a scuola, minori assenze per malattie, miglior crescita e sviluppo, minori carie dentali; il loro quoziente intellettivo aumenta se stanno in stanze dipinte di giallo e arancione. – che la luce infrarossa e ad ampio spettro regola l’appetito, stimola il metabolismo e il dimagrimento. Insomma, come scrive l’autore, ‘La luce del sole è la più potente medicina che la natura abbia messo, gratuitamente, a disposizione dell’uomo’. Sono stati fatti molti studi scientifici ed è stato più volte accertato come la carenza di luce solare provochi danni alla salute. L’esposizione alla luce solare facilita nei bambini la formazione endogena della vitamina D, fondamentale nella metabolizzazione del calcio e nell’accrescimento dello scheletro. Esporsi alla luce solare è un ottimo sistema per prevenire i mali stagionali, come alcune forme di stanchezza e depressione che si riscontrano quando l’intensità della luce è minore, come in autunno. La luce solare indica i ritmi della giornata, ha effetti benefici sui neurotrasmettitori, come la melatonina e la serotonina, quindi fa bene all’umore. L’ultima conferma scientifica è arrivata dei medici dell’Ospedale San Raffaele di Milano, che hanno osservato oltre 600 pazienti affetti da disturbi dell’umore, ricoverati negli ultimi tre anni. I malati ricoverati nell’area est, esposta alla luce del sole, hanno avuto tempi di guarigione più rapidi rispetto ai malati ricoverati nella zona meno assolata dell’ospedale. Il professore Enrico Smeraldi, del Dipartimento di Scienze Neuropsichiatriche, che ha condotto l’osservazione, ha dichiarato: “tutti i depressi dovrebbero alzarsi presto al mattino e uscire al sole invece di rinchiudersi in casa con le serrande abbassate, come invece fanno”. La “light-terapy” è efficacemente applicata come cura per i depressi ed esistono apposite lampade che riproducono la luce solare da puntare in alcuni punti del corpo per ritrovare la serenità. I raggi ultravioletti svolgono infine alcune attività terapeutiche, dimostrate da tempo: migliorano lo stato di alcune malattie della pelle, come la psoriasi, la vitiligine, la dermatite atopica ed alcune forme di acne. Quindi l¿esposizione al sole primaverile, che non è ancora diretto e fastidioso come quello estivo, favorisce la sensazione di benessere e gli esperti consigliano di ritagliarsi del tempo libero per effettuare, ogni giorno, una passeggiata di almeno mezz¿ora al giorno, sotto la luce del sole.

Veronica Pivetti , la depressione e il suo cane

“Sono felice di stare in quella nutrita schiera di persone che ha con il proprio animale  un rapporto che molti rompicoglioni definiscono innaturale, e che, invece, per noi malati è vitale.
Io sono una di quelle che dorme col cane, mangia col cane, fa leccare al cane il piatto con il sugo della pasta, disprezza i negozi in cui i cani non possono entrare, cancella per sempre le persone che non amano i cani, gioca col cane, guarda il suo cane che dorme e si commuove, e tende a parlare di cani perchè sa per certo che è un argomento cento volte più interessante di tutte le chiacchiere inutili e spesso dannose che si fanno per ammazzare il tempo”. […]
“Chiunque creda che l’antidepressivo sia la scorciatoia per raggiungere la felicità, crede sbagliato.  L’antidepressivo toglie l’abisso ma non ti regala il sorriso. L’antidepressivo non ti dà il buonumore, allevia solo la disperazione. E dico solo perchè il lavoro che ci aspetta dopo è immenso.
Il recupero della serenità, della felicità, del piacere di vivere è qualcosa a cui dobbiamo dedicare tutte le nostre energie e le nostre attenzioni e, tanto per cambiare, molto, molto tempo.
Una volta che , grazie agli psicofarmaci, ci siamo liberati del male oscuro, ci aspetta un percorso delicato e faticoso verso il recupero di noi stessi.
E l’abuso di antidepressivi impedisce tutto queto.
Le magiche pastigliette che mi avevano impedito di buttarmi dalla finestra quando non vedevo altra soluzione alla mia vita piena di dolore, esercitavano, ahimé , anche una funzione estremamente frustrante sul mio io e mi impedivano di rialzare la testa.”

(dal libro “Ho smesso di piangere” di Veronica Pivetti, non un capolavoro di scrittura ma un libro prezioso perchè racconta l’esperienza di una delle malattie più difficili da raccontare, e che sono stato felice di acquistare).