Un italiano in Francia sta consumando il suo “petit déjeuner” (caffè,
croissant, pane, burro e marmellata), quando un francese, masticando la sua
immancabile gomma, si siede accanto a lui.
L’italiano lo ignora vistosamente, ma nonostante tutto, il francese l’apostrofa:
“Voi il pane lo mangiate tutto?”
L’italiano risponde sorpreso: “Certamente.”
Il francese fa un bel palloncino con la gomma: “Noi No. In Francia noi
mangiamo solo la mollica. La crosta la raccogliamo in un contenitore, la
ricicliamo, la trasformiamo in croissant e la vendiamo in Italia.”,
prosegue, con una smorfietta insolente.
L’italiano resta in silenzio.
Il francese insiste: “Ci mette la marmellata, sul pane?”
L’italiano: “Certamente.“
Il francese, rigirando la gomma tra i denti e ridacchiando, fa:
“Noi No. In Francia a colazione noi mangiamo la frutta fresca, mettiamo
tutte le bucce e gli scarti in un contenitore, li ricicliamo, ne facciamo
marmellata e li vendiamo in Italia..“
L’italiano allora chiede: “Voi francesi fate sesso?”
Risponde: “Ma certo!”, con un gran sorriso.
“E cosa fate coi preservativi usati?” prosegue l’italiano.
“Li gettiamo via, naturalmente.”
“Noi no” conclude l’italiano. “In Italia, li mettiamo in un contenitore, li
ricicliamo, li trasformiamo in gomma da masticare e li vendiamo in
Francia.”
Autore: fable
Il caporale, 27 anni…
Il caporale, 27 anni, si era ammalato di ritorno dalle missioni
nella ex Jugoslavia. Era stato abbandonato a se stesso
L’ombra dell’uranio impoverito
sulla morte del caporale Valery
Nessuna risposta agli appelli degli amici e alle interrogazioni parlamentari su una vicenda che rimane oscura
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CAGLIARI – E’ stato tutto inutile. Le lettere al Presidente della Repubblica, l’interrogazione parlamentare di un deputato dello Sdi, il tentativo di consegnare una petizione al ministro della Difesa perché qualcuno di occupasse di lui. E infine il tam tam degli amici su Internet. Valery Melis, 27 anni, caporale dell’esercito italiano, ridotto su un lettino da un male che uccide, il linfoma di Hodgkin, è morto ieri sera tardi nell’ospedale Santissima Trinità di Cagliari.
Il forte sospetto è che la sua malattia sia stata conseguente all’inalazione di polveri radioattive, si parla di uranio impoverito. Melis, aveva partecipato alle missioni di pace in Bosnia e Macedonia. Tornato a casa si era ammalato.
Era stato sottoposto a Milano al trapianto delle cellule staminali donate dalla sorella, ma il 23 gennaio le sue condizioni si sono aggravate costringendolo al ricovero in ospedale, in rianimazione.
Ma l’accusa che pesa sui vertici militari è quella di averlo abbandonato a se stesso, di non averlo aiutato a combattere la malattia, a far fronte alle spese per le cure. “Nessun militare è mai venuto a trovarmi”, raccontava Valery dopo la scoperta della malattia, diagnosticatagli nel 1999, al rientro dall’ultima missione di quattro mesi in Macedonia. “Nessuno che mi dicesse: stai tranquillo ti stiamo vicini”. Il suo caso era stato denunciato anche da un amico, il tenente Cristiano Pireddu, con lettere a quotidiani e tv. Pireddu era stato sospeso dal servizio.
Sul suo caso il deputato di Forza Italia Piergiorgio Massidda aveva presentato un’interrogazione al presidente del Consiglio e ai ministri alla Difesa e alla Salute. “Sembrerebbe che Valery Melis sia stato completamente dimenticato dalle istituzioni”, scrive il parlamentare sardo, “e lasciato solo a combattere contro la terribile malattia, senza adeguati contributi economici da parte dello Stato. Ancora oggi al militare non sarebbe stata riconosciuta la causa di servizio. Addirittura gli sarebbe stato inizialmente sospeso lo stipendio, mentre i rimborsi per le cure mediche sarebbero stati assolutamente inadeguati”.
Ancora ieri Enrico Buemi (Sdi), aveva rivolto un’interrogazione al ministro della Difesa. “I militari ammalati dopo la missione in Kosovo hanno il diritto di ricevere aiuto dallo stato. E tutti i cittadini italiani hanno, inoltre, il diritto di avere le necessarie informazioni su quanto successo nell’ex Jugoslavia.
Perché si stanno ammalando i militari? Quali armi sono stati utilizzate nei Balcani?”
Per domani sera alle 20 in piazza Yenne a Cagliari i suoi amici avevano già organizzato una fiaccolata per contestare chi lo ha dimenticato Nei giorni scorsi, una manifestazione analoga era stata “sedata” con l’intervento della polizia.
Perchè i fiammiferi …
Perchè i fiammiferi non possono avere figli ?
Secondo la tradizion…
Secondo la tradizione popolare gli ultimi tre giorni di gennaio coincidono con i tre giorni più freddi dell’inverno. Tanto che perfino la Merla, che un tempo aveva il piumaggio bianco, per riscaldarsi andò a ripararsi in un camino.
Il suo manto divenne grigio per la fuliggine e da allora rimase di tale colore.
Da una statistica tratta dalla banca dati ultra trentennale del Centro Geofisico Prealpino (periodo 1967-2003) risultano queste interessanti considerazioni.
Temperatura media dei tre giorni (29-30-31 gennaio) = 3.7 °C
Media delle t. massime dei tre giorni = 7.4 °C
Media delle t. minime dei tre giorni = 0.07 °C
Se si pensa che la temperatura media di gennaio (calcolata sullo stesso periodo di osservazioni) è 2.8°C la media di questi tre ultimi giorni risulta di quasi un grado maggiore (0.8°C) più alta.
Infatti statisticamente dopo il 10 di gennaio la temperatura tende ad a umentare.
Forse la leggenda della Merla nacque in un’epoca in cui gennaio era molto più freddo di oggi, forse, non disponendo di strumenti e di statistiche la gente, sofferente già per due mesi di freddo, aveva la sensazione che il “cuore” dell’inverno fosse il periodo più freddo.
Sta di fatto che, numeri alla mano, oggi non è più così.
FERROVIE P…
FERROVIE |
Pendolari “ostaggi” nel treno fermo per motivi sconosciuti |
Riceviamo e pubblichiamo questa lettera-denuncia.
E’ già la seconda volta nel giro di un mese che il treno n. 11479 in partenza da Mantova alle 6.00 di mattina e diretto a Venezia, causa guasti al locomotore, si blocca per un’ora tenendo in ostaggio le centinaia di pendolari che la mattina salgono sul treno per raggiungere il posto di lavoro o l’Università. A nessuno, nonostante gli altoparlanti presenti in ciascuna stazione ferroviaria e addirittura all’interno del treno, viene in mente di avvertire gli utenti del guasto o del ritardo. Una volta saliti in treno, però, ed arrivati ad Este comincia la solita tragicommedia: il treno resta bloccato per un’ora (dalle 7.15 alle 8.15) in mezzo alla nebbia più fitta. A malapena si riesce a vedere il controllore che va avanti e indietro in bicicletta alla disperata ricerca di contatti con la stazione “madre”. Si pensa al peggio. Ma quando si decide di chiedere informazioni, visto che spontaneamente il personale non le dà, si scopre che le porte sono bloccate ed è il panico. Dopo un’ora di interrogativi senza risposta la rabbia monta, non si sa più cosa pensare. Il treno accenna a ripartire. Arrivati a Monselice la maggioranza dei pendolari decide di scendere per non rischiare altri blocchi. Si avvicinano al controllore per chiedere informazioni sul guasto e sul primo treno utile per Padova: il controllore invece di rispondere mugugna (forse timoroso delle reazioni dei passeggeri) e chiude la porta facendo così partire subito il treno. I pendolari che si sono preoccupati di sapere di più, rimangono così a piedi a Monselice, in attesa di un altro treno per Padova… Oltre al guasto del treno – che fa riflettere visto che si tratta di un TAF inaugurato tre mesi fa – ora anche il personale mostra avversione “verso i passeggeri”. D’altronde dopo tutta la bagarre esplosa ultimamente sulla cattiva organizzazione degli orari e sui costanti ritardi immotivati dei treni niente è cambiato. Perché allora continuare a pretendere un minimo di comunicazione dal personale viaggiante? Ormai anche i passeggeri – in maggioranza madri di famiglia, studenti che debbono sostenere esami, lavoratori – si stanno adattando, è solo questione di tempo! Teresa Moro e altri 200 pendolari |
Il segno più certo d…
Il segno più certo del fatto che esistono forme di vita intelligenti da qualche parte nell’universo è che non hanno mai cercato di contattarci
Miei cari genitori, …
Miei cari genitori,
se il cielo fosse carta e tutti i mari del mondo inchiostro, non potrei descrivervi le mie sofferenze e tutto ciò che vedo intorno a me.
Il campo si trova in una radura. Sin dal mattino ci cacciano al lavoro nella foresta. I miei piedi sanguinano perché ci hanno portato via le scarpe… Tutto il giorno lavoriamo quasi senza mangiare e la notte dormiamo sulla terra (ci hanno portato via anche i nostri mantelli).
Ogni notte soldati ubriachi vengono a picchiarci con bastoni di legno e il mio corpo è pieno di lividi come un pezzo di legno bruciacchiato. Alle volte ci gettano qualche carota cruda, una barbabietola, ed è una vergogna: ci si batte per averne un pezzetto e persino qualche foglia.
L’altro giorno due ragazzi sono scappati, allora ci hanno messo in fila e ogni quinto della fila veniva fucilato… Io non ero il quinto, ma so che non uscirò vivo di qui. Dico addio a tutti, cara mamma, caro papà, mie sorelle e miei fratelli, e piango…
(lettera scritta in yiddish da un ragazzo di 14 anni nel campo di concentramento di Pustkow)
Diventa anche tu met…
Diventa anche tu meteorologo.
Con pochi soldi puoi costruirti una stazione come quelle dell’Aeronautica
Militare.
http://www.geocities.com/CapeCanaveral/Station/8077/stazione.htm
Frangar non flectar …
Frangar non flectar
Una famosa massima della Retorica Romana dell’eroismo virile recita: “Frangar non flectar” cioè “Mi spezzo ma non mi piego”. E’ un’espressione che noi oggi usiamo per indicare il carattere di una persona inflessibile nei principi, coerente fino allo stremo, non disposta a cedere a compromessi pur di fronte a pericoli o minacce. L’indimenticato Totò caratterizzò questo tipo di uomo in una delle sue pellicole più celebri (Totò terzo uomo) facendo pronunciare, all’inflessibile personaggio, questa frase: “Sono un uomo tutto d’un pezzo, io!” Ebbene, tutti nella nostra vita viviamo fasi in cui non sembriamo conoscere vie di mezzo, in cui preferiremmo spezzarci piuttosto che piegarci ma il tempo, la maturità, le esperienze, ci portano a capire che tutt’altro che eroico e virile è un simile atteggiamento, anzi, è da incoscienti non adattarsi alle situazioni della vita. Meglio dire: “Mi piego ma non mi spezzo”, “Biegsamkeit”, come affermava il grande Goethe… e la Natura, che saggia di certo lo è, mette in atto questo principio da sempre. Solo grazie a questo non muore, si evolve, rifiorisce.
“Invece di essere i …
“Invece di essere i signori del mercato [i gestori dei fondi d’investimento, ndR] sono gli schiavi di un’aritmetica punitiva, perchè godono di un potere circoscritto. Vivono in un mondo trasparente dove ogni cosa è quantificata, oggettivata e resa pubblica; uno come J.P. Morgan [fondatore della famosissima banca Morgan & Stanley, oggi tristemente famosa per aver certificato come veri i bilanci Parmalat, ndR] avrebbe potuto avrebbe potuto conmettere errori grossolani per anni, protetto dalla sua sfera privata. Oggi invece tutti i quotidiani riportano il valore del portafoglio investito di tutti i fondi sottoponendo questi gestori – come i dirigenti aziendali che loro controllano – a standard di risultato universalmente accettati. Se rimangono indietro nella gara , vengono immediatamente licenziati poichè, fatta salva la loro abilità di conseguire risultati migliori, essi non hanno una fonte indipendente di potere. “
Ron Chernow, Il tramonto del banchiere, Ed. Il Sole 24 ore, 1998.
Solo ora ci accorgiamo di quanto queste belle favole (che sono il pensiero di metà della popolazione italiana) siano lontane dalla realtà. Questo è il libro che sto faticosamente terminando di leggere in questi mesi. bello no ? E’ come quando all’università studiavi che Internet genera ricchezza e che la crescita della new economy sarebbe stata inarrestabile. Ho perso il 28% del capitale nei fondi comuni…..