Lentamente, un frammento alla volta, la memoria storica di questo paese, sbiadisce come una vecchia fotografia e la mistificazione dei fatti è ormai una prassi quotidiana. Discutevo oggi, con un altro “smemorato”, sulla fine del duce, appeso a testa in giù in Piazzale Loreto. È rimasto impresso nella memoria collettiva quel finale grottesco del regime fascista, ma sul perché scelsero di appendere Mussolini pubblicamente pare sia del tutto dimenticato. Condannare l’accanimento del branco sul cadavere di Mussolini mi sembra scontato, ma la motivazione (giusta o sbagliata che sia) che spinse la folla ad appendere il duce non andrebbe mai dimenticata. Solo tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, migliaia di uomini, poco più che ragazzi, furono torturati, fucilati, impiccati (171 furono impiccati solo nell’eccidio di Bassano del Grappa) e lasciati insepolti per giorni e giorni sulle piazzette dei paesi di montagna, in mezzo ai boschi, agli angoli delle grandi città perché la gente vedesse e non osasse ribellarsi all’infamia dell’occupazione nazista e delle violenze sanguinose dei fascisti.
Le persone passavano a fianco a quei cadaveri appesi ai lampioni e guardavano dall’altra parte. Facevano finta di non vedere per paura, per indifferenza o semplicemente perché approvavano l’operato dei fascisti. Oggi, è molto più facile guardare altrove, perché questa memoria storica è pressoché sparita. E per chi ama sottolineare che molti partigiani erano “banditi”, ribadisco un concetto semplicismo: potete dipingere TUTTI i partigiani come criminali e TUTTI i repubblichini come bravi ragazzi, ma non avrò mai alcun dubbio da che parte stare. C’è chi combatteva dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. C’è chi liberò l’Italia dal nazifascismo e chi giurò fedeltà ad Adolf Hitler. Chi non riconosce l’impronta fondamentale della Resistenza Italiana nella nostra libertà odierna, ripercorre le orme di quei passanti che superavano i cadaveri impiccati nelle piazze e nelle strade, senza (voler) accorgersi di nulla.
(da un profilo Facebook condiviso da un ex-collega di lavoro , nel periodo in cui ero precario, e dal quale seppi del concorso che mi diede il lavoro di tecnico informatico che avevo sempre sognato – e che ora non ho più).