Il problema dei probiotici è che appena si smette di assumerli ogni giorno, il più delle volte scompaiono subito dall’intestino. Ogni intestino è diverso dall’altro, esistono team di microbi che si aiutano a vicenda oppure si combattono; chi ruzzola giù all’improvviso, non ha molte chance di imporsi nella suddivisione dei posti, Ecco perché al momento i probiotici funzionano soprattutto come cura intestinale. Se si interrompe la terapia, tocca alla flora batterica autoctona portare avanti il lavoro. Al fine di garantire risultati a lungo termine, da qualche tempo si accarezza l’idea di mettere in atto una strategia di squadra mista: più batteri che si aiutano a vicenda a insediarsi in territori sconosciuti, si incaricano dello smaltimento rifiuti degli altri oppure producono cibo per i colleghi.
Alcuni prodotti in vendita in farmacia, in drogheria o al supermercato si basano già su questo principio del miscuglio di batteri lattici conosciuti. In effetti, lavorando in squadra possono sultare più efficaci. L’idea di installare stabilmente questi batteri nell’intestino è splendida, ma i risultati lasciano un po’ a desiderare… per usare un eufemismo.
D’altra parte, la strategia del “team mix”, se messa in atto cori forza, ha un’efficacia davvero impressionante. Per esempio, nella terapia delle infezioni da Clostridium difficile. Si tratta di batteri che sopravvivono facilmente agli antibiotici e sono in grado di occupare tutti gli spazi rimasti vuoti nell’intestino. Chi è affetto da questa patologia, a volte soffre per diversi anni di diarree mucose e sanguinolente che nessun antibiotico o preparato di probiotici è in grado di tenere a bada. Una malattia come questa non è solo sfibrante dal punto di vista fisico, ma porta alla disperazione.
In situazioni d’emergenza come questa, i medici devono attingere a tutta la loro creatività. Oggi esistono coraggiosi professionisti che effettuano trapianti di compatte squadre di veri batteri intestinali di tutti i tipi prelevati da persone sane. Fortunatamente, l’operazione è abbastanza semplice (nella medicina veterinaria questo metodo viene impiegato efficacemente da decenni). Bastano un po’ di escrementi sani comprensivi di batteri e il gioco è fatto. Questo “team mix” perfetto si chiama “trapianto di feci”. In forma medicinale le feci non vengono somministrate alo stato naturale, bensì purificate. Non importa se da dietro o da davanti.
In tutti gli Studi effettuati finora, il tasso di efficacia per i casi di Clostridium difficile è del 90 per cento. Ben pochi farmaci vantano percentuali di successo così elevate. Tuttavia, il provvedimento può essere adottato solo nei casi veramente disperati. Infatti, non si è ancora in grado di escludere del tutto la possibilità vii trasmissione di eventuali malattie o microbi potenzialmente dannosi dì altre persone. Alcune ditte farmaceutiche stanno già mettendo a punto prodotti artificiali da trapianto con garanzia di “assenza dì controindicazioni”. Se ci riescono davvero, avremo tatto un autentico passo avanti.
I probiotici infatti, possono esprimere tutto il proprio potenziale per mezzo dì un trapianto di batteri buoni in grado di moltiplicarsi in modo duraturo. Il trapianto ha dato primi risultati positivi anche nella cura di casi gravissimi di diabete. Attualmente, sono in corso studi per valutare se questo procedimento sia eventualmente in grado dì bloccare l’insorgenza del diabete di tipo 1.
Forse qualcuno potrebbe pensare che il collegamento fra feci e diabete sia un po’ azzardato. In realtà, però, è tutt’altro che fuorviante: non sì tratta infatti solo di un trapianto di batteri protettivi, bensì di un intero organo microbico, che contribuisce a regolare il metabolismo e il sistema immunitario. Più del 60 per cento dì questi mìcrobi intestinali è ancora a noi ignoto. La ricerca dì specie batteriche in grado di agire probioticamente è costosa, come lo è stata un tempo quella di principi attivi efficaci. Stavolta, però, il rimedio vive insieme a noi. Ogni giorno e ogni pasto influenzano anche il grande organo microbico, in modo positivo o negativo.
(dal libro “L’intestino felice” di Giulia Enders, scritto davvero in modo piacevole, di meno di 240 pagine che sto leggendo quando non sono troppo stanco, ovvero in circa sei mesi…)