Il partito dei padroni

E’ l’ultimo libro che sto leggendo – a passo di lumaca come sempre. Dal sito http://damilano.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/05/31/il-partito-dei-padroni/

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Innovazione e merito. Sono gli stendardi da issare quando si parla di Confindustria: la politica è brutta, sporca e cattiva, l’impresa è buona e premia i talenti. L’editoriale di Dario Di Vico sul “Corriere” di tre giorni fa, per esempio, è plasticamente allineato su questa immagine: «Dietro la proposta della Marcegaglia si intravedono molteplici riflessioni e una felice intuizione. Si qualifica per come tende a far coincidere la difesa delle proprie legittime istanze con le esigenze generali del Paese. Ridisegna in epoca di grandi sconvolgimenti economici i rapporti politica-società». Mentre la politica «appare senza idee, confusa, afona».

Tutto vero, per carità. Deve essere dunque un folle visionario questo Filippo Astone, giornalista del “Mondo”, non un esponente della Fiom Cgil, semmai un liberale epigono di Ernesto Rossi (le citazioni di “I padroni del vapore” concludono ogni capitolo), che a viale dell’Astronomia dedica un volume controcorrente fin dal titolo: “Il Partito dei padroni”. Sottotitolo: “Come Confindustria e la casta economica comandano in Italia” (ed. Longanesi). Analisi impietosa, fin dalla domanda iniziale: «Marco Tronchetti Provera, Emma Marcegaglia, Luca Cordero di Montezemolo sono poi così diversi da Antonio Bassolino, Rosa Russo Iervolino, Mara Carfagna?».

Questione scandalosa per i censori undimensionali della sola casta politica. Per arrivare alla risposta bisogna leggere 350 pagine istruttive. La Confindustria, scrive Astone, è un mostro dai due volti: quello incensato dagli editoriali, hi-tech e moderno, che predica contro le arretratezze del Paese, dei sindacati, dei politici, insomma degli altri. E quello ottocentesco, da «padrone delle ferriere», molto meno conosciuto. La Confindustria che appoggia la richiesta di risarcimento danni da 35 milioni di euro dell’amministratore delegato dell’Umbria Olii nei confronti delle famiglie di cinque operai bruciati vivi. La Confindustria che reclama l’abolizione delle province ma che si struttura su base provinciale con una miriade di presidenti e vice-presidenti, che costa 110 euro l’anno per ogni dipendente di un’impresa associata, che ha un’organizzazione piramidale degna del Politburo cinese, che è guidata dai professionisti del potere confindustriale inamovibili sulle loro poltrone, con criteri di raccomandazione, di familismo e di nepotismo degni delle liste bloccate dei vituperati partiti. Da salvare c’è solo la battaglia per la legalità e contro la mafia iniziata dagli industriali siciliani guidati da Ivan Lo Bello e Antonello Montante, con l’appoggio dei vertici nazionali. Ma nulla di più.
isola-di-pasqua-2Conclusione: «Un panorama pietrificato, come i Moai di tufo basaltico tratto dal cratere Rano Raraku che da secoli popolano immobili l’isola di Pasqua. Confindustria e le elite economiche italiane chiedono ai lavoratori flessibilità, meritocrazia, pretendono dalla politica efficienza. Ma in questa landa di pietre il potere e le remunerazioni dei vertici aziendali sono rigidi, di certo non flessibili e meritocratici». Risposta alla domanda iniziale del giornalista: no, Tronchetti, Marcegaglia e Montezemolo non sono così lontani dai politici che hanno insegnato a disprezzare. Ne ricalcano fedelmente i vizi e le infedeltà.

Utile per capire che la crisi italiana è il declino di tutta una classe dirigente, non c’è un pezzo che possa tirarsene fuori con disinvoltura. Che servirebbe all’Italia un ceto imprenditoriale moderno e liberale, non solo nei convegni. E che predicare l’ideologia dell’interesse generale per difendere in realtà corposi, ferocissimi interessi particolari è la peggiore delle ideologie. La più pericolosa, quando arriva la Crisi e nessuno può ripetere: non è colpa mia.

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