Noi, dipendenti pubblici e una gerarchia fredda con i lavoratori

spettacolare lettera (potrei averla scritta io parlando della mia esperienza personale, ma non è così) pubblicata sul “Mattino” di sabato 10.9.2011

Mi ricollego a quanto riportato dalla signora Battilana Emanuela e da voi pubblicato il 30 luglio scorso sotto il titolo: «L’atteggiamento punitivo nei confronti dei dipendenti pubblici » per riferire anche la mia esperienza di dipendente della Pubblica amministrazione, molto simile a quella della collega. Infatti anch’io sono stata accusata di ostruzionismo quando ho fatto presente che la nostra azione deve sempre essere improntata all’imparzialità e al rispetto di norme e procedure, umiliata dal sarcasmo, offesa da insulti urlati in dialetto. Zittita e/o ignorata. Il tutto ad opera di persone convinte di essere dei «padroni» che possono disporre degli altri per realizzare la propria volontà individuale, pena infliggere il trattamento che è stato riservato alla collega. Concordo in pieno con la definizione dei vertici quale «gerarchia fredda» nel senso che, troppo spesso, anche nella mia esperienza, gli uffici pubblici funzionano solo grazie ai semplici impiegati-operatori che stanno in trincea ogni giorno (signor ministro ha mai provato a farsi anche solo una mezzoretta di sportello «serio»?) e che si trovano costretti di volta in volta ad improvvisare mansioni e soluzioni, operando in un’amministrazione «pubblica» solo nella definizione, dissanguata nelle risorse fino allo stremo, mortificata quotidianamente nei suoi uomini e donne migliori e più motivati. Il mezzo preferito per ottenere rispetto non è la valorizzazione dei collaboratori né la dimostrazione dell’autorevolezza. Non è la comunicazione razionale né tantomeno il richiamo all’etica e/o alla coscienza, bensì il fatto di incutere paura. A volte sembra la dimostrazione di una tecnica appresa in qualche corso; mentre a noi ai corsi dicono sempre che più ci si avvicina al vertice e più rilevanti dovrebbero essere le «competenze umane» nel senso di saper creare canali comunicativi efficaci in termini di scambio professionale, e corretti in termini di rispetto della persona. Nel mio caso la suddetta tecnica non ha mai funzionato perchè possiedo la certezza del mio (come di quello dei colleghi) operato scrupoloso, diligente e responsabile, oltre al fatto di non dover ricambiare i favori di nessuno. Anzi, si è rafforzato il mio bisogno, generato dal senso di responsabilità nei confronti dei cittadini che considero gli unici ai quali dobbiamo rendere conto del nostro operato e dall’amore per la giustizia e la verità, di rendere pubbliche le situazioni che ho descritto. Assistendo a cerimonie di giuramento di ministri che poi dichiarano di pulirsi il posteriore col Tricolore, ricordo il giorno del mio giuramento.

Francesca Boato

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