Basta con questi lacci e lacciuoli alle imprese…con la crisi poi….

Quello che quest’articolo apparso pochi giorni fa paventava, è avvenuto oggi con un decreto del Governo Berlusconi

Un’altra delle pagine migliori del governo Prodi rischia di essere cancellata. La destra non si ferma neanche davanti ai morti sul lavoro. Il Testo unico sulla sicurezza (legge 123 approvata il 3 agosto 2007) ha già dato buoni frutti: riduzione del numero di morti e incidenti, più controlli e pene pesanti e fattive nei confronti dei datori di lavoro che sfruttavano lavoro nero e non facevano rispettare le norme di sicurezza. La scusa è quella del Decreto legislativo che dovrebbe correggere l’applicazione di alcune norme. E invece nelle anticipazioni dei giorni scorsi si parla di una vera demolizione del provvedimento, specie per quanto riguarda le sanzioni nei confronti delle imprese: pene e multe dimezzate, più difficile la sospensione dell’attività.

LA DISTRUZIONE
Il ministero del Welfare guidato dal ministro Sacconi nega che il governo abbia fretta e che esista un testo definito in materia. Viene messo in dubbio perfino che il provvedimento vada in Consiglio dei ministri questa settimana. L’impressione è che sia Confindustria a mettere fretta al governo, ma che il governo se la faccia mettere. Di sicuro c’è il comportamento tenuto in questi mesi dal ministro Sacconi. Da quando è entrato in carica si è ben visto dall’emanare gran parte dei provvedimenti previsti per la piena attuazione del Testo unico. In un’audizione al Senato ha dichiarato di voler «rendere cedevoli alcune disposizioni del Testo unico», di prevedere casi un cui «la collaborazione tra parti sociali può far anche soprassedere alle funzioni ispettive». La linea quindi è tracciata da tempo, ora si cerca solo il momento giusto per metterla in atto.

Nel frattempo la trattativa con le parti sociali è stata solo a parole. «L’ultimo incontro con i tecnici del ministero lo abbiamo avuto a metà gennaio – racconta Paola Agnello Modica, segretaria confederale Cgil – ma già il modello proposto era inaccettabile». Il modello si chiama “Avviso comune” e funziona così: le parti sociali (sindacati da una parte, associazioni datoriali dall’altra) sono chiamati, grazie anche all’intervento di un tecnico «facilitatore» del ministero, a produrre un documento condiviso. Com’era facile prevedere questo non è successo. «I datori hanno presentato un documento con 46 punti di semplificazione delle procedure e a quel punto anche gli altri sindacati si sono rifiutati di sottoscriverlo». Il problema di fondo è che anche questo “avviso comune” non faceva alcun cenno alle sanzioni, che spettano in toto al governo.

In questo quadro la Cgil mette le mani avanti ed individua tre norme che Sacconi quasi sicuramente toccherà. «La prima – illustra Modica – riguarda la cancellazione del divieto di visita medica pre-assuntiva da parte dell’azienda, che negherebbe un diritto sacrosanto al lavoratore. La seconda l’introduzione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale, quei Rls che dovrebbero seguire più aziende piccole che non ne possono avere uno interno, lasciandole praticamente senza controlli. La terza riguarda l’estensione della bilateralità: il principio per cui la corretta attuazione delle norme tecniche e delle buone prassi costituisce una presunzione di conformità alla legge. Basterebbero queste tre norme – conclude Modica – per rendere inefficiente l’intera struttura del provvedimento».

STRAVOLGIMENTO
A denunciare i ritardi del governo ci sono anche le Regioni. In una lettera a Sacconi del 17 febbraio scorso, il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani ricorda come «la disponibilità data a giugno 2008 ad avviare i tavoli previsti dal Testo unico» a 8 mesi di distanza non abbia ancora ricevuto risposta. Su tutta la partita arriva il giudizio pacato, ma severo del padre di quel testo unico: Cesare Damiano. Il ministro del Lavoro del governo Prodi attende «di vedere la versione definitiva del decreto correttivo per dare un giudizio circostanziato, ma le scelte compiute dall’esecutivo in questi mesi su questa materia non ci lasciano per niente tranquilli – continua Damiano -. Nessuno si oppone a correzioni laddove il testo presenta inesattezze o necessità di chiarimenti, ma sarebbe inaccettabile uno stravolgimento dell’impianto normativo».

Damiano comclude: «La guardia non va abbassata perché, nonostante i risultati conseguiti grazie alla lotta contro il lavoro nero, voluta dal governo Prodi, e alla nuova sensibilizzazione che si è prodotta, anche con il Testo unico, la battaglia contro gli infortuni e per l’integrità psicofisica dei lavoratori non è ancora vinta».

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