Un lento – 2 ore per 120km – viaggio a Pordenone nella giornata di domenica mi ha consentito di iniziare un libro (“Solo per giustizia” di Raffaele Cantone) che all’inizio avevo trattato con diffidenza per l’argomento sicuramente non leggero: il lavoro di magistrato a Napoli nella Direzione distrettuale Antimafia . Leggo in media un libro all’anno. Trovare il tempo , ma soprattutto il rilassamento mentale per godere della lettura, è una cosa per me molto difficile.
Appena finisco di cenare crollo a letto e assolutamente non riesco mai a leggere. Il treno è l’unica – ottima – occasione per leggere (se non viaggio in piedi, come mi è capitato ieri da Pordenone a Mestre).
Ecco perchè anche questo libro , che ho appena iniziato, già mi piace un sacco, perchè nell’esperienza di questa persona riesco a vedere qualcosa che ho passato anch’io.
Una lezione di storia, di vita, sul modo di vedere gli avvenimenti di cronaca e qualcosa di utile sull’Anm (l’Associazione Nazionale Magistrati), vista dal punto di vista di chi ci lavora dentro.
Ecco qualche riga che non potevo non riportare, dato che mi ha riguardato da vicinissimo nell’oramai noto concorso di cat. D per il quale ho studiato l’anno scorso:
“Quel che infatti mi teneva sulle spine era la convinzione che non fosse andata troppo male. Delle tre prove scritte -civile, amministrativo e penale – la prima, che riguardava la materia che conoscevo meno, mi sembrava abbastanza nella media, mentre l’ultima, per la quale ero più preparato, pensavo di averla svolta decorosamente. Ma la vera incognita era la prova di mezzo, quella di diritto amministrativo, che era risultata la più difficile agli altri candidati, tant’è vero che moltissimi, fra cui tutti i miei amici del corso di preparazione, si erano ritirati senza consegnare. Già di per sé quella materia era considerata la più insidiosa, in quanto la meno sistematica. In più quella volta la traccia riguardava un aspetto molto marginale che stava a cavallo fra diritto amministrativo e diritto penale: la trasformazione degli illeciti penali in sanzioni amministrative. Cì fu un boato generale di disapprovazione e di sconforto quando la commissione la lesse. Nemmeno io avevo ristudiato quell’argomento, ma l’avevo già incontrato a un esame, e, soprattutto, era stato l’oggetto di una lezione del corso di specializzazione postlaurea in diritto e procedura penale che avevo frequentato. Dunque io avevo gli elementi per impostare il tema e per il resto cercavo di basarmi sul codice e sulla conoscenza della materia sedimentata negli ultimi anni. Per me rappresentava un altro colpo di fortuna e forse la prova che la prima parte della mia odissea non era stata una peregrinazione del tutto vana.”