Un giorno di ordinaria follia in un paese che normale non è

dal “Mattino” di oggi

Martedì 18 settembre, un giorno normale, di un autunno come gli altri, in un Paese che normale non sembra più. Stazione di Mestre, ore 12,30. Sui cartelloni scrutati dai viaggiatori con ansia è descritta una mezza tragedia: tutti i treni sono in ritardo di un’ora, un’ora e mezzo perchè la stazione di Padova è bloccata. Dovendo andare a Roma per lavoro, avevo scelto il treno anche per lavorare in pace nel frattempo. Pazienza, aspetto. Può capitare che un fulmine blocchi una stazione. Ma la sala d’aspetto della stazione di Mestre, promesso punto di snodo trasporti-stico nordestino, è impraticabile. Non ha finestre se non un buco dove forse una volta c’era un condizionatore. Puzza di pipì, non so se di notte sia il rifugio di qualcuno. Di giorno i soli frequentatori sono degli stremati viaggiatori che dormono annullando con il sonno l’impraticabilità del luogo. Del resto tutta la stazione è in uno stato impietoso: le mancano solo le vacche sacre per somigliare ad uno snodo ferroviario del centro dell’India.
Gli altoparlanti annunciano che tutti i treni continueranno ad essere in ritardo, niente di più, nessuna previsione di che cosa succederà da qui ad un’ora. Temendo il peggio decido di prendere l’aereo. Sono una privilegiata perchè a Mestre c’è la redazione e posso riorganizzari. Quando arrivo al giornale scopro che un comunicato Ansa informa che la cricolazione dei treni è tornata normale alle 10.50, un’ora prima di quanto previsto da Rfi. Mi domando per quali grulli sia scritto e perchè le ferrovie diano buone notizie ai media e cattive notizie e pessima informazione ai viaggiatori.
Mi riorganizzo e parto per il Marco Polo. La notizia che il tassista mi comunica, incerto, arriva come una pugnalata: «Vengo dall’aeroporto, mi pare ci sia sciopero». Spero si sbagli, del resto la compagnia mi ha venduto poco prima un biglietto per partire. Non sarà mica impazzita pure lei? Spero che la fortuna mi assista. Ma quan-
do arrivo al Marco Polo vedo di fronte a me una Caporetto: sul tabellone sfilano un «cancellato» dietro l’altro. Decine di turisti con le valigie fanno la fila per capire quale sarà il loro destino. Mi domando che razza di Paese gli presentiamo.
Ma il mio volo è ancora lì: 14.45 partenza per Roma. Tiro un sospiro di sollievo anche se comincio a temere per i miei impegni. Ma sono, adesso, nella sventura, in buona e «autorevole» compagnia: incontro al bar il viceministro dei Trasporti, Cesare De Piccoli, che mi accoglie con un sorriso amaro. La legge del contrappasso gli ha assegnato una sorte peggiore della mia. Viene da un convegno sulla mobilità a Mestre. E’ uscito alle 11 per prendere il treno ed arrivare in tempo a Roma per impegni urgenti: si è fermato con il suo treno nella campagna di Dolo per un’ora. Sceso a Dolo tenta anche lui l’avventura dell’aereo. Si chiede giustamente: «Ma perchè mi hanno fatto salire sul treno se la linea non andava? Perchè non abbiamo avuto informazioni da nesuno? Perchè nessuno aiuta chi viaggia?». Conclude sarcastico: «Al prossimo convegno sulla mobilità e i progetti futuri non ci vado. Vorrei discutere che cosa fare nel presente».
I fulmini, almeno miei, non vanno solo sulla stazione di Padova ma anche sui sindacati che bloccano per 24 ore l’aeroporto, con la ragione, apprendiamo, che l’areostazione è piccola. Bah…?!
Ma in fondo, egoisticamente, ci consoliamo, perchè il nostro volo è lì, e siamo praticamente soli, insieme ad un manipolo di «fortunati», nell’aeroporto. Forse ce la faremo. Andiamo al gate, ma del volo non c’è traccia e delle informazioni su che cosa accadrà neppure. Pensiamo siano gli scioperi: le maledizioni per i sindacati si moltiplicano e si diffondono sulla piccola folla in attesa. De Piccoli comincia a discutere con un dipendente della Save, che si lamenta come la sinistra, Veltroni compreso, non ascolti i lavoratori. Mi chiedo quale partito abbia mai ascoltato dei consumatori vessati dai sindacati, trattati poco
meglio di branchi di bestie da trasportare.
Passa un’ora, un’altra. Finché qualcuno, forse impietosito, forse spinto dall’irruenza dei viaggiatori o forse «minacciato» dalla sola presenza di un viceministro dei Trasporti, si degna di dire che l’aereo è in ritardo per questioni tecniche. I miei impegni sono in pericolo e mi metto a lavorare sulle seggiole del Marco Polo con il mio computer come se fossi in un paese in guerra. De Piccoli è rassegnato e discute con sindacati e al telefono inseguendo la prospettiva di arrivare a Roma.
Alla compagnia si aggiunge Maurizio Fistarol che deve essere alle sei a Montecitorio per una riunione da lui convocata e che deve presiedere. E’ partito in anticipo. Ha l’aspetto di un inglese, elegante, tranquillo, mentre tutti si agitano. Immobile come un bonzo, sulle sedie del Marco Polo, ha trovato anche lui la sua filosofia per affrontare il disastro della mobilità. Ma alle 19,15 quando alla fine arriviamo al centro di Roma anche lui sta per perder il suo aplomb: nove ore di viaggio per arrivare da Venezia a Roma sono davvero un record di immobilità. Nove ore che si passano, tra fulmini, scioperi e ritardi, abbandonati come consumatori e alla fine anche come cittadini in un giorno normale, di un autunno normale, in un Paese che normale non è più.

2 pensieri riguardo “Un giorno di ordinaria follia in un paese che normale non è”

  1. Siamo nella società dell’informazione, e ancora è così difficile essere aggiornati sul perché una linea ferroviaria fondamentale come la Venezia – Padova sia bloccata; e questa è una grave carenza dell’azienda Trenitalia, che, purtroppo, in questo si trova come complici tutti quei politici che ancora le permettono di operare in monopolio sulla rete nazionale.

    Poi si corre a prendere l’aereo e si trova bloccato l’aeroporto per l’ennesima volta dall’ennesimo sciopero. E qui ci troviamo a combattere contro sindacati che ormai abusano di uno strumento che dovrebbe essere solo l’estremo mezzo di rivendicazione (ma proprio estremo, lo sottolineo), e invece serve solo a nascondere la loro incapacità di risolvere i problemi.
    Ottima la considerazione “Mi chiedo quale partito abbia mai ascoltato dei consumatori vessati dai sindacati, trattati poco meglio di branchi di bestie da trasportare”. Già: chi mai ragiona sul fatto che gli scioperi colpiscono soprattutto altri lavoratori?!?

  2. Posso dirlo… “c’ero anch’io”, purtroppo!!!
    EScity (cioè un vecchio intercity travestito da Eurostar) delle 07:05 per Milano Central, solo 55 min. di ritardo, non male considerando la catastrofe 🙂
    Era da un po’ che non prendevo il treno, nel mio precedente lavoro lo prendevo più spesso, ogni volta lo trovo sempre peggio…

    P.S. Andrea, guarda che trenitalia ha un sito fikissimo che ti avvisa di tutti i ritardi (verificato in tempo reale quel giorno dal vicino di sventura)
    http://www.viaggiatreno.it/

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