Il linguaggio incomprensibile della sinistra italiana

"A destra solo AN e UDC parlano ancora il linguaggio abbastanza ingessato delle formule e delle ideologie, mentre Forza Italia e Lega hanno scelto risolutamente di rivolgersi alla cosiddetta gente, ossia anche a coloro – e sono la maggioranza – che non sanno o non vogliono « decodificare » il discorso della politica. A sinistra solo alcune forze minori, come l'Italia dei Valori, i Verdi, i Girotondi e (per il passato) i Radicali," non soffocano completamente il linguaggio delle cose, e alternano linguaggio codificato e parole comuni.'
L'abuso del linguaggio codificato è la terza malattia del discorso della sinistra. Un linguaggio che manda in esilio le cose, e le sostituisce con formule astratte e parole vaghe. Un linguaggio che non può arrivare agli elettori innanzitutto perché richiederebbe un interprete.
Si tratti di Rutelli o di Fassino, di Prodi o di D'Alema, quella di parlare in codice è una malattia da cui la sinistra non riesce a guarire, e di cui non pare neppure avere coscienza. Ascoltiamo insieme…

Senza il riformismo di matrice socialista non c'è sinistra di governo e si rischia una frattura fra questione sociale e prospettiva politica. Il problema vero, quindi, è in una nuova sintesi politica e culturale. Non uno scontro fra diversi riformismi, ma un allargamento degli orizzonti culturali, degli strumenti d'analisi, dei contenuti della proposta. Una confederazione di forze, un confronto di idee, un «progetto per il futuro », questa è la via da imboccare con il coraggio e la determinazione che finora sono mancati.

Non vi dirò di chi sono queste parole, perché potrebbero essere uscite dalla bocca della maggior parte dei dirigenti dell'attuale sinistra, alle prese con la ricerca di un'alternativa al programma di Berlusconi. Vi invito invece a mettervi nei panni dell'elettore medio, che poco si interessa di politica, e si chiede che cosa fare alle prossime elezioni. Presumibilmente si tratta di una persona che affronta problemi come la ricerca di un lavoro il tenore di vita, l'accessibilità dei servizi sanitari e scolastici, le preoccupazioni per la propria sicurezza immediata (criminalità) e futura (pensione). Qualcuno può se, riamente pensare che il rischio che lo preoccupa sia quello di «una frattura fra questione sociale e prospettiva politica »? O che per lui « il problema vero » possa essere quello di «una nuova sintesi politica e culturale »? O che di fronte al programma della Casa delle Libertà – meno tasse, più occupazio, più sicurezza egli possa non chiedersi quali cose farebbe la sinistra una volta al governo? E possa accontentarsi di sape¬re che « la via da imboccare con il coraggio e la determinazione ne che finora sono mancati » è quella di «una confederazione di forze, un confronto di idee, un progetto per il futuro »?Si potrebbe supporre che queste parole siano uscite da una discussione fra teste d'uovo, o da uno di quei monasteri in cui la sinistra snob si riunisce per discettare del futuro del paese (e dell'umanità). E invece no, quelle parole si trovano in un libro ultradivulgativo di un grande dirigente della sinistra, e sono solo un piccolo campione rappresentativo di centinaia e centinaia di affermazioni consimili disseminate nel edesimo libro, e di migliaia di frasi dello stesso tipo apparse in altri libri, altri saggi, altri articoli, altre interviste."

(dal libro "Perchè siamo antipatici ?" che mi ha regalato Emiliano – no comment – e che sto leggendo in questi giorni) 

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