Messaggio per Nikos: i centri commerciali

Fable gioca con Nikos, dj resident del Classic di Rimini 

Come sappiamo, i centri commerciali non sono altro che l’equivalente contemporaneo della Basilica di San Pietro, dei menhir e delle Piramidi. Dovunque vi sia uno spazio libero, in città come in campagna, oggi sorge un nuovo centro commerciale. E un bel giorno, agli occhi degli archeologi del futuro, i centri commerciali saranno la testimonianza tangibile del grado di sviluppo raggiunto dalla nostra civiltà. Par di sentirli: «Però! Portavano ciabatte pelose a forma di gatto… che strano…». Ciò che più sorprende, riguardo ai centri commerciali, è la loro capacità d’attrazione nei confronti di soggetti che in realtà non vi si recano per acquistare qualcosa, come di dovere nei centri commerciali. E non sto parlando dei pensionati, che nei centri commerciali ci andavano già per conto loro qualsiasi tempo facesse e poi però come si sa soprattutto in caso di afa per via delle relative disposizioni ministeriali. No: il fenomeno, a prima vista sbalorditivo, riguarda in particolare i nati dal 1990 in poi, e cioè i cosiddetti ‘teenager’. Che a partire dagli undici, dodici anni circa, cominciano a uscire di casa il sabato pomeriggio con i coetanei e senza i genitori. In teoria, dunque, in totale libertà. I precoci pargoli avrebbero spalancata di fronte a loro ogni sorta di possibilità, per ciò che concerne il modo migliore in cui trascorrere in compagnia degli amici il sabato pomeriggio. Ma di loro spontanea volontà si danno appuntamento tra le luci al neon e gli scaffali colorati dei centri commerciali. Niente più passeggiate in centro né partite a pallone in cortile. E nemmeno scorrerie in motorino. Del resto: scomparsa delle ideologie e crisi degli oratori hanno avuto inizio proprio durante gli anni Ottanta, un decennio che di recente è stato oggetto di revivale rivalutazione da parte dei ventenni di allora più o meno in quanto «periodo d’oro della new wave, dei Pet Shop Boys e dei Duran Duran». Che dire? Wow!».E' proprio negli anni Ottanta, insieme con la Weltanschauzrng di Dallas e di Dinasty, che in Italia sono arrivati i primi centri commerciali. Naturalmente, giudicare male i precoci pargoli che ogni settimana non vedono l’ora di trascorrere il sabato pomeriggio vagando tra le merci sarebbe ingiusto. Anche perché non sono stati loro a far sì che i centri commerciali diventassero i soli punti di ritrovo e aggregazione disponibili nelle nostre città. A ciò hanno provveduto altri, gente che in gioventù praticava sia le ideologie sia gli oratori. Per cui, se il risultato della frequentazione di ideologie e oratori è il presente in cui ci ritroviamo, chissà che alla fine non sia più formativa un’adolescenza passata nei centri commerciali.

 (dal libro "Torino è casa mia" di Giuseppe Culicchia, che sto leggendo con grande curiosità dopo la mia bellissima visita in Torino e nella Val di Susa )

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