Chi sa perchè fu eretto il Tempio dell’Internato Ignoto ?

Nell’immediata periferia di Padova, in Viale dell’Internato Ignoto n°24, sorge dal 1953 il Tempio dell’Internato Ignoto, sorto per ricordare gli internati militari italiani -I.M.I.- non più tornati dopo la drammatica esperienza vissuta nei lager a partire dall’8 Settembre del 1943 fino alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale (1943-1945).

L’idea di questo Tempio e del Museo annesso ha queste origini: i fascisti arrestarono il parroco di Terranegra Don Giovanni Fortin, nel 14 dicembre 1943, in seguito deportato a Dachau, con la condanna d’essere “Traditore della patria, avendo aiutato 12 militari inglesi in fuga già prigionieri, procurando loro cibo, vestiti e pane.

Il sacerdote uscì vivo dal campo di concentramento nel giugno del 1945 e volle, con tanti altri amici ex-internati, erigere questo Tempio come ricordo delle vittime della deportazione.

Ricordare, imparare, non odiare queste tre parole che campeggiano sulla vetrata del Tempio dell’Internato ne riassumono tutto il significato, riflesso di una memoria storica e occasione di riflessione attenta sulla sofferenza di tanti uomini caduti nei campi di concentramento.

I deportati italiani, dall’8 settembre 1943, furono circa 700.000, di cui circa 70.000 non fecero ritorno. Gli ebrei, sterminati nell’olocausto, furono oltre 6.000.000.

Entrando nel Tempio, le due cappelle ai lati del pronao custodiscono invece i segni della fede e della pietà: a destra vi è il monumento che rappresenta il trionfo dell’amore sul dolore; nella cappella di sinistra si trova il sarcofago dell’Internato Ignoto, che custodisce una salma, una delle poche non cremate dai nazisti , prelevata da un cimitero di Colonia in Germania e collocata da prima sull’Altare della Patria a Roma e poi portata a Padova come testimonianza e simbolo dei trucidati nei campi di concentramento.

Le vetrate, opera del pittore Antonio Bastianello di Padova, raffigurano con forza drammatica gli eventi bellici, la deportazione, gli aguzzini, il dolore e la morte.

Nel Tempio di Terranegra le sofferenze degli internati entrano in un situazione di Fede e amore, parlano di pace perché il ricordo del passato non sia semplicemente una pagina di storia imparata a scuola e poi rimasta chiusa in un libro.

Avviandosi lungo il viale, che conduce al Tempio, si fa già l’incontro con la storia e la tragedia; i 26 cippi di trachite ricordano i campi di concentramento e di sterminio, la resistenza dopo l’8 Settembre nelle isole di Rodi -Cefalonia-, le nobili figure del Cardinale Beran e di Mafalda di Savoia D’Assia.

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