Un delitto accaduto nel mondo di tutti non in quello dei gay (aspetto il tuo commento Alberto…)

Da Il Mattino di Padova del 18 maggio 2005

I problemi nascono anche dai nomi che si attribuiscono alle cose. Omosessualità, termine di evidente natura scientifica, viene utilizzato correntemente per indicare le persone gay e lesbiche. Ma riduce una persona solo alla sua vita sessuale.

Ed è forse questo l’errore commesso nel collegare la drammatica vicenda di Alessandro Romito, alla vita e alla storia della comunità omosessuale.

Qualcuno recentemente ha coniato il termine, forse un po’ più corretto, di «omoaffettività», perché si evidenzi l’aspetto affettivo, quello delle centinaia di migliaia di coppie omosessuali in Italia che si amano e vivono insieme, assistendosi e aiutandosi reciprocamente. Proprio ieri, 17 maggio, ricorreva la giornata mondiale contro l’omofobia, termine con cui si indica la paura ossessiva verso l’omosessualità e in generale verso le diversità. Questa sì, una malattia. Un atteggiamento che ancora oggi porta purtroppo nel nostro Paese a gesti di violenza e aggressione nei confronti di molti gay e di molte lesbiche. Qualche settimana fa due ragazzi che si tenevano mano per mano in via del Corso, nel centro di Roma, sono stati aggrediti e picchiati da una squadra di violenti. Spesso a causare questo tipo di atti e di violenze è la condanna sociale dell’omosessualità, una condanna che esiste ancora, anche quando non si presenta in forme di violenza.

Il tema portante di tutto il ragionamento è quindi il pregiudizio, costruito e alimentato nei secoli contro le persone considerare «diverse», per giustificare un modello unico e dominante nella società. Le battaglie, condotte con fatica e pagando molte volte prezzi altissimi, per la visibilità e l’accettazione sono servite a sconfiggere e a sciogliere le bende del pregiudizio. Un pregiudizio che, proprio perché secolare, è difficile da sconfiggere. Spesso, alla base di tutto, sta la non conoscenza della comunità omosessuale, una realtà che fatti come quello del delitto di Noventa contribuiscono ad annebbiare.

Oggi però la realtà è diversa rispetto a molti anni fa. Oggi milioni di persone nel nostro Paese non si nascondo, non vivono una doppia vita, non vivono il sesso in maniera «compulsiva» (termine che ricado dalla lettura di questo giornale, edizione di ieri). Milioni di persone nel nostro Paese vivono naturalmente da gay e lesbiche: felici, sereni e orgogliosi. Ma, anche in una società moderna e libera, se viene messa in atto una campagna d’odio nei cofronti della minoranza omosessuale, il pregiudizio riemerge. Proprio perché è un aspetto latente della nostra società.

Lo scenario in cui è maturato il delitto di Alessandro Romito, quel mondo difficile e pericoloso del sesso sugli argini e della prostituzione, è il «nostro» mondo. E’ il mondo di tutti: eterosessuali e omosessuali. Ancora una volta usare il termine «mondo gay» non aiuta: neanche se gli omosessuali fossero abitanti di un altro pianeta. Le stesse scene, le stesse modalità, gli stessi pericoli riguardano analoghi luoghi d’incontro e di ricerca di sesso eterosessuale. I luoghi del degrado nascono da una società ormai sempre più spersonalizzata, attenta più alle relazioni «sessuali» che a quelle «personali», quella società che crea ghetti, barriere e sensi di colpa. Una società che si va atomizzando, lasciando ogni persona sola nelle sue difficoltà. Il rispetto per tutti e il riconoscimento di legami, unioni e sentimenti, come chiede a gran voce la comunità omosessuale, sono certamente degli antidoti a tutto ciò.

Alessandro Zan

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