Il colonialismo e la diffusione delle malattie

“Vaste zone dell’Africa orientale, ad esempio, sono oggi completamente spopolate di bestiame in seguito alla diffusione incontrollata della mosca tse-tse. In quelle stesse areee, prima che arrivassero gli europei, gli africani allevavano mandrie di grandi dimensioni. […] Da una parte l’alimentazione degli occidentali migliorò grazie all’aggiunta di nuovi prodotti in precedenza completamente sconosciuti o assai rari, come le banane, gli ananas e i pompelmi; dall’altra, l’importazione di tabacco e caffè , oltre che di zucchero non raffinato – il quale cominciò ad essere usato in misura crescente in ogni sorta di alimenti – ha avuto effetti negativi . L’elevata presenza di zucchero nella dieta occidentale e el conseguenze del fumo sono connesse alla diffusione del cancro e delle patologie cardiache.

(dal libro “Sociologia” di Anthony Giddens, che sto leggendo da quattro anni a ritmo di lumaca e che prevedo di restituire ad Alberto entro il 2012)

L’evoluzione del sistema scolastico italiano

La riforma Gentile del 1923 sostituì il sistema relativamente apertamente aperto previsto dalla legge Casati con uno molto più chiuso. Gentile infati sopprimeva la scuola tecnica e la sostituiva con un’altra che non aveva alcuna possibilità di accesso all’università. Con la riforma, chi finiva le elementari si trovava di fronte al ginnasio-liceo, al liceo scientifico, all’istituto magistrale ed a quello tecnico ed alla scuola complementare. I licei gli permettevano di entrare all’università, gli istituti tecnici gli consentivano di iscriversi solo ad economia e commercio ed a statistica (e non più a matematica e ad ingegneria) , mentre la scuola complementare era chiusa, era una “scuola di scarico” , una sorta di vicolo cieco.

Altri cambiamenti introdotti durante il regime fascista resero ancora più netta la biforcazione del sistema scolastico in due rami: uno per la classe media e la borghesia, l’altro per la classe operaia. Così, subito dopo la seconda guerra mondiale, dopo le elementari ci si poteva iscrivere o alla scuola media o a quella di avviamento professionale. Chi era costretto a seguire questa seconda strada non aveva alcuna possibilità di proseguire gli studi. Chi invece poteva prendere la prima aveva accesso o ai licei (classico o scientifico) o all’istituto tecnico o a quello magistrale o al liceo artistico. Solo chi finiva il liceo classico poteva iscriversi a qualsiasi facoltà universitaria. Chi aveva fatto lo scientifico non poteva entrare a lettere o a giurisprudenza. Chi terminava un istituto tecnico era ammesso solo a economia e commercio o a scienze statistiche.

Nel corso degli anni Sessanta questo sistema è stato tuttavia profondamente cambiato. Innanzitutto nel 1962 con l’approvazione della legge di riforma che aboliva la distinzione tra scuola media e l’avviamento e istituiva una scuola media unica. In secondo luogo con la legge dell’11 dicembre 1969, che consente ai diplomati di tutte le scuole medie superiori di iscriversi a qualsiasi facoltà universitaria. Veniva così superata per la prima volta nella storia d’Italia, la dicotomia tra scuole pre-universitarie e scuole pre-professionali. Il sistema scolastico veniva democratizzato ed aperto.

(dal manuale di Sociologia di Anthony Giddens)

La violenza tra coniugi

Murray Straus ha sostenuto che la qualifica di genitore garantisce una “licenza di picchiare” e che il “certificato di matrimonio autorizza le percosse” . L’accettabilità culturale di queste forme di violenza dometica è espressa dalla vecchia canzoncina:

A woman, a horse and a hickory tree,
The more you beat’em the better they be.

(Uma donna, un cavallo e un noce
più li percuoti, meglio è).

Nell’ambiente di lavoro e in atri contesti pubbici si osserva la norma generale che proibisce di picchiare qualcuno, non importa quanto il suo comportamento sia stato riprovevole o irritante. Ciò non vale all’interno della famiglia. Molte ricerche hanno dimostrato che una percentuale significativa di coppie ritiene che in alcune circostanze matrattare fisicamente il proprio coniuge sia legittimo. Circa il 25 per cento degli americani di entrambi i sessi pensa che il marito possa avere le sue buone ragioni per picchiare la moglie: Una percentuale alquanto più bassa crede che questa regola valga anche nel caso inverso [ Greenblat 1983].

La vioelnza familiare, tuttavia, riflette anche modelli di comportamento più generali. Molti dei mariti che picchiano mogli e bambini hanno precedenti di violenza in altri contesti. Uno studioc ondotto da Jeffrey Fagan e dai suoi collaboratori [1983] su un campione nazionale di mogli picchiate dai mariti ha dimostrato che più della metà di questi ultimi si comportava in modo violento anche con altri. Oltre l’80 per cento degli uomini in questione aveva addirittura subito almeno un arresto per episodi di violenza extradomestica [Fagan, Stewart e Hansen 1983].

dal manuale di sociologia di Anthony Giddens, che sto leggendo al ritmo di 10 pagine a mese , conclusione prevista nel 2014, insieme al collegamento ferroviario tra Venezia e l’Aeroporto di Tessera (7km).

Devianza e ordine sociale

Io questo Giddens lo adoro.

Il prezzo pagato da una società che lascia considerevole spazio alle attività non conformiste deve essere la “devianza distruttiva” ? In cambio delle libertà individuali concesse ai cittadini , ad esempio, una società deve forse accettare alti tassi di criminalità violenta ? Certamente alcuni ritengono di sì , sostenendo che i delitti violenti sono inevitabili in uan società nela quale non vige una rigida definizione di conformità. Ma questo punto di vista non regge ad un esame accurato. In alcune società che riconoscono un’ampia gamma di libertà individuali e tollerano le attività devianti (come quella olandese)  i tassi di criminalità violenta sono bassi. Quei paesi dove, al contrario, l’ambito della libertà individuale è ristretto (come alcune società latinoamericane) , possono presentare alti livelli di violenza.

Una società tollerante verso il comportamento deviante non deve necessariamente andare incontro alla disgregazione. Questo risultato probabilmente può essere raggiunto solo se le libertà individuali sono accompagnate dalla giustizia sociale, cioè nel contesto di un ordine in cui le disuguaglianze non siano troppo ampie e lintera popolazione abbia la possibilità di condurre una vita piena e soddisfacente. Se la libertà non è bilanciata dall’uguaglianza e se molti considerano irrealizzata la propria vita, il comportamento deviante ha molte probabilità di orientarsi verso scopi socialmente distruttivi”.

I reati dei colletti bianchi

L’espressione “reati dei colletti bianchi” fu introdotta da Edwin Sutherland (1949) e si riferisce alle azioni delittuose commesse da coloro che appartengono ai settori più benestanti della società. La definizione copre molti tipi di attività criminose, comprese le frodi fiscali, le pratiche illegali di vendita, le truffe assicurative e immobiliari, le appropriazioni indebite, la produzione e la commercializzazione di merci pericolose e l’inquinamento ambientale illecito, oltre al semplice furto . [..] Gli sforzi fatti per scoprire i reati dei colletti bianchi sono generalmente abbastanza limitati, e soltanto in rare occasioni coloro che vengono colti in fallo finiscono in prigione . Un esempio lampante del diverso trattamento giudiziario riservato a questi reati rispetto a quelli “ortodossi” ci è dato da un caso avvenuto negli Stati Uniti. Un socio di una società d’intermediazione con sede a New York fu riconosciuto colpevole di speculazione illegale attraverso alcune banche svizzere per una somma pari a venti milioni di dollari. Ottenne la sospensione dell apena detentiva e fu condannato a pagare una multa di trentamila dollari . Quello stesso giorno comparve davanti al medesimo giudice un fattorino nero disoccupato che aveva rubato un televisore del valore di cento dolari e che per questo fu condannato ad un anno di carcere [Napes 1970].

(dal libro “Sociologia” di Anthony Giddens, ed. 2003 non più in vendita – la versione in vendita che ho acquistato la settimana scorsa , “Fondamenti di sociologia”, di 1/4 delle pagine di questo, è di difficile lettura perchè troppo concentrata).

L’anomia come causa del crimine

Merton ha modificato il concetto di anomia riferendolo alla tensione cui è sottoposto il comportamento individuale quando le norme accettate dal soggetto entrano in conflitto con la realtà sociale. Nella società americana – e in una certa misura in altre società industrializzate – i valori generalmente accettati enfatizzano il “farsi strada” , il “fare soldi” e così via: in poche parole il successo materiale. Si suppone che il raggiungimento di tali obiettivi passi attraverso l’autodisciplina e il duro lavoro. Secondo questa convinzione , chi lavora veramente sodo può avere successo indipendentemente dal suo punto di partenza nella vita. In realtà non è così, perchè la maggior parte di coloro che partono svantaggiati ha possiblità di avanzamento molto limitate. Quelli che non “riescono”, però, si vedono condannati per l’apparente incapacità di ottenere successi materiali  . In questa situazione sono forti le pressioni che spingono a “farsi strada” in ogni modo, legittimo o illegittimo che sia.

(dal meraviglioso libro “Sociologia” di Anthony Giddens, che sto leggendo al ritmo di 100 pagine all’anno ma consiglio vivamente a tutti).