Un commento sull’incidente ferroviario in Puglia

Dico la mia, da appassionato ed in qualche modo competente , almeno per le tematiche di base, in tema di circolazione dei treni e del tragico incidente avvenuto ieri in Puglia.

I sistemi di circolazione come quelli del blocco telefonico sono più soggetti all’errore umano del più recente SCMT (Sistema di Controllo Marcia Treno), che deve essere attivato con ingenti investimenti sia sul circuito dei binari che su tutti i mezzi che circolano sulla linea . Tuttavia senza l’errore umano questi sistemi funzionano. Era ed è sempre opportuno investire in sistemi di sicurezza passiva, ovvero che funzionano senza l’intervento dell’uomo . Non è sempre stato così però.

Diverso fu il caso dell’incidente di Crevalcore o ancora peggio del deragliamento del Pendolino a Piacenza : https://it.wikipedia.org/…/Incidente_ferroviario_di… . In particolare si legge : “La Polizia ferroviaria evidenziò nelle indagini che dal 1999 al 2004 sulla stessa linea ferroviaria si erano già verificati altri cinque casi classificati come “SPAD” (incidenti derivanti dal superamento di segnali disposti a via impedita) per errore del personale di condotta, di cui ben quattro avvenuti tra i mesi di gennaio e febbraio a causa della fitta nebbia. Uno di questi episodi coinvolse proprio lo stesso treno IR 2255, che il 18 dicembre 2000 aveva superato il segnale rosso (di via impedita) a Poggio Rusco. Tali eventi non avevano comportato alcuna conseguenza fatale soltanto perché non avevano coinvolto alcun treno viaggiante in senso opposto sullo stesso binario.”

Qui c’è un problema diverso, più grande, e di cui non si parla MAI in questo paese, ovvero la possibilità per il lavoratore , a conoscenza di possibili pericoli per i destinatari del proprio servizio (passeggeri trasportati, futuri pensionati, malati in ospedale, ecc.) di ESSERE TUTELATI e non licenziati o subire mobbing sul posto di lavoro quando , a conoscenza di situazioni di pericolo, le denunciano pubblicamente. Questa tutela non c’è in Italia, nè formalmente, nè praticamente. Il caso degli autisti TPL a Roma, dopo l’intervista a PresaDiretta, ma anche quello dei ferrovieri (!) che denunciarono a Report la mancanza di sicurezza per il malfunzionamento di luci sulle locomotive e sulle carrozze di coda e nelle lunghissime gallerie della Bologna-Firenze , vennero licenziati (e riassunti dopo anni di cause legali GRAZIE alla Magistratura e CONTRO il datore di lavoro).

Le indecenti condizioni del regionale 1703 Milano-Venezia

Oggi (Domenica) sono stato a Brescia, in treno , per il prelievo per il MELISA test. All’andata, il viaggio sul carissimo Frecciabianca (ex Intercity che però costano quasi il triplo rispetto a quando erano Intercity, con tempi di percorrenza invariati rispetto a 15 anni fa) è andato bene. A Brescia cadeva qualche goccia, ho perso il bus per un attimo e così mi sono fatto una bella passeggiata . Purtroppo la domenica alle 8.30 del mattino Brescia non ha un aspetto propriamente rassicurante, un po’ come Padova.

Erano in bella vista i numerosi cantieri per la costruzione della metropolitana cittadina, la riqualificazione di Piazza Vittoria (dove ho preso un ottimo cappuccino ) , Piazza del Mercato (dove bivaccava in una panchina un signore) e ….la StraBrescia, la maratona cittadina, purtroppo in una giornata uggiosa.

Il ritorno in treno è stato scandaloso. Iniziamo con il dire che il regionale “veloce” 1703 , che c’è solo la domenica, Milano-Venezia, non era presente in nessun display, nè in alcun monitor in stazione. Un treno-fantasma. Solo se si comprava il biglietto lo si trovava . Ed eccomi arrivare in stazione al binario 1 con un treno fermo. Era il mio treno ma come saperlo ? Da anni non ci sono più i cartelli che indicano il percorso del treno (es. Venezia-Bologna) nella carrozza di testa e di coda . La capotreno è in fondo al treno, le urlo ma non mi sente. Chiedo a due tizie (credo moldave) se va a Padova e mi dicono che mi trovo a Brescia (grazie).

In carrozza , vecchia di almeno vent’anni, le sospensioni erano talmente logorate che letteralmente saltavamo . Si è rotto anche il riscaldamento a San Bonifacio mentre tutti i sedili erano sporchi. Credo che le Regioni paghino euro puliti per avere treni puliti. E’ questo che ci meritiamo ?

Sulla TAV Torino-Lione

Sono sempre stato a favore dell’alta velocità, fin dal 1995. C’è però una domanda semplice che fa cadere tutto: quanti treni merci girano sulla TAV esistente, la Torino-Napoli , a tre anni dall’inaugurazione ? ZERO. Quanta parte di merci dopo l’avvio della tav è stata spostata su ferro ? Abbiamo perso ancora traffico su rotaia. Quindi ?

Ferrovie italiane meno sicure d’Europa. Ma Moretti diceva….

Nel rapporto dell’Agenzia nazionale per la sicurezza nelle ferrovie vengono esposte grandi preoccupazioni per la grave carenza della manutenzione del materiale rotabile e delle infrastrutture (ovvero praticamente tutto) gestito da RFI e Trenitalia.
L’articolo apparso sul Fatto Quotdiano spiega che i dati forniti dall’Agenzia sfatano anche un altro tenace luogo comune del mondo dei binari e cioè che le Ferrovie italiane siano le più sicure d’Europa. I confronti internazionali indicano che gli incidenti totali sui binari italiani sono da un paio d’anni più numerosi di quelli avvenuti in Inghilterra, Spagna, Germania e Francia. Peccato che Moretti (due milioni di euro all’anno di stipendio) abbia sempre detto che le nostre ferrovie erano le più sicure d’Europa . Se volete farvi un’idea dello stile, leggete la sua intervista “Mia ossessione è dare di più al cliente senza aumentare i prezzi“. Dottor Moretti, vorremmo avere i treni sui binari quando dovrebbero esserci, e vengono soppressi. Vorremmo vedere treni regionali non composte da due automotrici diesel per 300 viaggiatori, come avviene giornalmente sulla Padova-Monselice-Mantova o sulle linee per Bassano e Belluno/Calalzo. Non vorremmo vedere treni regionali che impiegano tre ore per percorrere 230km tra Padova e Milano quando quindici anni fa impiegavano oltre mezz’ora in meno, non vorremmo vedere Intercity cancellati e intere tratte, come Padova-Rimini, accessibili solo a ricchi visti i prezzi esorbitanti degli unici treni rimasti , Frecciabianca e Frecciargento, oppure in 6 ore di percorso per 250km , tanto sono stati rallentati i regionali rimasti , dove si viaggia perennemente in piedi il fine settimana.

Lo scandalo del servizio regionale ferroviario da terzo mondo

Ieri pomeriggio, il regionale 6421 delle 15.19 per Mantova, partito peraltro da Padova, stazione di origine , con oltre 20 minuti di ritardo.

Ieri pomeriggio, mentre aspettavo il Regionale Veloce per Milano delle 15.40 (giunto a Verona Porta Vescovo con 15′ di ritardo su 56′ di percorso), ho visto il regionale per Mantova. Una sola automotrice diesel, costruita intorno al 1979 (fate i vostri conti su comfort, vibrazioni, emissioni inquinanti) per un viaggio che può durare fino a 2 ore e 30′ per percorrere circa 120km.  Se per caso una comitiva di amici decide di prendere il treno a caso, rischia di rimanere in piedi per ore.
La linea Padova-Mantova è stata elettrificata pochi anni fa nel tratto Monselice-Mantova, eppure questo è un treno diesel.  E’ questo il rispetto per l’ambiente (e la salute dei cittadini che ne è direttamente correlata) e l’efficiente utilizzo delle risorse di cui parlano i nostri politici della Regione Veneto (che ha scelto Trenitalia come fornitore del servizo regionale ferroviario) con continui rinvii dell’avvio del sistema metropolitano ferroviario, annunciato 13 anni fa ?

 

C’è il mercato e puoi scegliere.

Arrivo in stazione a Padova alle 13.45 e aspetto un treno per Venezia. Il primo treno , uno dei 4 regionali rimasti (ce n’era uno ogni ora fino a 5 anni fa) tra Milano e Venezia, è alle 14.22. In mezzo un intercity e 4 , dico 4 tra Frecce di vario colore ecc. Il mio regionale è annunciato prima 15, poi 20, poi 25 minuti di ritardo, il biglietto costa 2,90 euro (sono arrivato a Venezia alla fine con un regionale Bologna-Venezia , alle 15.05, per inciso). Ci sono prezzi e servizi di mercato, posso scegliere. Posso scegliere un Frecciarossa, che mi porta a Venezia in 5 minuti in meno, e pagare 14 euro in seconda classe. No, la verità è un’altra: hanno tagliato il 50% dei treni non Frecciaqualcosa (in particolare appunto i vecchi interregionali Milano-Venezia) , e quei treni tra cui potevo scegliere non ci sono più. Sono rimasti i Bologna-Venezia (forse perchè la Regione Emilia-Romagna , a differenze di Veneto e Lombardia , i soldi per pagare i treni regionai li caccia fuori), ringraziando il cielo. I prezzi di mercato sono quasi 5 volte più cari. FANCULO ITALIA.

E da oggi il bonus per ritardo sui treni viene dato solo oltre i 60 minuti di ritardo

Da oggi il bonus per ritardo sugli Eurostar viene dato solo oltre i 60 minuti di ritardo. Certo, aumenta il prezzo dei biglietti (in media del 17,8 per cento in seconda classe) e diminuiscono i casi in cui viene dato il bonus per ritardi. Moretti, sfacciato e senza pudore. “Prezzi nuovi per servizi nuovi”, come il collegamento Torino-Venezia che non c’è più (obbligo di cambio a Milano con aumento del prezzo del 30%) , come i Torino-Bologna, l’aumento di percorrenza dell’Intercity Venezia-Bari (che tra Padova e Mestre impiega 26 minuti, più dei regionali Venezia-Bologna).
Mentre in Spagna è previsto il rimborso integrale del biglietto sui treni AVE per un ritardo superiore ai5 minuti, qui sono queste le novità introdotte dal management. In un paese normale, chi di fronte ad un servizio scadente adotta questi escamotages per spendere meno soldi in rimborsi, sarebbe costretto alle dimissioni.

Da noi invece è osannato come uno che “ottiene ciò che vuole”, un vero manager. Tanto guida un’azienda privata, non un azienda che svolge un servizio pubblico ed il cui principale azionista è il Ministero dei Trasporti !

Nel 2007 i prezzi sono aumentati del 10% in gennaio una prima volta e un ulteriore 10% in ottobre, dal 1 gennaio 2008 sono aumentati del 15%, senza parlare di quanto è avvenuto agli abbonamenti, aumentati anche del 100%.

Adesso, dal 13 dicembre 2009, rincari variabili , in media del 17,8% in seconda classe ma che toccano il 33% tra Bologna e Firenze ed il 40% della tratta Como-Milano.

Nella foto qui sotto, l’intercity- scandalo (lentissimo, che arriva spesso a Bologna da Ferrara con 15 minuti di anticipo) Venezia-Bari, fotografato a Rimini.

Il trasporto ferroviario in Veneto: da terzo mondo.

Arrivo da un viaggio normale su un treno normale da Venezia Mestre a Padova: dopo gli allungamenti di percorrenza introdotti un paio di anni fa, 37 minuti per percorrere i 29 km della linea “lenta” , quella costruita un secolo fa e che consente i 160km/h, su un nuovo treno regionale TAF . Questa è la situazione dei treni regionali in Veneto: tempi di percorrenza allungati a dismisura, soste di 3-4 minuti nelle stazioni, e nessun miglioramento nelle coincidenze a Mestre. Perchè per andare da Padova a Treviso (60km) si impiega oltre un’ora perchè si aspettano quasi 30 minuti a Mestre, ogni ora a tutte le ore del giorno !
Fino a un anno fa , la scusa era: la precedenza viene data ai treni Intercity, ci sono solo due binari tra Padova e Mestre. Oramai è da due anni che di binari ce ne sono 4 ma gli orari non sono cambiati per niente !
Stessa situazione per raggiungere Trieste: più di mezz’ora di attesa a Mestre.
Mentre i treni regionali del Veneto viaggiano a velocità medie di 50-60km/h su linee che consentono i 140-160km/h nel disinteresse della Regione Veneto (che compra i servizi da Trenitalia), grandi slogan sui giornali per l’Alta Velocità. Da domani aumentano i biglietti di tutti i treni esclusi i regionali , del 15%.
Si parla di metropolitana di superficie da troppi anni, mentre la Regione non ha ancora comprato nessun nuovo treno per avviare il servizio. Rimane a binario unico l’unico pezzo di meno di un kilometro tra Padova e Vigodarzere (linea Padova-Castelfranco) che si doveva raddoppiare. E per andare da Padova a Vicenza su un treno che non sia un regionale che impiega il doppio di quanto non impiegassero gli interregionali ora soppressi qualche anno fa, si spendono 12 euro in seconda classe per percorrere 30km !. Sarebbe questa l’attenzione della Regione per i cittadini “normali” ?

I pendolari e la Milano lontana

dal “Corriere” del 15 giugno.

Le foto invece si riferiscono allo scandaloso regionale Padova-Venezia delle 12.37 che ho preso domenica. Due soli vagoni di due automotrici che hanno oltre trent’anni, che vanno a nafta su una linea a 4 binari elettrificati, che consente velocità massima di 220km/h. Questo perchè la Regione Veneto ha altro a cui pensare.

SAN ZENONE AL LAMBRO (Milano) – In que­sta stazione non si vendono biglietti. Non c’è un ad­detto delle ferrovie, né una macchina self service. Avendolo comprato prima, il biglietto comunque non si può timbrare: l’obliteratrice è fuori uso. Per ripararsi dal sole, c’è una sala d’aspetto imbrattata di scritte, con una pozza di orina rappresa in un an­golo. Bagni ce ne sarebbero, due. Ma le porte sono sbarrate. Dalla fessura si intravedono due «turche» incrostate e coperte di immondizia. San Zenone al Lambro, 25 chilometri a Sud della Milano dell’Expo, è la più desolata tra le 409 stazioni della Lombardia. È anche un tempio, dedicato alla vita amara dei pen­dolari. Un esercito di 500mila viaggiatori che si spo­sta ogni giorno nella regione. Quelli dei vagoni spor­chi. Dei ritardi. Delle soppressioni. Il 4 giugno scor­so, a San Zenone, il treno delle 7.49 arriva un po’ in ritardo. E un giovane pendolare sorride: «Questo non è niente. Saliamo e vi dimostro perché i pendo­lari sono cittadini di serie B. Anzi, di serie Z. Non ci credete? Basta guardare fuori dal finestrino».

Il gigante che arranca
In viaggio verso Milano. Percorrendo la rete più affollata d’Italia: la Lombardia è attraversata da 1.920 chilometri di binari, oltre un decimo dell’intero Paese. E assorbe il 17 per cento del traffico ferroviario nazionale; 1.800 treni al gior­no fra Trenitalia e Ferrovie Nord. Un sistema doppio rispetto alla Svizzera. Organizzato a rag­gi, con la maggior parte delle 36 direttrici che confluisce su Milano. Sono i numeri di un siste­ma che lì, intorno alla metropoli-epicentro, sta esplodendo. Ogni mattina i pendolari che rag­giungono il capoluogo in treno sono 200 mila. E lo fanno tutti tra le 7 e le 9. Come trasferire in due ore l’intera popolazione di Brescia. Per que­sto la densità di traffico su Milano è quadrupla rispetto alla media italiana. Esempio: sulla linea da Bergamo i treni viaggiano spesso carichi fino a due volte e mezzo la capienza. Conseguenza: viaggi infernali e rischi per la sicurezza. Ecco cosa sono le ferrovie lombarde, un gigan­te con l’acqua alla gola. Un sistema talmente satu­ro da vivere il punto di rottura come condizione quotidiana. E la rottura, puntuale, arriva. L’ulti­ma, venerdì scorso: «Ho totalizzato 3 ore e 20 mi­nuti per fare i soliti 70 chilometri che di solito copro in 1 ora e 20 – racconta Emilio Bianchi -. Tutti i treni S5, S6 e regionali per Novara, Va­rese e Domodossola erano in ritardo o cancellati. La cosa peggiore, nessuna informazione». In mezzo al caos, si distingue però una linea netta. Quella che divide una minoranza di «privilegia­ti » (Freccia Rossa ed Eurostar) e una maggioran­za, 90%, di pendolari «abbandonati e arrabbiati». «L’alta velocità attrae gli investimenti – attacca­no i comitati – mentre il trasporto regionale è al tracollo». È per capire la differenza tra le «due caste» che bisogna affacciarsi dal treno partito da San Zenone al Lambro.

La beffa dell’alta velocità
«La vede quella?», sorride il pendolare-guida. «È la Tav. Per noi, la peggiore delle beffe». La nuova linea dell’alta velocità si snoda a pochi me­tri dai vecchi binari. Il confronto è lì da vedere. Spietato: il Freccia Rossa che parte da Bologna alle 8.24, arriva a Milano alle 9.29. Per percorrere 210 chilometri, impiega un’ora e 5 minuti. Accan­to arranca invece il regionale che da San Zenone, dove passa alle 7.59, approda nel capoluogo alle 8.55. Fa un decimo della strada, 25 chilometri. Ma ci mette un minuto in più, un’ora e 6 minuti. «Per anni – attacca Ettore Fittavolini, storico rappresentante dei pendolari Piacenza-Milano – ci hanno promesso che con l’alta velocità la nostra vita sarebbe cambiata». Il ragionamento filava (all’apparenza): i treni veloci si spostano sui nuovi binari, la vostra linea si decongestio­na, avrete più servizi e treni più rapidi. «Invece è successo il contrario – sbotta Fittavolini -, i nostri regionali scassati impiegano in media 10 minuti più di prima». Sembra incredibile. Invece è così: sui «nodi», quando al confine di Milano i treni superveloci lasciano i loro binari riservati e si immettono su quelli comuni, hanno la prece­denza. E gli altri? Che aspettino.

I guasti quotidiani
Dice la metafora: la Lombardia è una delle lo­comotive dell’economia europea. Però non tutti sanno che qui, in Lombardia, di vere locomotive se ne rompono in media 3 o 4 al giorno (dati Tre­nitalia). Dal 2 al 9 maggio, media di 2 guasti al giorno. La settimana prima, più di 4. Significa migliaia di persone bloccate in stazione, o in mezzo ai campi della Bassa. Come accade sul Mi­lano- Pavia dell’8 giugno: quasi un’ora per fare un tragitto di 23 minuti. Davanti a chi perde ore di lavoro, non si può azzardare il ragionamento che le performance attuali di Trenitalia (rispetto ai 1.264 treni al giorno) sono in miglioramento: nella settimana orribile del trasporto lombardo, la prima di gennaio 2008, andarono in tilt quasi 9 locomotive al giorno. È qui il male dei mali. Trent’anni di mancati investimenti hanno lasciato in eredità un parco treni con età media di 27 anni (Trenitalia) e 32 anni (Ferrovie Nord). Dei 105 nuovi treni acquistati dalla Regione, con una spesa di 787 milioni, finora ne sono stati consegnati soltanto 39. E dall’anzianità dei mez­zi discende una serie di conseguenze disastrose. Primo, la sporcizia. Tanto che tra le pendolari cir­cola un comandamento: mai pantaloni bianchi. «Altrimenti ti presenti in ufficio con l’ombra marroncina dei sedili sul sedere». Ancora: «In estate l’incubo è il treno-forno – spiega Giorgio Dahò, rappresentante dei comitati lombardi -. I problemi con i condizionatori sono all’ordine del giorno. Almeno ci permettessero di riaprire i finestrini che sono stati sigillati». Inconvenienti peggiori: il Milano-Laveno del 18 maggio si fer­ma a Morosolo, le porte però non si aprono, il treno riparte con i passeggeri «prigionieri».

Il fronte della protesta
È stato un inverno di sciopero bianco dell’ab­bonamento e sciopero vero del biglietto (da No­vara a Magenta). Ora parte l’estate delle battaglie legali. Causa pilota: a fine 2008 il giudice di pace ha riconosciuto il «danno esistenziale» a un pen­dolare piacentino. Come quella, sempre da Pia­cenza, altre 6 azioni sono partite e 27 scatteran­no a breve. Qualcuno sta andando oltre: «A gior­ni depositeremo le nostre cause al tribunale civi­le », racconta Matteo Casoni, del comitato inOra­rio Mantova-Cremona-Milano: saranno più di trenta azioni legali, in accordo con Federconsu­matori, fatte da viaggiatori di Cremona, Piadena, Pizzighettone. Infine, l’avvocato Angelo Musicco depositerà oggi gli atti di tre cause al giudice di pace di Milano, Lodi e al Foro del consumatore. «Il pendolare – spiega Musicco – è schiacciato da un potere che lo fa vivere male e se ne disinte­ressa ». È la pseudo- class action che sale in ordi­ne sparso dalla pancia della Lombardia. Le ulti­me tre cause arrivano da San Zenone al Lambro. Stazione desolata. Per pendolari che si ribellano.
Gianni Santucci
15 giugno 2009

Tutto vero. Confermo.

dal magazine del “Corriere”

Nel grande salone della Stazione Centrale di Milano non funziona neanche un orologio. Parte degli ambienti è imballata da tendoni e transenne. Su tutto spicca un gigantesco cartellone di pubblicità del film La mummia. I lavori sono in corso dal 2005 (costo previsto 120 milioni di euro). Gruppi di viaggiatori, molti gli stranieri, si aggirano cercando l’uscita giusta per la metropolitana, i taxi, il pullman per Malpensa. Ai binari è in corso la solita caccia al tesoro per trovare una macchinetta obliteratrice che funzioni. Non è il massimo come accoglienza nella futura città dell’Expo. Ma prestissimo, assicurano le Ferrovie dello Stato e Grandistazioni, Milano centrale diventerà la porta d’accesso alla “nuova frontiera del viaggiare”. Dal 13 dicembre, tra 66 giorni, come le Fs annunciano da mesi con i due totem del conto alla rovescia a Milano e a Bologna (e persino con email ai possessori di Cartaviaggio), per percorrere i 182 chilometri che tagliano la pianura padana basterà un’ora. Per arrivare a Roma ne occorreranno 3 e 40 minuti (3 ore e mezza per il no-stop), che si ridurrano a 3 alla fine del 2009. Ci sono voluti oltre 30 anni (e 45 milioni di euro a km) per concludere una vicenda iniziata a metà anni Ottanta, sotto la gestione di Ludovico Ligato, quando si costituisce la Sistav-Italferr Spa per creare infrastrutture per l’alta velocità. Nel 1991 nasce la Tav Spa (società pubblica al 40% e privata al 60%), per costruire otto tratte di AV con un investimento di oltre 26 miliardi di lire. È una storia molto italiana, questa, ricostruita nel marzo scorso in un’audizione al Senato dal presidente e dall’ad delle Ferrovie dello Stato Spa, Innocenzo Cipoletta e Mauro Moretti, fatta di costi che lievitano all’infinito, grazie al sistema dei general contractors (ovvero un concessionario committente che può trarre vantaggio dal fatto che i lavori siano più lenti e costosi possibile), varianti, compensazioni alle amministrazione locali, milioni di euro che si trasformano in debito pubblico. «Credo che se nel 1991 ci avessero detto che l’alta velocità andava realizzata tutta con denaro pubblico, ci avremmo riflettuto bene», commentò un senatore. Ma tant’è. Tra un paio di mesi per i 16.335 chilometri delle ferrovie italiane (di cui 9.282 a binario unico) inizierà ufficialmente l’era della doppia velocità: quella alta, tra Milano e Napoli, tratta su cui attualmente si concentra il 45% dei passeggeri, e quella bassa, che riguarda principalmente i due milioni di pendolari. Realtà che corrono parallele su binari, è il caso di dirlo, che non si incrociano mai.

Con la liberalizzazione ferroviaria in Europa del 2010 e l’imminente arrivo dei privati (vedi pag. 53) cambieranno le abitudini dei viaggiatori. È già successo nei paesi europei che hanno investito sul trasporto di uomini e merci su rotaia: secondo la Uic (Unione internazionale ferrovie, l’organismo internazionale che riunisce le aziende ferroviarie del mondo) in Francia dal 1995 al 2006 l’aumento dei passeggeri è stato del 42%, in Spagna del 32, in Germania del 23. I confronti tra noi e il resto del mondo sono impietosi. Berlino ha un servizio ferroviario suburbano dal 1930 con una rete per l’area metropolitana di 3000 km. A Francoforte è di 1500, a Parigi di 1400, contro i 188 di Roma dove da vent’anni si discute di anello ferroviario e i 180 di Milano dove il Passante, iniziato nel 1984, non è ancora finito. La Ue punta sulla rotaia. E alcuni paesi si attrezzano: il trasporto di merci su ferrovia in Germania tra il ’95 e il 2006 è aumentato del 30%, da noi, dove si continuano a costruire autostrade come la Mantova-Cremona, è diminuito del 6% (mentre il grande genio del Governatore della Regione Veneto Galan non pensa mai alla ferrovia quando si parla della A4 intasata di TIR, ma di una eventuale quarta corsia, ma tanto è stravotato e adorato dai veneti e dalle venete! , ndR) . Ma cosa deve aspettarsi il viaggiatore in Italia dal 13 dicembre, dopo il grande concerto rock previsto per l’inaugurazione della nuova Centrale di Milano? Le incognite sono ancora molte e fino al 30 ottobre, data della conferenza stampa annunciata da Trenitalia, resteranno tali. Innanzitutto i prezzi. I nostri, nonostante gli aumenti (un Eurostar Milano-Roma in II classe costa 59 euro, nel 2001 ne costava 46,48), le tariffe, soprattutto dei treni tradizionali, restano basse, frutto della logica: «paghi poco, pretendi meno». Moretti ha detto che aumenti ci saranno, a partire dalla tratta Milano- Bologna, «anche se non al livello di Francia e Germania», e che l’alta velocità «deve essere un servizio di massa», smentendo una previsione dell’Economist: «L’AV è il modo futuro di viaggiare dei ricchi europei, mentre i poveri useranno i voli low-cost con livelli di comfort molto inferiori ». Certo, si pagherà di più: se ne sono accorti gli abbonati della tratta AV Napoli-Roma, già attiva, che hanno iniziato a utilizzarla con l’abbonamento Intercity di 160 euro (in seconda) più coupon da 2 euro a viaggio, salvo scoprire dopo poco che era salito a 5.

Il sistema sarà completato nel 2009 quando saranno terminate, secondo le previsioni, anche le firmatissime stazioni AV: Napoli Afragola (15 km dal centro della città) progettata da Zaha Hadid, Firenze Belfiore (Norman Foster e Ove Arup), Torino Porta Susa (Gruppo Arep), Roma Tiburtina (Paolo Desideri), Bologna (Arata Isozaki). A quel punto si capirà se le previsioni di Fs (incremento di passeggeri sulle tratte nobili, miglioramento del servizio per i pendolari grazie alla liberazione delle tratte) si avvereranno. I diretti interessati, i pendolari, ne dubitano. Uno dei rischi, segnalato dallo stesso Cipoletta al Senato, è che, liberate le tratte, manchino i treni. Come per la Milano-Lecco: binari finiti, dopo 30 anni di lavori, treni inesistenti. Mancano i soldi, paradosso per un’azienda che di denaro pubblico ne ha consumato a fiumi. Occorrono 6 miliardi e mezzo per l’acquisto degli attesi 1000 nuovi treni per i pendolari. E i nuovi Etr600 e 610 sono costosissimi. In compenso la Corte dei conti in maggio ha reso noto l’importo del trattamento di fine rapporto dell’ingenger Elio Catania: 8.535.089,69 euro, oltre due milioni in più rispetto alla liquidazione di 6 milioni e 7 che spettò a Giancarlo Cimoli quando lasciò Fs per Alitalia

Così sulle tratte dei pendolari circolano treni vecchi, sporchi, affollati fino all’inverosimile. E incredibilmente lenti. In Lombardia, dove la Regione (con il decreto Bassanini le competenze relative al trasporto ferroviario locale sono state trasferite dallo Stato alle Regioni che stipulano contratti con i concessionari, in primo luogo Trenitalia) ha già annunciato aumenti intorno al 10% per il 2009, arriva in ritardo un treno su tre. La stessa percentuale indicata dal Censis: un terzo dei treni parte e arriva in ritardo, in media di 16 minuti per spostamento. Su alcune tratte l’effetto lumaca è assicurato: Roma-Viterbo, un’ora e 50 minuti per 80 km, Trento-Venezia, più di 3 ore per 148 km, Terontola- Perugia tre quarti d’ora per 39 km. Poi ci sono i treni-incubo come il Mantova-Milano delle 5.25 capace di arrivare dopo oltre 2 ore e mezza di viaggio. Per non parlare delle tratte a sud di Napoli. Da Palermo a Trapani, 107 km di distanza, occorrono, se va bene, 2 ore e 20 minuti, ma ci sono treni che ci mettono anche 3 ore e mezza. Al netto dei ritardi, s’intende. Insieme alla sporcizia, l’affollamento delle carrozze, i ritardi sono l’incubo dei pendolari. Un’indagine di Legambiente basata su dati Censis (Pendolaria 2008) li ha fotografati. Quelli del treno sono tanti (2 milioni, su 13 di italiani che si spostano quotidianamente), in continuo, sebbene lento, aumento, spendono una media di 50 euro al mese, la maggioranza percorre tratte intorno ai 25 km, solo un 4% va da una regione all’altra. Impiegano in media 45 minuti per ogni tragitto. Ultimamente si sono organizzati: sognando la class action, alcuni gruppi pensano a cause per danno biologico, altri auspicano quello che i dirigenti Fs temono: l’arrivo, salvifico, dei tedeschi o dei francesi (ricorda qualcosa?). Ci sono comitati più istituzionali, come la battagliera associazione dei pendolari di Piacenza, che non disdegna consigli pratici (come, per chi va a Milano, di fare l’abbonamento da Pontenure: è più lontano ma costa meno, misteri del federalismo ferroviario), i pendolari di Terni, quelli di Bergamo. Qui le speranze di cambiamento non arrivano: prevale un rassegnato pessimismo. Mortificati dalla rete ferroviaria, cercano il riscatto (caustico) in rete. I più attivi sono Frenitalia, La Repubblica dei pendolari, Fratelli di Tav, Binario Morto, Ritarditalia, sottotitolo: «Tutti i ritardi dei treni minuto per minuto, con la collaborazione involontaria ma indispensabile di Trenitalia», tenuto da un perito informatico, che ha aggiornato le leggi di Murphy («Primo principio del pendolare: Se arrivi alla stazione in orario il treno è in ritardo. Se arrivi alla stazione in ritardo il treno è in orario»). A dispetto della volontà di ammodernamento le Fs restano, in effetti, una fonte di umorismo involontario: a volte memorabile, come lo spot che invitava a fare il biglietto per andare a trovare lo zio Pietro a Matera, città non raggiungibile in treno. O la vicenda surreale dei treni Vivalto in Liguria: acquistati per la linea tra Savona a Spezia, si fermano a Sestri Levante perché troppo alti per le gallerie. O quella dei cani con le pulci proporzionate al peso corporeo.

I treni italiani sono roba da iniziati. Gente che non si stupisce se sulla stessa tratta si possono pagare decine di tariffe differenti grazie a una classificazione di treni e di piani tariffari da mal di testa. Gente che sa che i ritardi si registrano non al momento dell’arrivo del treno al binario, ma nel cosiddetto «segnale di porta», punto che segna l’ingresso nell’area stazione, a un chilometro e mezzo dal binario: così i 15 minuti dichiarati diventano 20. Ne servono 25 sull’Eurostar per ottenere non un rimborso, bensì un bonus del 50% del prezzo del biglietto; con Intercity ed Eurocity, servono 30 minuti per un bonus del 30%; con Espresso ed Intercity notte, per un ritardo di un’ora il bonus è del 30%.

Vallo a spiegare a uno straniero: forse per questo il modulo per i rimborsi è solo in italiano, anzi in “trenitaliano”, la lingua in cui il controllore si chiama personale viaggiante, i treni materiale rotabile e i passeggeri che salgono sul treno l’incarrozzamento. Non è stata un’estate facile per Trenitalia: due incidenti su Eurostar in una settimana a Milano, viaggiatori attaccati da zecche e pulci, la protesta dei passeggeri dell’Eurostar Lecce-Milano per 7 ore di ritardo. Ma l’autunno sembra promettere bene, complice anche la crisi Alitalia che ha provocato il travaso di passeggeri su Trenitalia. A Natale, con il nuovo orario, potrebbe fare il pieno. Peccato che chiamando il call center 892021 vi sentirete rispondere che ancora non si possono acquistare. «Riprovi più avanti, magari in novembre».

Stefania Ulivi