La riflessione di Fulvio Ervas sull’incidente di Musile di Piave

Treviso. Fulvio Ervas, scrittore e insegnate, è l’autore di “Se ti abbraccio non avere paura”, il libro che racconta il viaggio attraverso le Americhe di Franco e Andrea Antonello, padre e figlio, un’avventura tra natura, affetto e autismo, malattia di cui Andrea soffre dalla nascita. Ha conosciuto bene la loro famiglia, e così Alberto,il secondogenito di Franco oggi in ospedale dopo il gravissimo incidente in cui ha perso la vita la sua ragazza Giulia Zandarin. «Ho saputo di quanto era accaduto venerdì sera, sono allibito. Ho provato a chiamare Franco, tuttavia non sono ancora riuscito a parlargli come vorrei».Cosa pensa di quanto accaduto?«È una tragedia immensa, un dolore impenetrabile. L’ennesimo episodio purtroppo della cronaca di una società malata di velocità, di corsa, di ritmi assurdi».Ovviamente non parla di contachilometri…«No, parlo di stili di vita, di quelli che oggi sembrano essere degli obblighi: fretta, eccitazione, ipeconnessione, ipercondivisione, rapidità. La conta dei danni si vede anche il sabato sera, ma non solo nella Marca, ma da nord a a sud Italia. E le prime vittime sono proprio loro: i nostri ragazzi».Un’andatura sempre al massimo che non sanno gestire, o che loro stessi assecondano?«La nostra società non ha più un freno, su tutto, attendiamo che ci vengano consegnati pacchi in un giorno, vogliamo ordinare il cibo con una App, si scambiano foto a ripetizione senza magari pensarci più, viene chiesto di lavorare sempre a massimo regime… questo è il contesto in cui stanno crescendo i nostri figli, che c’è da stupirsi poi che l’eccesso possa essere considerato un gioco, se non ancor peggio una normalità? E a furia di correre purtroppo qualcuno si schianta, è nei numeri».Quello di venerdì mattina però forse si poteva evitare: ad Alberto era stata ritirata la patente ore prima l’incidente ma ha continuato la serata, e a guidare. «Ho letto… vorrei capire cosa è successo e perchè».Lei lo ha conosciuto di persona…«Sì e posso dire di aver sempre avuto davanti un ragazzo assennato e presente».Il web si affretta ad addossare colpe e responsabilità di questa “bravata mortale” anche alla famiglia. Che ne pensa? «Lo escluso, Franco è una persona attentissima e così la moglie. Il rispetto delle regole in famiglia è valore stringente».Allora come si spiega una scelta così dirompente? Tirare dritto, nonostante un ritiro patente, per continuare la serata?«Come detto, credo che quello che la nostra società sta portando nei nostri ragazzi sia lo svilimento della regola. È tutto liquido, tutto opinabile, la norma stessa non viene più percepita come tale. Non si considerano le regole come codificazione utile e necessaria, ma come una “cosa” alle volte nè necessaria nè da condividere. E magari quando si esce da un contesto controllato come la scuola, la famiglia, il lavoro, si eccede con leggerezza».Però scusi, le stragi del sabato sera riempiono i giornali da anni e le bravate le hanno fatte tutti. Gli errori pure. Non è così da sempre? «No, prima noi le facevamo con un motorino, adesso i ragazzi hanno auto da duecento all’ora. Se aumenta la velocità, e parlo di quella della vita, ci si schianta di più. È inevitabile».Soluzioni?«Beh la prima, ovviamente, è cercare ragionevolmente di rallentare; capire cosa conviene fare a noi, non cosa induce a fare il contesto. La seconda è ridare autorevolezza ai mediatori: la famiglia, la scuola, le istituzioni, i giornali, i libri. Interlocutori che danno una visione delle cose ragionata e che oggi vengono screditati, messi sullo stesso piano di un post su facebook che si può commentare, discutere, negare sono perchè si ha una tastiera in mano, e non la competenza per farlo. Rallentiamo, torniamo a far ragionare; così molti limiti saranno ristabiliti,risparmieremo morti inutili e famiglie distrutte».

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