dalla pagina delle lettere del “Mattino” di oggi
A proposito della morte di una giovane immigrata nell’hub di Cona. Ho vissuto a stretto contatto con giovani immigrati in una comunità di accoglienza di 30 ospiti, anche se la casa ne poteva ospitare 15. A Cona le persone ospitate sono oltre il migliaio, e più che alloggiati sono attendati. Di alcuni di loro ricordo ancora il nome, i volti, i sorrisi, le speranze e le paure. Preparavo loro il mangiare, li accompagnavo dal medico e all’ospedale. La loro salute era un po’ nelle mie mani e di quelle, una o due persone , che procuravano i farmaci. Il responsabile della struttura mi rimproverava di essere troppo indulgente con le richieste dei ragazzi, perché lui sarebbe passato sopra su molti dei sintomi che, anche ripetutamente, alcuni di loro lamentavano: come quelli di un giovane nigeriano che giocava certamente bene a pallone, ma aveva sempre male di schiena, a cui poi, dopo vari esami e accertamenti, ( che il responsabile della cooperativa avrebbe omesso ) è stata riscontrata la tubercolosi ossea. Ma anche sulle loro richieste di cibo si doveva passare oltre, perché il pane vecchio era più economico e il cibo scaduto era addirittura gratis! Sulla quantità di cibo anche si lesinava: un giorno sono stato rimproverato di aver dato ai ragazzi troppo pane (vecchio)! Poco Importa se lo Stato pagava, sia pure in ritardo, 35 euro a testa. Non parliamo poi delle cure dentarie talmente costose da assorbire gran parte della diaria. Il massimo da fare, in questo contesto, era togliere i denti, ma non certo ripararli o ricostruirli. La mia esperienza è maturata in una comunità quasi familiare e i problemi di ascolto e attenzione alle persone si manifestavano in tutta la loro complessità! Figuriamoci in una realtà come quella di Cona, dove i milioni di euro si scontrano con una persona che muore sotto la doccia! Chi aveva la responsabilità di quella persona? Chi ne ha raccolto, se mai vi fossero stati, i lamenti? Ma possono essere considerate persone quelle ammassate a centinaia sotto una tenda come animali in un camion di trasporto di bestiame, o come gli ebrei nei campi di concentramento?