99 tariffe diverse per un viaggio in treno Milano-Bologna

http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/treni-tariffe/treni-tariffe/treni-tariffe.html

Treni, viaggio nella Babele dei prezzi
99 tariffe diverse per Bologna-Milano

“FORSE potevate spendere meno”: una trentina d’anni fa questo avviso accoglieva i passeggeri sui treni. Meno attente ai bilanci ma più paterne, le Ferrovie dello Stato si preoccupavano che il viaggiatore non avesse pagato per errore una tariffa eccessiva. E dire che trent’anni fa era quasi impossibile sbagliarsi: appena quattro categorie di treni (locale diretto espresso rapido), due sole tariffe (prima e seconda classe), un solo supplemento (per il rapido), pochissime riduzioni.

Quel premuroso cartello non c’è più: ma chi sale oggi su un treno Fs è quasi certo di aver speso più di quel che avrebbe potuto. Le ferrovie italiane sembrano in preda a una frenesia tariffaria. Non c’entra tanto lo stillicidio dei rincari ufficiali (l’ultimo, dallo scorso primo gennaio) alla rincorsa delle medie europee. Ad attirare il cliente nei tranelli di un prezziario impazzito sono gli aumenti “invisibili”, che sotto le mentite spoglie dell'”offerta flessibile” ti precipitano in un labirinto fatale, dove centinaia di possibili combinazioni prezzo-treno creano una giungla in cui ogni trasparenza commerciale si perde.

Viaggiatori seduti uno accanto all’altro e diretti alla stessa stazione possono pagare tariffe differenti anche del 30 per cento, percorsi su treni locali possono costare più di viaggi identici su treni veloci. Un giovane viaggiatore che debba andare, che so, da Bologna a Milano, può scegliere tra 99 biglietti e 66 livelli diversi di prezzo che salgono dagli 8.90 euro ai 59.30 a scalini di poche decine di centesimi.

Attenzione però: la metastasi dell’offerta bigliettaia non è follia. E’ razionale interesse aziendale. Con le mani legate dal lungo blocco governativo delle tariffe, i dirigenti di Trenitalia si sono sforzati negli ultimi anni di escogitare stratagemmi per aggirare il calmiere e aumentare in qualche modo gli introiti. Il risultato purtroppo è una moltiplicazione artificiosa di condizioni e prezzi a cui non corrisponde una reale diversificazione dei servizi offerti, ma solo un caos contabile in cui il viaggiatore è alla mercé dell’errore, sempre costoso, sempre tutto a suo carico.

La disinformazione colposa contribuisce a trasformare l’acquisto di un biglietto in un percorso pieno di assurdità e di trabocchetti, al termine del quale c’è spesso una multa saporita. I conti di Trenitalia vanno migliorando (perdite scese da 1121 a 279 milioni nel primo semestre 2007), merito senz’altro di una gestione più oculata; ma forse anche un po’ del “tesoretto” accumulato grazie al disorientamento e agli errori involontari dei clienti. Proviamo a capire come.

Che biglietto compro? Sui binari d’Italia attualmente circolano una quindicina di treni dai nomi diversi, dal Regionale all’Alta Velocità, ciascuno con proprie regole d’ammissione e, in undici casi, prezziari differenti. Alcuni sono apparsi e scomparsi fulmineamente (come il TrenOk, vantato nel 2004 come il low-cost dei binari, abolito in sordina un anno fa perché “non economicamente sostenibile”); altri sono stati declassati per risparmiare personale (gli ex Interregionali, ora Regionali Veloci). Che possano esistere quindici qualità differenti di viaggio in treno è una palese assurdità. Scegliere quello giusto è un’impresa sovrumana.

Dove compro il biglietto? Rivolgersi allo sportello, come fanno ormai solo i passeggeri “deboli”, occasionali, non abituati all’acquisto elettronico, non aiuta. Anzi, a volte è un’insidia. Trenitalia si è impegnata, con la Carta dei servizi, a “offrire sempre informazioni puntuali”. Ma se chiedi solo “un biglietto per Milano” ti verrà quasi sempre consegnato senza altre domande il biglietto base, a tariffa regionale: salvo dover sborsare, a bordo, otto euro di sovrapprezzo, più la differenza, perché sei salito su un treno che va effettivamente a Milano, però è un Intercity.

Meglio Internet? Invece le macchinette o la vendita via telefono o Internet vogliono sapere, giustamente, quale treno prenderai. Ma se la fanno pagare bene, la loro precisione. Ordinare un ticketless per via telefonica costa: l’892021 è una linea a pagamento, 30 centesimi alla risposta più 54 al minuto; una prenotazione semplice rincara il biglietto di tre-quattro euro, una appena più laboriosa anche di sette-otto.

Spesso l’operatore del call center, sommariamente addestrato, non sa rispondere a richieste particolari (sconti, facilitazioni) e “deve chiedere”, lasciando il cliente in attesa a sue spese: Trenitalia fa pagare ai viaggiatori i corsi di aggiornamento dei suoi operatori.

L’acquisto via Internet invece è gratuito, ma ingannevole. La prenotazione del posto (3 euro) è addebitata automaticamente anche quando non è obbligatoria (per non pagarla bisogna disattivarla da una finestra poco evidente). Le combinazioni proposte sono solamente le più veloci, ovvero le più costose. Chi ha tempo e vuole risparmiare potrebbe viaggiare su combinazioni di espressi e regionali, ma spesso non se le vede mostrare. Le trova invece sul formidabile sito Internet delle ferrovie tedesche, che conosce l’orario di quelle italiane meglio del sito di Trenitalia, visto che quasi sempre trova più proposte di viaggio.

Sono flessibile o rigido? In alternativa al biglietto standard, Trenitalia offre una tariffa più economica (Amica, meno 20%) e una più costosa (Flexi, più 20%). Ma l’Amica è poco amichevole (se perdi il treno niente rimborso), mentre la Flexi è poco più flessibile: di fatto, ti fa risparmiare gli 8 euro del cambio biglietto nell’eventualità che tu perda il treno; ma su un Milano-Roma in Eurostar la Flexi ti costa 11.20 euro in più: è l’unica assicurazione al mondo il cui massimale sia inferiore al costo della polizza.

E se tengo famiglia? Le nostre tariffe non sono sempre inferiori alla media europea. Se viaggi in famiglia, in Italia a volte spendi più che all’estero. In Germania, paese di grande civiltà ferroviaria, i ragazzi fino a 14 anni accompagnati dai genitori viaggiano gratis. In Italia invece hanno solo uno sconto, e solo fino a 12 anni. Così una famiglia di due genitori e due figli sui 13 anni sul treno più veloce da Berlino a Düsseldorf spende 194 euro, mentre sull’Eurostar Milano-Roma (distanza paragonabile) ne spende 224: trenta in più.

Con la tariffa Junior si può scendere al massimo a 202 euro: siamo ancora di qualche moneta più cari della Germania. Se hai figli più piccoli e un po’ di fortuna (il numero di posti è limitato, ma non saprai quanto limitato finché non compri il biglietto) puoi chiedere le tariffa Familia 15% o quella più scontata Familia 25%. Quale differenza passi fra le due, un buon enigmista può scoprirlo, mentre il vostro cronista normodotato dopo un lungo confronto tra clausole s’è arreso.

Insomma quanto pago? Tre tariffe base (Standard, Amica, Flexi) e cinque riduzioni principali (due Junior, una Senior, due familiari), da moltiplicare per due classi e undici tipi di treno sono già un sistema spaventosamente barocco. Se poi l’itinerario richiede cambi di convoglio, il calcolo del prezzo diventa irrazionale: un viaggio scomodo (coincidenze a rischio, bagagli da scarrozzare) può costare quasi un terzo in più di uno comodo e diretto. Un esempio? Parma-Ancona, tutto su treni IC: senza cambio, 23 euro; con trasbordo a Bologna, 30 euro. Un altro? Brescia-Novara, su IC senza cambio euro 12.50, con trasbordo su treno locale (e 11 minuti in più), euro 13.10. Colpa di una norma del 2001 che, in caso di itinerario composto (dal 2006 anche fra treni di identica categoria), impone di comprare due biglietti diversi (e di pagare due prenotazioni).

Su che treno salgo? Prima di salire, risponderebbe Trenitalia ai multati inconsapevoli, avreste dovuto accertarvi che la categoria del treno corrispondesse al biglietto pagato. Ma dove s’accerta il viaggiatore medio? Le informazioni complete si trovano solo sui quadri gialli a stampa (accessibili a passeggeri con dodici diottrie), ma quando sei in stazione, se vuoi sapere su che binario e a che ora parte davvero il tuo treno, devi consultare i monitor o i tabelloni a palette ribaltabili. Peccato che questi, in molte stazioni, non possiedano simboli sufficienti a rincorrere la follia nomenclatoria di Trenitalia; cosicché il TBiz appare classificato come un normale Eurostar (ma guai a salirci con biglietto Eurostar), mentre IC e ICPlus sono identificati dalla stessa sigla, eppure sul secondo c’è la prenotazione obbligatoria (multa per chi non ce l’ha).

Non basta? Molti treni che sul fianco hanno scritto “ICPlus” in certi giorni viaggiano come Intercity comuni: non si paga il posto, ma chi lo sa? E se ti appare sul binario un treno sulla cui fiancata è scritto “Eurostar City”, quale biglietto dovrai avere in tasca per salire, Eurostar o Intercity? (Aiutino: è la risposta meno probabile).

Posso cambiare treno? Sì, se paghi il doppio di un mese fa. E’ la recentissima batosta del “bigliettino”: per gli abbonati Intercity che vogliano prendere un Eurostar (su alcune tratte, come la Bologna-Firenze, è quasi obbligatorio) esiste il Ticket ammissione, che fino al 31 dicembre costava 1 euro a corsa; dal primo gennaio, 2 euro. Rincaro del 100%. L’inflazione è un treno ad altissima velocità sui binari Trenitalia.

Quando parte il mio treno? Tempo fa Trenitalia offrì, vantando la propria generosità, un utile servizio sul proprio disservizio: avvisi sui ritardi, a mezzo sms, gratuiti per tutti i pendolari. Ora sono a pagamento: 50 centesimi cadauno, più il costo dell’sms di richiesta. Insomma devi pagare un sovrapprezzo a Trenitalia per sapere quanto è scadente il servizio che ti sta facendo pagare per intero. C’è, è vero, il servizio gratuito online Viaggiatreno, molto efficiente: ma in viaggio è accessibile solo a chi possiede (e paga) connessioni Internet mobili.

Quando arrivo a destinazione? Pagare di più non significa per forza arrivare prima, o più comodi. L’impiegato di Novara che voglia prendere il sole a Sestri Levante può programmare un viaggio di 3 ore e 56 minuti pagando 10 euro; ma se non ha fretta e sceglie un viaggio da 4 ore e 25 minuti, pagherà 15.40 euro, cioè il 50% in più. Se invece smania di tuffarsi può farcela in 3 ore e 18, spendendo il triplo, 30.50 euro (oltre 20 euro in più per risparmiare solo 38 minuti), ma in compenso dovrà cambiare tre treni.

E se arrivo in ritardo? Trenitalia possiede orologi curiosi: considerano in orario qualsiasi corsa arrivi con 25 o 30 minuti di ritardo. Sopra quella quota, offre rimborsi parziali (50% sugli Eurostar, 30% sugli Intercity). In Spagna un ritardo di 5 minuti dà diritto al rimborso integrale in denaro del biglietto alta velocità. Trenitalia invece paga in buoni spendibili per un secondo viaggio. E se anche il secondo viaggio è in ritardo? Ciccia: i biglietti acquistati coi bonus non sono rimborsabili. Chi viene maltrattato due volte di seguito da Trenitalia perde ogni diritto (in quanto recidivo?).

Cumulare disservizi a Trenitalia conviene: si ha diritto a un bonus se il riscaldamento è rotto; ma se il treno gelido viaggia per giunta anche in grave ritardo, il bonus è sempre uno solo (quasi quasi, se il treno è in ritardo, è meglio spegnere il riscaldamento e risparmiare). Inoltre: Trenitalia, qualunque sia il ritardo, non rimborsa biglietti costati meno di 10 euro (equivalenti a viaggi Intercity di un’ora, tipo Rovigo-Bologna), ennesima assurdità: 40 minuti di ritardo su un viaggio di otto ore sono una seccatura (parzialmente rimborsata), su un viaggio di un’ora sono un sopruso (totalmente impunito).

I treni notturni infine possono ritardare fino a un’ora senza pagar pegno; dopo, rimborsano solo un quinto del prezzo delle sole cuccette (morale: chi dorme non piglia bonus). E se mi sbaglio io? Allora non c’è pietà. Paghi, e paghi caro. Trenitalia pratica generosi sconti sui propri errori, li trasforma addirittura in fonti di guadagno, ma non perdona quelli dei suoi clienti. Con un’operazione dal nome guevarista, Mai più senza biglietto, dal settembre 2007 la guerriglia ai portoghesi è diventata feroce: multe da 50 a 224 euro.

Il mancato rispetto del contratto di viaggio, a quanto pare, prevede sanzioni solo per uno dei due contraenti: quello più forte, quello che riesce perfino a far pagare le proprie inefficienze.

(15 gennaio 2008)

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