Falso in bilancio, dietrofront ‘Ma Berlusconi è già salvo’

di VITTORIO GREVI – da “Repubblica” di sabato scorso (cartaceo)

Nascoste tra le pieghe del disegno di legge sulla tutela del risparmio, approvato nei giorni scorsi dal Senato, le modifiche apportate alla normativa sul reato di falso in bilancio segnano una svolta per vari aspetti singolare (e, comunque, ricca di significati politici) rispetto alla discussa vicenda legislativa conclusasi con la poco decorosa «riforma» della disciplina di quel reato tra l’ottobre 2001 e l’aprile 2002.
Una svolta che, se sarà confermata dalla Camera, costituirà una vera e propria «controriforma», quanto mai opportuna, a fronte delle scelte lassiste allora operate, che tanto danno hanno recato all’immagine (anche internazionale) del nostro Paese, oltreché alla credibilità dei nostri mercati, offuscata da un palese deficit di trasparenza. Ma anche, nel contempo, una svolta anzi un ribaltamento di indirizzo che presuppone una obiettiva ammissione, da parte della maggioranza di governo, degli errori commessi sul punto, e il conte stuale riconoscimento della esigenza di tornare a una disciplina penalistica più rigorosa in questa non facile materia.
Di qui la prevista introduzione, da parte del Senato, di due distinte figure delittuose di falso in bilancio (a seconda che si tratti di società non quotate in Borsa, ovvero quotate e aperte al pubblico risparmio), in entrambi i casi perseguibile d’ufficio come delitto di pericolo concreto, cioè prescindendo dai danni patrimoniali causati a soci o creditori. Di qui, ancora, un cospicuo incremento delle pene detentive e interditti e, nonché delle sanzioni pecuniarie a carico delle società, con il corrispondente aumento dei termini di prescrizione. Di qui, infine, la esclusione del sistema delle soglie quantitative di non punibilità, con riguardo a certe dimensioni percentuali della falsità.
Un simile ravvedimento legislativo, – nel testo del Senato, deve senza dubbio apprezzarsi, in quanto espressione di un consapevole ripensamento circa l’assetto di un reato che –— così come è stato circoscritto e mortificato nella sua s ruttura e nel suo apparato sanzionatorio — risulta oggi pressoché privo di efficacia deterrente anche a causa dei più brevi termini di prescrizione. E tuttavia non si può non sottolineare che questa «controriforma» (se mai andrà in porto, come ci si augura), si applicherà necessariamente solo ai reati commessi dopo la sua entrata in vigore, quindi senza alcuna incidenza sui processi in corso, I quali, perciò—per effetto dei principi operanti in tema di successione di leggi penali nel tempo continueranno a svolgersi sulla base della più favorevole disciplina penalistica varata nel 2002, e perciò continueranno a concludersi con sentenze di assoluzione (per essere il fatto «non più» previsto dalla legge come reato, mentre lo sarebbe stàto alla stregua della disciplina anteriore), ovvero con sentenze di proscioglimento per intervenuta prescrizione. Come è già accaduto in molte occasioni, con ovvio beneficio di diversi imputati noti (tra i quali, in primo luogo, il presidente del Consi glio Berlusconi) e meno noti, a dimostrazione che la riforma dell’aprile 2002, una delle prime classiche leggi aclpersonam, ha puntualmente raggiunto il suo scopo meno confessabile.
Ben si spiega, dunque, perché adesso il Parlamento stia ritornando sui suoi passi, con una inversione di tendenza tanto clamorosa quanto sorprendente, alla luce delle opposte premesse cui si era ispirato il legislatore di tre anni fa. Archiviati con sentenze liberatorie alcuni delicati processi per falso in bilancio. e destinati al medesimo epilogo gli altri ancora pendenti, sempre grazie alla applicazione della più blanda normativa penale tuttora in vigore, si può ormai ripristinare una più seria forma di repressione delle falsità nei bilanci societari e nelle altre comunicazioni sociali. Finalmente ci si adegua alle direttive europee dettate nel settore, e alle indicazioni provenienti anche dalla Corte di giustizia di Lussemburgo. Perché non lo si sia fatto subito (e anzi si sia approvata una legge imbelle e insensata come quella del 2002), rimane un mistero unicamente per chi non voglia comprendere le vere intenzioni di quel legislatore, che soltanto a parole proclamava di voler conseguire un «vantaggio per l’intera collettività».

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