Report sulla sanità

Agghiacciante (quella sì) la puntata di Report di ieri sera sulla sanità, che potete come sempre vedere e leggere nei testi integrali su sito www.report.rai.it . Ancora una volta – come nel caso delle leggi per il “giusto processo” – il governo Berlusconi approva o propone leggi che renderebbero impossibile l’arresto e la condanana di professionisti e delinquenti come questi:

Pier Paolo Brega Massone era il primario della clinica toracica della clinica Santa Rita . 44 anni, considerato un bravo chirurgo in carriera, è stato arrestato nel giugno 2008 assieme ad una dozzina di colleghi. E’ ancora in carcere. Nel processo si difende dall’accusa di lesioni colpose su 86 pazienti , falso e truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale. Avrebbe praticato interventi inutili per intascarsi i soldi della Regione. I magistrati hanno potuto chiudere l’inchiesta grazie alle intercettazioni. Visti i reati contestati , con la nuova legge proposta dal governo, non sarebbe stato possibile“.

Amen, tanto la domenica a Messa i peccati vengono perdonati.

Mi ero dimenticato che…

Nella lettura approfondita del “Mattino” di domenica, un editoriale pubblicato mi ha ricordato un dato che avevo del tutto rimosso dalla mia mente, anche perchè Berlusconi continua a ripetere – e si sa, anche le peggiori menzogne ripetute diventano verità , i preti lo sanno bene – che tutti gli italiani sono con lui: la coalizione di Berlusconi ha ricevuto il 46,8 per cento dei voti. Quindi non è vero – come io stesso ripeto sempre – che due italiani su tre l’hanno votato. L’hanno votato meno di un italiano su due, maggioranza relativa e importante (contro il 37,5% del deludente , inefficace, confuso e pessimo ex-sindaco di Roma Veltroni), ma pur sempre una percentuale che mi fa ben sperare sul fatto che non siano poi una stragrande maggioranza gli italiani che credono nel signore che fa (con la Lega) le ronde in piazza per la sicurezza e poi fa un decreto per bloccare e limitare le intercettazioni e una riforma del codice penale che , parole di Alfano, “restituisce più forza alla difesa”.  Complimenti – a loro – ma soprattutto a chi, dopo cinque anni di governo Berlusconi , li ha rivotati.

“Questa legge è un regalo alla criminalità”

da “Repubblica” di oggi

“Con queste regole avremmo dovuto lasciare l’inchiesta su Abu Omar”
ROMA – È profondamente turbato dai fatti di Nettuno, ma continua a sfogliare gli emendamenti del governo sulle intercettazioni che gli hanno appena inviato per e-mail. Il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro dice a Repubblica: “È un grande regalo a ogni tipo di criminalità, quella dei colletti bianchi compresa”. E aggiunge: “Con regole simili io e Pomarici saremmo stati costretti a lasciare l’inchiesta su Abu Omar”.

Partiamo dalla bruttissima storia di Nettuno?
“Tragica”.

Che sarebbe accaduto se la legge Alfano sugli ascolti fosse in vigore?

“Non può far piacere riferirsi a Nettuno per dimostrare l’assurdità delle scelte del governo. Ma non è un gioco cinico. Speriamo che il giovane aggredito si rimetta e i fermati risultino i responsabili del delitto sulla base di prove certe. Ma ipotizziamo che non fosse stato possibile individuarli subito. Se fosse in vigore la riforma, gli investigatori non avrebbero potuto usare subito le intercettazioni”.

Dice davvero? Non avrebbero potuto proprio?

“Oggi la polizia potrebbe chiedere al pm di mettere sotto controllo il telefono di personaggi noti per il feroce razzismo contro gli immigrati, magari visti nei giorni precedenti mentre si aggiravano alla stazione. Basterebbero “gravi indizi di reato” e l’assoluta indispensabilità dell’ascolto per le indagini, requisiti indiscutibilmente presenti nell’esempio ipotizzato. Con la riforma, invece, occorrerebbero “gravi indizi di colpevolezza”, lo stesso grado di prova che ne consentirebbe la cattura. Ma è evidente che sospetti ben precisi non equivalgono a “gravi indizi di colpevolezza”. Dunque niente cattura, ma soprattutto niente indagini con intercettazioni”.


È ragionevole e costituzionalmente compatibile lo stesso livello di indizi per ascolto e arresto?
“Non vorrei accreditarmi come costituzionalista, anche se la Carta regola con maggior rigore la restrizione della libertà personale. Dico solo che si tratta di una scelta priva di logica comune”.

Si poteva mettere una microspia?
“Oggi sarebbe possibile collocarla in una vettura usata da ipotetici sospettati. Domani no. Perché dovremmo avere la prova che nell’auto si stia compiendo l’attività criminosa, cioè un altro omicidio simile. L’assurdo è evidente”.

La durata breve è accettabile?
“Ipotizziamo che al 60esimo giorno sia emerso che i sospettati stiano organizzando il recupero di oggetti usati per il crimine. Saremmo costretti a interrompere tutto per l’illogica limitazione per cui non si può intercettare per più di due mesi. Eppure il codice prevede che per un simile delitto si può indagare per un anno e anche più. È come se si dicesse a un poliziotto: “Puoi indagare su Tizio per un anno, ma puoi pedinarlo solo per due mesi”. Perché di questo stiamo parlando: di una forma di controllo che spesso è più efficace dei pedinamenti”.

Anche la Bongiorno, che si è battuta per far rientrare tutti i reati, chiede che siano tre giudici ad autorizzarle. È d’accordo?
“Serviamoci ancora di Nettuno: il paese è nella competenza di Velletri e il pm dovrà chiedere l’ok a un collegio di tre giudici a Roma, cui dovrà mandare l’intero fascicolo. S’immagina i carabinieri che corrono a Roma con le carte, i giudici che si riuniscono, il relatore da designare e così via? Immediatezza ed efficacia delle indagini andrebbero a farsi benedire perché non sempre si potrebbe ravvisare l’urgenza che abilita i pm a fare da sé, salvo successiva convalida”.

Se il fatto avviene quando le risorse sono finite?

“È un’idea irragionevole di D’Alema e Casini ripresa, a quanto pare, dal governo: un budget distrettuale che il Guardasigilli fisserebbe ogni anno, sentito il Csm. Le procure generali lo suddividerebbero tra le procure e si può pensare che Velletri ne avrebbe meno di Roma. Bene. E se l’omicidio fosse avvenuto a dicembre a budget consumato? Il pm può chiedere eccezionalmente di sforarlo. Ma quanto tempo passerà prima che l’istanza sia accolta? Forse sarebbe stato meglio prevedere nel ddl un accordo coi principali gruppi criminali nazionali e internazionali sul loro impegno di “uomini d’onore” (è il caso di dirlo) a non commettere reati per cui sia permesso l’ascolto a budget esaurito… “.

Però con gli ascolti s’è esagerato e con le fughe di notizie pure…

“Nel ddl ci sono vari luoghi comuni, alcuni addirittura offensivi per toghe e pubblici ufficiali, additati come responsabili delle fughe di verbali finiti sui giornali e incapaci, forse per dolo, di punirne gli autori. Di qui la “sanzione”: basterà denunciare il pm per rivelazione di segreti per sottrargli il fascicolo. Io e Pomarici, denunciati da Cossiga e indagati a Brescia per lungo tempo, non avremmo più potuto condurre le indagini su Abu Omar. Ci sono ben altri modi per tutelare la riservatezza e il ddl Mastella se ne faceva carico egregiamente. Era di lì che si doveva partire”.

Un premier a responsabilità limitata

Oltre 1000 persone forzano i cancelli ed escono dal Cpt di Lampedusa, ed il premieri cosa dice ?

«LIBERI DI PRENDERE UNA BIRRA» – D’altro canto Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha apostrofato come «inusuale e inedito» il fatto che i soggiornanti entrino ed escano dal centro di Lampedusa. «A Lampedusa è tutto a posto – ha repliato indirettamente il premier -. Quelli che arrivano sull’isola sono liberi di muoversi, non è un campo di concentramento. Gli immigrati – ha aggiunto il Cavaliere – sono andati in paese come fanno di solito, sono liberi di andare a prendersi una birra, solo che adesso sono oltre 1.800, un numero veramente elevato».

Non sono bastati 5 anni di governo Berlusconi al popolo italiano che evidentemente si riconosce benissimo nella furbizia del premier, ma per me è davvero desolante. Da uno così cosa ci si può aspettare (di buono) ?

L’ennesimo miracolo di Berlusconi: il regalo ai privati di Alitalia

dal sito Lavoce.info

Presentato come una scommessa vinta per il paese, il Piano Fenice sembra invece un vistoso passo indietro rispetto alla proposta Air France-Klm, fatta naufragare in marzo. La nuova Alitalia sarà un vettore incentrato sul mercato italiano, con un sostanziale monopolio sulla rotta Milano-Roma per la fusione delle attività con Airone. In più, l’intera operazione è caratterizzata da un bassissimo grado di trasparenza. Ma a suscitare preoccupazione è soprattutto il modo in cui i media hanno affrontato la questione.

Conclusi i festeggiamenti, diradato il fumo dei mortaretti, raccolti i cocci di qualche magnum di champagne, è forse il momento di fare qualche semplice conto per valutare se la soluzione prospettata per Alitalia con il Piano Fenice e con la cordata di imprenditori, rappresenti per il paese un successo, “una scommessa vinta” nelle parole del premier Berlusconi. O non sia invece un vistoso passo indietro rispetto all’opportunità che fino a marzo era sul tavolo con l’offerta Air France-Klm, fatta naufragare dall’allora candidato premier Berlusconi e dai sindacati. Perché se è chiaro che la vicenda Alitalia non si è certo conclusa con le novità di questi giorni, ed è ancora appesa a molti elementi di incertezza, è altrettanto chiaro che la responsabilità politica che il centrodestra e i sindacati si sono assunti facendo naufragare l’operazione Air France non può che essere valutata alla luce dell’esito ora proposto.

IL PIANO AIR FRANCE-KLM

Il piano di Air France approvato dal consiglio di amministrazione di Alitalia il 15 marzo 2008 prevedeva l’acquisto di Alitalia, il mantenimento del marchio e la presa in carico della sua difficile situazione debitoria, con una valutazione bassa purtroppo in linea con il mercato. Questa avrebbe portato comunque nelle casse dello Stato circa 300 milioni di euro.

Il piano industriale, finanziato con un aumento di capitale per 1 miliardo di euro garantito da Air France-Klm, comportava l’abbandono di Malpensa come secondo hub nazionale e lo spostamento e rafforzamento di molti voli su Fiumicino, hub italiano del nuovo gruppo assieme a Parigi e a Amsterdam, e la cancellazione dei voli in perdita in Italia, Europa e nel resto del mondo, pur mantenendo una dimensione internazionale alla compagnia. La flotta Alitalia avrebbe subito una forte ristrutturazione con la progressiva dismissione dei vecchi vettori.
Il contenimento dei costi operativi era affidato anche allo spostamento di alcune attività di servizi a terra da Alitalia Servizi al nuovo gruppo con esuberi di circa 1.600 addetti e la progressiva chiusura della attività cargo fortemente in perdita. Meno chiari gli ulteriori esuberi dalla ristrutturazione dei servizi esterni al nuovo gruppo, che sarebbero rimasti a Fintecna. Il perimetro aziendale ed economico di queste attività esterne sembra tuttavia più ristretto rispetto alla bad company oggi in discussione

IL PIANO FENICE

Il Piano Fenice presentato in questi giorni separa le attività di Alitalia conferendo a una bad company le attività in perdita e la situazione debitoria, con una collocazione a oggi non del tutto definita se non nella certezza che i debiti di Alitalia, stimati in oltre 1 miliardo di euro, verranno a gravare sui contribuenti italiani. L’apporto di capitali freschi è comparabile a quello del progetto Air France, se la cordata di imprenditori italiani confermerà i propri impegni per circa 1 miliardo di euro.
Il piano industriale e il profilo strategico della nuova compagnia si allontanano invece fortemente dalla collocazione che Alitalia avrebbe avuto, nell’ipotesi francese, come parte di uno dei principali gruppi internazionali. L’Alitalia partorita dal Piano Fenice sarà un vettore incentrato sul mercato italiano e con una riorganizzazione dei voli interni su sei scali principali (Roma, Milano, Torino, Venezia, Napoli e Catania) e vedrà la fusione delle attività con il secondo vettore italiano, Airone, costituendo in questo modo un sostanziale monopolio sulla rotta Milano-Roma, il boccone più ghiotto del mercato italiano. Questo modello di business risulta per sua natura fortemente esposto alla congiuntura nazionale, in un paese che non brilla nel panorama europeo per i suoi tassi di crescita, e tende a competere nei collegamenti point to point con le compagnie low cost già oggi presenti su numerose tratte italiane. Per dirla in modo sfumato, al di là dei trionfalismi di questi giorni, il piano industriale proposto non costituisce una prospettiva di sicuro successo negli anni a venire.
Infine, la ristrutturazione e il contenimento dei costi porteranno a esuberi finora quantificati in 7mila unità, con l’applicazione di ammortizzatori sociali e ricollocazione in altre attività su cui per ora nulla è dato sapere.
Non a caso, gli imprenditori che partecipano alla cordata hanno posto alcune condizioni per unirsi alla partita: l’individuazione di un partner internazionale, presumibilmente Lufthansa o Air France, che comunque oggi manca, la sospensione della normativa antitrust nella valutazione dell’operazione, applicando per la prima volta l’articolo 25 della legge italiana, e la riforma della legge Marzano per favorire il passaggio dalla vecchia Alitalia ai due gemelli, il gemello buono che andrà alla cordata degli imprenditori italiani e il gemello cattivo, la bad company, in dote ai contribuenti.

CHI HA VINTO LA SCOMMESSA?

Oltre che per queste misure ad hoc, l’intera operazione resta caratterizzata da una bassissima trasparenza. Abbiamo a suo tempo criticato il modo poco trasparente con cui, sotto il governo Prodi, si era gestita l’asta e la ricerca di un acquirente. Ma va detto che quei passaggi sembrano aria cristallina rispetto agli ovvi interrogativi che ci si pone in merito ai rischi dell’operazione odierna. Operazione che entra in forte conflitto con le normative europee e gli impegni a suo tempo assunti da Alitalia con l’aumento di capitale del 2004 e con il prestito ponte di questa primavera. Come pensino gli imprenditori della cordata di coprirsi dai rischi di un intervento di Bruxelles non è dato sapere. Come non è chiaro se esistano tavoli di compensazione a cui almeno alcuni dei partecipanti alla cordata pensino di accedere nel proprio business principale in cambio della buona volontà dimostrata.
È notizia degli ultimi giorni che Air France ha manifestato un interesse a riaprire il dialogo e anche ad assumere eventualmente una partecipazione di minoranza. Tutto ciò non sorprende, dal momento che, rispetto al piano che aveva presentato a primavera, Air France si troverebbe a trattare senza doversi accollare i debiti di Alitalia, potendo contare su margini elevati nel mercato interno derivanti dalla posizione dominante che a compagnia acquisterebbe nel mercato interno attraverso la fusione con Airone, e con una riduzione del personale ben più ampia di quella che aveva inizialmente prospettato.
Per contro, i cittadini italiani pagheranno i debiti Alitalia e i costi sociali dell’assorbimento dei forti esuberi, e pagheranno più cari i biglietti sul mercato interno. Verrebbe da dire, per richiamare le parole del presidente del Consiglio, che a vincere la scommessa sarà probabilmente Cyril Spinetta, il capo di Air France, ma chi da oggi la scommessa l’ha già persa sono i cittadini italiani.
Un’ultima postilla a questa vicenda. Il semplice confronto tra quanto oggi viene prospettato agli italiani e quanto invece quattro mesi fa è stato fatto scientemente naufragare, tra il Piano Fenice e il piano Air France, non è rintracciabile, con pochissime eccezioni, sulla stampa italiana. Quasi nessuno tra i giornali di opinione ha ricordato in questi giorni cosa era la famosa “svendita” allo straniero, quasi nessuno ha messo il lettore nella condizione di formarsi una opinione se veramente la scommessa era vinta o persa. L’informazione ha presentato l’operazione Alitalia con un unanimismo, una mancanza di equilibrio e un appiattimento quasi aziendale che segnalano un problema grave per la formazione dell’opinione pubblica e per il pluralismo. Su questo occorrerà tornare al di là della vicenda Alitalia.

Quelle tre lettere che significano progresso sociale di un paese

da “Repubblica” di oggi
ROMA – Una sanità povera per i più poveri. È questo il sospetto che aleggia nell’aria e che preoccupa medici e sindacati, che bocciano senza appello le misure sulla sanità introdotte dal governo e si preparano a dare battaglia a settembre.

Tagli ai posti letto negli ospedali, diminuzione degli organici, blocco del turn-over e nessun futuro per 12mila precari che lavorano nelle strutture ospedaliere. E tagli, ovviamente, ai fondi destinati alla sanità, perché il Patto per la salute, sottoscritto con le Regioni, è stato ridimensionato. E non è finita, perché con un tratto di penna il governo ha revocato il decreto votato dall’esecutivo Prodi che estendeva i livelli essenziali di assistenza ( i Lea) a nuovi servizi e categorie: dal dentista per gli indigenti alla fornitura di apparecchi per la mobilità, al parto indolore.

Il decreto garantiva anche una maggiore assistenza ai malati cronici, a cominciare dall’Alzheimer; forniva gli apparecchi a chi non riesce più a parlare e a sentire; riconosceva 109 malattie rare, ampliava i servizi di protesi con l’introduzione di nuovi ausili informatici e rafforzava l’assistenza a domicilio ai malati terminali. Infine prevedeva il vaccino gratuito contro il papilloma virus, causa del cancro all’utero. Ora tutto questo è cancellato, o quanto meno sospeso.

Non c’era la copertura finanziaria per quel decreto, è stata ieri la risposta del governo. E in effetti la Corte dei Conti aveva sollevato alcuni dubbi. “Ma si poteva discutere, ribatte la Cgil, anche perché proprio sulla copertura era stato concordato un piano con le Regioni. Alcune prestazioni sarebbero passate dall’ospedale al day hospital, e alcune oggi prerogativa dei day hospital, agli ambulatori”. Da quel risparmio sarebbe arrivati i soldi per allargare le prestazioni, che invece ora il governo ha cancellato.

Una mossa che ha sollevato una protesta generale. Alla quale il ministro del Welfare (e della Sanità), Maurizio Sacconi, ha risposto così: “Il decreto del governo Prodi era un atto puramente elettorale”, insomma una promessa. Le prestazioni, ha detto, “verranno reintrodotte, ci sta lavorando il sottosegretario Fazio”. Oggi “non c’erano gli 800 milioni necessari a finanziare gli interventi”.

Parole che non convincono la Cgil: “Intanto il decreto è stato cancellato. Verrà ripristinato? Ma quando? A babbo morto. Il problema è che questa Finanziaria non incide sugli sprechi e il malaffare che sono da ricercare nel rapporto tra strutture pubbliche e private”. Anche per l’ex ministro Livia Turco “le risorse c’erano, e sono state stralciate dal governo”.

La battaglia vede unite tutte le sigle sindacali. “Prendiamo atto che la legislazione ci è ostile – dichiara l’Anaao (medici ospedalieri) – e che le scelte fatte avranno come conseguenza un servizio sanitario più povero con professionisti demotivati. Ma le ricadute ci saranno soprattutto sui cittadini”. I medici ospedalieri sono già sul piede di guerra: a ottobre hanno annunciato uno sciopero di tre giorni.

Replica Sacconi: “La protesta fa parte di una logica vetero-sindacale”. E nel “Libro verde” che presenterà oggi scrive: “Non c’è alcuna intenzione di smantellare il sistema del welfare né di tagliare la spesa sociale”.
(25 luglio 2008)

Il voto della vergogna

Oggi si è espresso al Senato il voto della vergogna. La maggioranza ha votato compatta a favore della legge “blocca-processi”, piegando il capo al volere di Silvio Berlusconi.

Non credo che i cittadini che hanno votato la Lega o gli ex An si aspettassero dai rispettivi leader un tradimento della fiducia accordata con il voto del 13 e 14 aprile. Forse, e lo spero nel profondo, neanche gli elettori ex Forza Italia se lo aspettavano un decreto del genere.

Nessun cittadino si aspettava un decreto contro la loro sicurezza, esattamente come nel precedente governo nessuno si aspettava l’indulto. Semplicemente perché nessun cittadino lo aveva chiesto e nessuna forza politica lo aveva inserito nel proprio programma.

Travaglio, durante la trasmissione Passaparola di ieri, ha fornito un elenco esaustivo dei reati che la macchina della giustizia deve obbligatoriamente “ignorare”.

Li riporto di seguito, uno sull’altro, come si fa per un elenco mortuario, perché oggi muore una parte di democrazia di questo Paese.

aborto clandestino
– abuso d’ufficio
– adulterazione di sostanze alimentari
associazione per delinquere
bancarotta fraudolenta
– calunnia
– circonvenzione di incapace
– corruzione
corruzione giudiziaria – è quella per cui Silvio Berlusconi ha fatto questo decreto
– detenzione di documenti falsi per l’espatrio
– detenzione di materiale pedo-pornografico
– estorsione
– falsificazione di documenti pubblici
– frodi fiscali
– furto con strappo
– furto in appartamento
immigrazione clandestina (“pensate, dopo tutte le menate che fanno con la storia dell’immigrazione clandestina, adesso sospendono i processi” – Marco Travaglio)
– incendio e incendio boschivo
– intercettazioni illecite
– maltrattamenti in famiglia
– molestie
– omicidio colposo per colpa medica
omicidio colposo per norme sulla circolazione stradale vietata (“tutti quelli che stendono la gente per la strada ubriachi, bene quelli non li si processa” – Marco Travaglio)
– peculato
– porto e detenzione di armi anche clandestine
– rapina
– reati informatici
– ricettazione
– rivelazioni di segreti d’ufficio
sequestro di persona
– sfruttamento della prostituzione
– somministrazione di reati pericolosi
stupro e violenza sessuale
traffico di rifiuti
– truffa alla Comunità Europea
– usura
– vendita di prodotti con marchi contraffatti
– violenza privata

Tutti questi, essendo puniti con pene inferiori ai dieci anni, vengono sospesi.

Per sospendere il processo di un cittadino, Silvio Berlusconi, l’Associazione Magistrati ha calcolato che neverranno sospesi circa centomila.

La mobilitazione nelle piazze è ormai inevitabile. Sul blog ho deciso di lanciare questa iniziativa contro la blocca-processi, iniziativa appello a tutti gli elettori, perché si dissocino dalle scelte dei rappresentanti del loro partito.

La legalità è la base di ogni democrazia. Senza legalità c’è solo il regime totalitario o l’anarchia.

Il voto della vergogna” di Antonio Di Pietro | 24 Giugno 2008
Tieniti aggiornato: www.antoniodipietro.it

Viva Zapatero

La locandina
E’ il nome del bellissimo documentario che ho visto ieri pomeriggio al Cinema Edera di Treviso , al prezzo scontato di 4,50 euro dato che era mercoledì. Non ho fatto che bestemmiare all’andata e al ritorno, in macchina, per percorrere i 52 km da Padova Ovest al cinema : all’andata per evitare il caos che ci accompagnerà per almeno una settimana a Padova Est per l’apertura dell’Ikea (grazie Forza Italia ed in particolare alla intelligente donna che ha guidato il Comune negli scorsi 5 anni), all’andata sono passato per Pontevigodarzere e la miriade di strade statali e provinciali costruite al tempo degli antichi romani , tra cardi e decumani, la splendida Noale, il tutto in soli 1 ora e 40 minuti alle 15.40 del pomeriggio !
Ma torniamo al documentario, che parla della soppressione della trasmissione RaiOt di Sabrina Guzzanti; un documentario alla Michael Moore, che punta il dito non sono sul governo An-Lega-Forza Italia (l’Italia, secondo l’associazione indipendente Freedom House, è passata dal 40 esimo al 77 esimo posto per la libertà di stampa e di informazione). Durante la sua visita a Sofia , Berlusconi pronunciò il famoso “editto di Sofia” contro Biagi, Luttazzi , Santoro e Freccero. Tutti cacciati dalla RAI e mai più tornati.
La scusa per bloccare la trasmissione satirica della Guzzanti l’ha data guarda caso Mediaset con una querela alla RAI per svariati milioni di Euro. La RAI per “tutelarsi” (“allora se uno querela il tg1 cosa facciamo, lo chudiamo per tutelarci in attesa della sentenza del giudice ?” – diceva ironicamente ieri la Guzzanti) ha così deciso di sospendere la trasmissione. Il giudice ha dato ragione alla Guzzanti , non solo confermando che essendo la trasmissione satirica non poteva essere querelata, ma soprattutto perchè “i fatti riferiti erano veri”.
Nel documentario si parla anche di Petruccioli dei Ds, che non ha difeso in nessun modo il programma, e che anzi è su posizioni coincidenti con il centrodestra (ma a nessuno dei lettori del blog è saltata la pulce all’orecchio notando l’assonanza d’Alema-Alemanno ?). Cosa risaputa. Quand’era al governo l’Ulivo non ha fatto una legge contro il conflitto d’interessi e l’eccessiva concentrazione del potere mediatico.
E voi direte: cosa c’entra Zapatero ? Ha operato una riforma con la quale, finalmente il governo non nomina più i vertici dell’azienda televisiva di Stato. Ovviamente su un sito di Forza Italia questa riforma è presentata come un attacco alla libertà di informazione. Per fortuna che non mancava nel documentario di ieri che ho visto al cinema, un pezzo di “Porta a Porta” con il premier che cantava. E un succo dell’informazione nell’era Berlusconi : cani abbandonati per strada e le migliori ricette per scoprire l’Italia. Un ‘Italia alla frutta.