L’esperienza di Veronica Pivetti: la terribile depressione

dal sito http://www.leggo.it/archivio.php?id=165309

MILANO – “Ho passato sei anni d’inferno”, è stato davvero un periodo difficile per Veronica Pivetti, doppiatrice a attrice di molte fiction di successo: “Sei anni infami, dal 2002 al 2008, in cui sono piombata nel buio più nero – ha dichiarato a “Gente” – Non avevo più voglia di nulla, non mangiavo, non mi lavavo più, piangevo sempre. Non mi riconoscevo. E poi non capivo. “Ma che motivi hai per piangere”, chiedevo a me stessa, “sei un’attrice di successo, ha un lavoro che ti piace, nessun problema, perché ti disperi così?”‘. Il fatto è che la depressione colpisce a tradimento, e in modo democratico. Tu sei la causa del tuo male e non puoi fare nulla. La sola salvezza è tirare fuori il tuo dolore, parlare, chiedere aiuto, senza vergogna. Questa è una malattia seria, va curata finché sei in tempo. E non ti ha braccato del tutto la voglia di farla finita”.
Tutto è iniziato con una terapia sbagliata (“Nel 2002 mi sono ammalata alla tiroide, sono stata curata male, medicinali giusti dati in dosi sbagliate. Ho avuto una depressione da eccesso di farmaci, i miei ormoni sono impazziti, ho dovuto prendere anche i beta bloccanti per il cuore. Ho cambiato mille medici, psicologi, psichiatri. Non è stato facile trovare il medico giusto. Il primo che ho contattato mi ha liquidato dicendo: “e torno presto a farci ridere”. Lo avrei ucciso, io stavo male! I primi 3 anni sono stati un inferno, poi ho iniziato a vedere un po’ di luce”) e i suoi cari non le sono stati a fianco: “Se mi fossi rotta tutto il corpo sicuramente una schiera di parenti sarebbe venuta a trovarmi in ospedale, ma se ti rompi dentro nessuno ci crede. Il problema è che la depressione non puoi descriverla è invisibile. “Reagisci”, ti dicono, ma tu sei ne baratro, non è né tristezza né malinconia, è un incubo. Diventi una scocciatura per gli altri e allora fingi. Io lo facevo sempre con tutti, tantissimo. E dentro di me pregavo di morire”.
Il suicidio infatti è stato un suo pensiero: “Vigliaccamente speravo che un masso mi cadesse addosso. O che attraversando la strada, molto lentamente, un’auto mi investisse”.
La sue passate difficoltà sono raccontate in un libro, “Ho smesso di piangere”: “Sono una persona per natura allegra e positiva, ma non sono un automa. A un certo punto mi sono “rotta” in due, diventando insopportabile a tutti, compresa me stessa. E disperata. Ho scritto questo libro nella speranza di aiutare altre vittime di questo dramma. Per dire loro che dal tunnel si può uscire, che i depressi non sono reietti, che siamo tanti, e solo parlando di questo male si può vincere”.

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