dal “Corriere” del 15 giugno.
Le foto invece si riferiscono allo scandaloso regionale Padova-Venezia delle 12.37 che ho preso domenica. Due soli vagoni di due automotrici che hanno oltre trent’anni, che vanno a nafta su una linea a 4 binari elettrificati, che consente velocità massima di 220km/h. Questo perchè la Regione Veneto ha altro a cui pensare.
SAN ZENONE AL LAMBRO (Milano) – In questa stazione non si vendono biglietti. Non c’è un addetto delle ferrovie, né una macchina self service. Avendolo comprato prima, il biglietto comunque non si può timbrare: l’obliteratrice è fuori uso. Per ripararsi dal sole, c’è una sala d’aspetto imbrattata di scritte, con una pozza di orina rappresa in un angolo. Bagni ce ne sarebbero, due. Ma le porte sono sbarrate. Dalla fessura si intravedono due «turche» incrostate e coperte di immondizia. San Zenone al Lambro, 25 chilometri a Sud della Milano dell’Expo, è la più desolata tra le 409 stazioni della Lombardia. È anche un tempio, dedicato alla vita amara dei pendolari. Un esercito di 500mila viaggiatori che si sposta ogni giorno nella regione. Quelli dei vagoni sporchi. Dei ritardi. Delle soppressioni. Il 4 giugno scorso, a San Zenone, il treno delle 7.49 arriva un po’ in ritardo. E un giovane pendolare sorride: «Questo non è niente. Saliamo e vi dimostro perché i pendolari sono cittadini di serie B. Anzi, di serie Z. Non ci credete? Basta guardare fuori dal finestrino».
Il gigante che arranca
In viaggio verso Milano. Percorrendo la rete più affollata d’Italia: la Lombardia è attraversata da 1.920 chilometri di binari, oltre un decimo dell’intero Paese. E assorbe il 17 per cento del traffico ferroviario nazionale; 1.800 treni al giorno fra Trenitalia e Ferrovie Nord. Un sistema doppio rispetto alla Svizzera. Organizzato a raggi, con la maggior parte delle 36 direttrici che confluisce su Milano. Sono i numeri di un sistema che lì, intorno alla metropoli-epicentro, sta esplodendo. Ogni mattina i pendolari che raggiungono il capoluogo in treno sono 200 mila. E lo fanno tutti tra le 7 e le 9. Come trasferire in due ore l’intera popolazione di Brescia. Per questo la densità di traffico su Milano è quadrupla rispetto alla media italiana. Esempio: sulla linea da Bergamo i treni viaggiano spesso carichi fino a due volte e mezzo la capienza. Conseguenza: viaggi infernali e rischi per la sicurezza. Ecco cosa sono le ferrovie lombarde, un gigante con l’acqua alla gola. Un sistema talmente saturo da vivere il punto di rottura come condizione quotidiana. E la rottura, puntuale, arriva. L’ultima, venerdì scorso: «Ho totalizzato 3 ore e 20 minuti per fare i soliti 70 chilometri che di solito copro in 1 ora e 20 – racconta Emilio Bianchi -. Tutti i treni S5, S6 e regionali per Novara, Varese e Domodossola erano in ritardo o cancellati. La cosa peggiore, nessuna informazione». In mezzo al caos, si distingue però una linea netta. Quella che divide una minoranza di «privilegiati » (Freccia Rossa ed Eurostar) e una maggioranza, 90%, di pendolari «abbandonati e arrabbiati». «L’alta velocità attrae gli investimenti – attaccano i comitati – mentre il trasporto regionale è al tracollo». È per capire la differenza tra le «due caste» che bisogna affacciarsi dal treno partito da San Zenone al Lambro.
La beffa dell’alta velocità
«La vede quella?», sorride il pendolare-guida. «È la Tav. Per noi, la peggiore delle beffe». La nuova linea dell’alta velocità si snoda a pochi metri dai vecchi binari. Il confronto è lì da vedere. Spietato: il Freccia Rossa che parte da Bologna alle 8.24, arriva a Milano alle 9.29. Per percorrere 210 chilometri, impiega un’ora e 5 minuti. Accanto arranca invece il regionale che da San Zenone, dove passa alle 7.59, approda nel capoluogo alle 8.55. Fa un decimo della strada, 25 chilometri. Ma ci mette un minuto in più, un’ora e 6 minuti. «Per anni – attacca Ettore Fittavolini, storico rappresentante dei pendolari Piacenza-Milano – ci hanno promesso che con l’alta velocità la nostra vita sarebbe cambiata». Il ragionamento filava (all’apparenza): i treni veloci si spostano sui nuovi binari, la vostra linea si decongestiona, avrete più servizi e treni più rapidi. «Invece è successo il contrario – sbotta Fittavolini -, i nostri regionali scassati impiegano in media 10 minuti più di prima». Sembra incredibile. Invece è così: sui «nodi», quando al confine di Milano i treni superveloci lasciano i loro binari riservati e si immettono su quelli comuni, hanno la precedenza. E gli altri? Che aspettino.
I guasti quotidiani
Dice la metafora: la Lombardia è una delle locomotive dell’economia europea. Però non tutti sanno che qui, in Lombardia, di vere locomotive se ne rompono in media 3 o 4 al giorno (dati Trenitalia). Dal 2 al 9 maggio, media di 2 guasti al giorno. La settimana prima, più di 4. Significa migliaia di persone bloccate in stazione, o in mezzo ai campi della Bassa. Come accade sul Milano- Pavia dell’8 giugno: quasi un’ora per fare un tragitto di 23 minuti. Davanti a chi perde ore di lavoro, non si può azzardare il ragionamento che le performance attuali di Trenitalia (rispetto ai 1.264 treni al giorno) sono in miglioramento: nella settimana orribile del trasporto lombardo, la prima di gennaio 2008, andarono in tilt quasi 9 locomotive al giorno. È qui il male dei mali. Trent’anni di mancati investimenti hanno lasciato in eredità un parco treni con età media di 27 anni (Trenitalia) e 32 anni (Ferrovie Nord). Dei 105 nuovi treni acquistati dalla Regione, con una spesa di 787 milioni, finora ne sono stati consegnati soltanto 39. E dall’anzianità dei mezzi discende una serie di conseguenze disastrose. Primo, la sporcizia. Tanto che tra le pendolari circola un comandamento: mai pantaloni bianchi. «Altrimenti ti presenti in ufficio con l’ombra marroncina dei sedili sul sedere». Ancora: «In estate l’incubo è il treno-forno – spiega Giorgio Dahò, rappresentante dei comitati lombardi -. I problemi con i condizionatori sono all’ordine del giorno. Almeno ci permettessero di riaprire i finestrini che sono stati sigillati». Inconvenienti peggiori: il Milano-Laveno del 18 maggio si ferma a Morosolo, le porte però non si aprono, il treno riparte con i passeggeri «prigionieri».
Il fronte della protesta
È stato un inverno di sciopero bianco dell’abbonamento e sciopero vero del biglietto (da Novara a Magenta). Ora parte l’estate delle battaglie legali. Causa pilota: a fine 2008 il giudice di pace ha riconosciuto il «danno esistenziale» a un pendolare piacentino. Come quella, sempre da Piacenza, altre 6 azioni sono partite e 27 scatteranno a breve. Qualcuno sta andando oltre: «A giorni depositeremo le nostre cause al tribunale civile », racconta Matteo Casoni, del comitato inOrario Mantova-Cremona-Milano: saranno più di trenta azioni legali, in accordo con Federconsumatori, fatte da viaggiatori di Cremona, Piadena, Pizzighettone. Infine, l’avvocato Angelo Musicco depositerà oggi gli atti di tre cause al giudice di pace di Milano, Lodi e al Foro del consumatore. «Il pendolare – spiega Musicco – è schiacciato da un potere che lo fa vivere male e se ne disinteressa ». È la pseudo- class action che sale in ordine sparso dalla pancia della Lombardia. Le ultime tre cause arrivano da San Zenone al Lambro. Stazione desolata. Per pendolari che si ribellano.
Gianni Santucci
15 giugno 2009