I corpi degli immigrati e i nostri figli

di Aldina Agugiaro dal “Mattino” di oggi

A Torino, la figlia stuprata e messa incinta dal padre viene costretta a incolpare un marocchino. A Padova due ragazze si inventano violenze sessuali da parte di conoscenti  nordafricani. Mentre i corpi degli immigrati dispersi nel Mediterraneo ancora riaffiorano in superficie,  riemergono dalla memoria notizie qua e là disperse nelle cronache dei media; evidenziando una realtà, difficile da accettare ma impossibile da rifiutare. A Torino, la figlia per  lunghi anni stuprata dal padre e da lui messa incinta, dichiara d’essere stata costretta dalla famiglia ad incolpare un marocchino per ottenere l’aborto; anche a Padova negli ultimi tempi, per paura della verità due ragazze si sono inventate violenze sessuali da parte di conoscenti nord africani: quanti cittadini hanno recepito appieno l’accaduto? Di queste atrocità, è noto, abbiamo concesso l’esclusiva agli altri, specie ai rumeni;  ritagliando per noi il ruolo di vittime sacrificali, che ha reso furibonda la pubblica  opinione. Eppure basta guardarci attorno nella Padova multietnica, per renderci conto dell’estrema libertà con cui le nostre ragazze si rapportano in pubblico con maschi d’altre razze. Nulla di male: purché siamo consapevoli che se nella promiscuità qualcosa che va  oltre accade, quasi mai cause ed effetti sono a senso unico. Riflessione valida non solo per i reati sessuali, ma anche per scippi, furti, investimenti di pedoni sotto effetto di droga ed alcool, che ci piace considerare a noi estranei. Con la differenza che, quando a commetterli sono gli immigrati, i media danno loro enorme rilievo e precisano nomi, cognomi e provenienza; quando i colpevoli siamo noi, anonimato e riserbo sono d’obbligo. Sul mattino di ieri, un titoletto annunciava: due giovani rampolli rubano una borsetta. A scorrerlo per intero, si veniva a sapere che i due giravano in auto senza patente come molti giovani della Padova-bene con l’intento di compiere furti. Il loro operato veniva definito una marachella; i genitori avvisati erano rimasti allibiti ed avevano promesso punizioni esemplari ai due ladruncoli. Quanti diminutivi. Sempre di giovani-bene e di Padova-bene, clienti dei tanti pusher di colore in centro ed in periferia, si parla quando la polizia li coinvolge nelle retate per uso e spaccio di droga; protetti
da un rigido anonimato, che fa sospettare due pesi e due misure. Chi poi più s’infiamma per il caos dello spritz nelle piazze, si tolga la curiosità di verificare la tipologia  media dei giovani che si ubriacano, si drogano, rompono bottiglie, vomitano e fanno
pipì sui muri. Rimarranno stupiti nel ritrovare molti degli amati figli cui ogni mattina gridano: alzati, che farai tardi a scuola e cui, neppure con la crisi, sanno negare capi griffati e schede telefoniche a go-go. Senza giustificare delinquenti d’alcun colore,
é fondamentale ripristinare la verità: alla ricerca dei possibili rimedi ai problemi più urgenti della società. Mentre economisti e sociologi ci spiegano che gli invasori ci hanno salvato il Pil, lo stato sociale ed il saldo negativo delle nascite. Siamo -come negarlo?- una civiltà decadente, con pochi figli ed occhi rivolti al passato; a fronte di altre fresche, prolifiche, forti e giovani, in cerca di riscatto e futuro. E’ da perdenti  arroccarci dietro l’alibi di un’identità scippata, mentre noi stessi l’abbiamo smarrita.
Rispondere alle chiese vuote, negando agli altri di poter pregare nelle loro. Ogni minuto impiegato ad imprecare contro il male che sta fuori, ci allontana da una coraggiosa verifica di quello che ci abita dentro.

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