La scure del governo sui dipendenti pubblici

Il Governo mette le mani in tasca ai dipendenti pubblici e ne peggiora le condizioni normative.

In primo luogo lo stanziamento per il contratto si limita all’inflazione programmata del 3,2% per il biennio 2008/2009 (meno di 70 euro). Per il 2008 è prevista la sola indennità di vacanza contrattuale. In “compenso” quando la Corte dei Conti certifica negativamente un’ipotesi di accordo, la norma dei 55 giorni, entro i quali l’iter di approvazione si concludeva obbligatoriamente, perde di efficacia (art. 63).

Il Governo fa’ una scelta che non ha precedenti: diminuisce le retribuzioni. Tagli ai Fondi per la contrattazione integrativa, sostenendo così, anche per questa via la rilegificazione del rapporto di lavoro.

Dal 1° gennaio 2009, il tetto fissato al 2004, per i Fondi per la contrattazione integrativa di tutte le Amministrazioni centrali è ridotto del 10%. Ricordiamo che quella norma è stata estesa, come punto di riferimento, anche ai comparti della Sanità e delle Autonomie Locali. Per tutto il 2009 sono disapplicate le leggi che dispongono finanziamenti aggiuntivi per le Amministrazioni centrali. Dal 1° gennaio 2010 queste ultime sono ridotte del 20%. Questi due interventi colpiscono circa 200.000 dipendenti. Le misure previste portano a diminuzioni della retribuzione annua di questi lavoratori, per il 2009, che mediamente si aggirano sui 3000 euro (con punte di 6000/10000 euro). Per tutti dal 2010 ci sarà un danno permanente di almeno 1000 euro medi, quindi più elevato di quello che viene stanziato per i contratti (art. 67). Inoltre viene eliminato il finanziamento che deriva dai risparmi conseguenti la trasformazione in part-time (art. 73). La questione salariale precipita.

Si taglia lo stipendio agli ammalati.

Un altro intervento che unisce peggioramenti normativi ed economici riguarda la normativa sulla malattia: per tutti i dipendenti pubblici, contrattualizzati, è prevista l’erogazione del solo trattamento fondamentale in caso di malattia inferiore ai dieci giorni, intervenendo, tra l’altro a modificare materie soggette alla contrattazione e prevedendo, esplicitamente, il divieto di modifica da parte dei Contratti futuri (art. 71).

Finto scivolo ed eliminazione dei trattamenti aggiuntivi per infermità dipendente da causa di servizio.

Il Governo annuncia l’esodo agevolato e non spiega che nel Decreto per chi decide di chiedere l’esonero dal servizio, nei cinque anni che precedono il pensionamento, la retribuzione viene diminuita del 50%. In più sarà l’amministrazione a decidere discrezionalmente chi potrà essere esonerato (art. 72). E’ difficile capire chi potrà vivere con 600 euro al mese. Sempre in tema previdenziale, viene escluso qualsiasi trattamento aggiuntivo, oggi previsto per legge o per contratto, ai lavoratori ai quali viene riconosciuta un’infermità dipendente da causa di servizio (art. 70).

Decimazione del personale attraverso le mancate assunzioni e la mancata stabilizzazione.

Non può sfuggire che un altro duro colpo alla possibilità che le amministrazioni pubbliche possano funzionare e migliorare la qualità del servizio erogato, arriva con il peggioramento delle norme in materia di assunzione e stabilizzazione del lavoro precario. Per il 2009, la possibilità di assumere scende dal 20% al 10% della spesa per cessazioni. Non uno su otto come si dice sui media ma uno su dieci. Per il 2010 e il 2011 le assunzioni passano dal 60% della normativa precedente al 20% della spesa per cessazioni. Per il 2009 la possibilità di stabilizzazione scende dal 40%al 10% della spesa per cessazioni (art. 66).

Come se non bastassero queste misure si procede ad un ulteriore riduzione del 10% degli organici. Nelle more della riduzione è fatto divieto di assumere (art. 74). Saltano i concorsi per i quali finalmente si iniziava a procedere dopo tanti anni. Ancora una volta si taglia il personale senza nessuna verifica delle necessità. Per usare un termine caro al Ministro Brunetta, senza nessun piano industriale che, invece, richiediamo da tempo per ogni singola amministrazione.

Si privatizza il lavoro.

Altre misure per indebolire il lavoro pubblico: per sostenere le imprese (forse un doppio sostegno) si apre alla privatizzazione l’attività per la realizzazione, la trasformazione, il trasferimento e la cessazione dell’esercizio dell’attività di impresa (art. 38).

Cancellato il diritto al Part-time.

Il Governo, in coerenza con quanto sta facendo dal versante del Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, in merito alla contrattazione individuale e all’allungamento dell’orario di lavoro, modifica la natura del Part-time: da diritto individuale del lavoratore, ma in questo caso più della lavoratrice, si trasforma in facoltà dell’Amministrazione (art. 73).

Sempre più discrezionalità.

Le amministrazioni potranno disporre, a discrezione, la cessazione dal servizio di chi avesse maturato 40 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Non c’è nessuna politica di ringiovanimento del personale, come si evince dalle norme sulle assunzioni, ma esercizio di potere (art.72).

Si cancellano i posti di lavoro e non si tutelano i lavoratori.

Vengono aboliti alcuni Enti Pubblici non Economici. Il criterio di scelta è la consistenza organica inferiore alle 50 unità. Non si capisce perché non si segua, per esempio, il criterio della funzionalità, dell’utilità per i cittadini, dell’economicità. Anche perché sono esclusi, invece, tutti quei piccoli enti degli ordini provinciali professionali che raramente superano i tre dipendenti. Ovviamente poche e generiche righe per il destino delle lavoratrici e dei lavoratori impiegati (art. 26).

Rimangono le consulenze.

Ci aspettavamo una splendida coerenza in merito ai reiterati annunci sul taglio alle consulenze. Niente di tutto questo. La norma specifica è evidentemente priva di efficacia (art. 46).

Se tanto ci da’ tanto, una lettura più approfondita porterà alla luce altri interventi che penalizzano il mondo del lavoro pubblico. Quello che abbiamo evidenziato dimostra senza ombra di dubbio che il Governo sta finalizzando la campagna orchestrata ormai da tempo, nascondendo dietro la polemica contro i fannulloni l’obiettivo di smantellare il lavoro pubblico a favore dell’intervento privato e di contrastare l’attività sindacale che cerca di tutelare i diritti dei lavoratori attraverso un’azione collettiva, consci che il potere contrattuale del singolo non può mai essere equiparato a quello del datore di lavoro.

Informazione e mobilitazione.

A questo punto occorre una capillare campagna di informazione tra le lavoratrici e i lavoratori, affinché abbiano la consapevolezza di quanto stia accadendo invece che avere solo l’informazione superficiale che i media trasmettono. Nostro è l’impegno a costruire rapidi ed efficaci percorsi di mobilitazione unitari per fermare la conversione in legge del Decreto, che non ha recepito nessuna delle osservazioni di CGIL, CISL e UIL confederali, e per contrastare le scelte del Governo.

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