L’Italia dei cantieri promessi: radiografia di uno spot

dal sito http://www.repubblica.it/2006/c/sezioni/politica/versoelezioni31/versoelezioni31/versoelezioni31.html

ROMA – Grandi Opere o grandi bufale? Progetti o promesse? Lavori pubblici o piuttosto affari privati?
Il trionfalistico spot di un minuto diffuso a nostre spese, cioè di tutti noi contribuenti, dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sulle tv nazionali alla vigilia della campagna elettorale, e ora bloccato dall’Authority sulle Comunicazioni in nome della “par condicio”

Più che un’eredità di opere o di cantieri, quella che il centrodestra lascia dopo cinque anni alle generazioni future è in realtà una pesante ipoteca sul Belpaese: non solo per l’impatto ambientale, spesso sottovalutato in base a progetti preliminari per lo più superficiali, approssimativi e affrettati, ma soprattutto sul piano economico e finanziario.

A sei mesi dal suo insediamento, nel dicembre 2001 il governo Berlusconi aveva fatto carta straccia del Piano generale dei Trasporti, elaborato dall’ultimo governo di centrosinistra su impulso dell’ex ministro Pierluigi Bersani, per sostituirlo con il primo Programma delle Infrastrutture strategiche in cui elencava 117 opere per un costo valutato originariamente in 125,8 miliardi di euro (delibera Cipe n.121/2001), senza tuttavia indicare esattamente le risorse né tantomeno la loro provenienza.


Questo faraonico “libro dei sogni”, privo di un’adeguata copertura finanziaria, nel tempo è andato crescendo a dismisura: secondo i rapporti elaborati dal Servizio studi della Camera, in collaborazione prima con il Cresme (il maggiore centro di ricerca nel settore dell’edilizia) e poi anche con l’Istituto Nova, nel 2004 il numero delle Grandi Opere era salito a 228, per un importo di 231,8 miliardi di euro e nel 2005 è arrivato a 235 interventi, per 264,3 miliardi di euro.

Già il dato che dopo quattro anni il costo complessivo del programma risulta raddoppiato, dimostra che il piano delle infrastrutture è fuori controllo. Una lista della spesa, insomma, una posta, un valore teorico come quello che si attribuisce convenzionalmente alle fiches di varie forme e colori quando si gioca a poker. Ma visto che in questa legislatura il debito pubblico ha ricominciato pericolosamente a crescere, fino a superare il 106% del Pil, stiamo maneggiando una bomba a orologeria che minaccia di compromettere ulteriormente il bilancio già dissestato dello Stato italiano.

Con lo spot del ministro Lunardi ancora negli occhi e nelle orecchie, proviamo a verificare quanto è stato effettivamente realizzato di quel Programma, ricordando che nel suo contratto unilaterale Berlusconi s’era impegnato ad aprire cantieri per “almeno il 40%” degli investimenti previsti.

Nella migliore delle ipotesi, in base al rapporto diffuso recentemente dallo stesso ministero delle Infrastrutture sulla cosiddetta “Legge Obiettivo”, l’attuazione del piano decennale è ferma invece al 21,4% (cioè 37,2 miliardi di opere effettivamente “cantierate” su un costo complessivo aggiornato a 173 miliardi di euro) e forse a giugno potrebbe raggiungere il 25,4% arrivando – secondo quanto annunciato – a 44 miliardi. Se invece si prendono come riferimento i 264 miliardi stimati dal Servizio studi della Camera, allora la realizzazione del programma sarebbe appena al 14%.

Ma la verità è che buona parte delle “Grandi Opere” attivate dal governo in carica erano state già predisposte e avviate sotto i governi precedenti oppure sono rimaste purtroppo sulla carta, se è vero che all’aprile scorso quelle effettivamente concluse rappresentavano appena lo 0,2% del totale (pagina 21 dello studio della Camera). Vediamo in dettaglio, seguendo l’ordine dell’autopromozione televisiva del ministero, voce per voce, titolo per titolo.

1) Roma, Raccordo e galleria raccordo. I lavori sul Grande Raccordo Anulare non sono né una “grande opera” né tantomeno una grande novità. Si tratta in effetti del completamento delle terza corsia nel quadrante Nord-Ovest, per un totale di 18 chilometri e 350 metri (di cui 9 chilometri e 450 metri già completati in precedenza e altri 8 chilometri e 900 metri da completare tra aprile e agosto del 2006), con un costo complessivo di 613 milioni di euro.

L’ammodernamento del Gra era stato già avviato in precedenza con la costruzione della terza corsia fra la Laurentina e la Tuscolana e con il doppio tunnel sotto l’Appia antica. Ancora prima, negli anni Novanta, fu aperta la bretella autostradale Fiano-San Cesareo per abbreviare la distanza tra Firenze e Napoli, dirottando appunto una parte del traffico che si riversava sul tratto orientale del raccordo.

2) Napoli, piazza Municipio. L’immagine utilizzata nello spot del ministro Lunardi è come un fondale di cartone: riguarda il cantiere di una delle tratte in corso di realizzazione per il completamento della Linea 1 della metropolitana di Napoli. L’opera fu progettata alcuni decenni addietro e all’inizio degli anni Novanta venne aperto il primo tratto.

3) Palermo-Messina. I lavori per la realizzazione dell’autostrada Palermo-Messina (circa 240 chilometri) iniziarono negli anni ’70, con l’apertura dei cantieri nel primo tratto Messina-Villafranca. Il completamento dell’opera è stato finanziato solo in minima parte con i fondi della Legge Obiettivo dal governo di centrodestra: la parte più consistente proviene da un co-finanziamento della Regione Sicilia, dello Stato italiano e della Commissione europea a metà degli anni Novanta.

La cerimonia d’inaugurazione, voluta per motivi elettorali dal presidente del Consiglio Berlusconi il 21 dicembre 2004, s’è rivelata una farsa: dopo appena due giorni, l’autostrada è stata richiusa per proseguire i lavori. Secondo un calcolo della Fillea-Cgil, il maggior sindacato dei lavoratori edili, tutto ciò ha provocato un ritardo di circa sei mesi nel completamento dell’opera. Ancora adesso nelle due direzioni (Palermo-Messina e Messina-Palermo) sono aperti una decina di cantieri per la sistemazione definitiva delle gallerie e per la costruzione delle aree di sosta. In molti tratti, perciò, il traffico è ridotto su un’unica corsia.

4) Variante di Mestre. I lavori sono effettivamente iniziati soltanto per la tratta di collegamento fra l’A4 (Venezia-Trieste) e l’A27 (Venezia-Belluno). Per quella più lunga, invece, siamo ancora alla fase degli espropri, mentre è in corso lo spostamento della linea del metano a Bonisiolo.

Il progetto su cui ha puntato il governo è il cosiddetto “Passante largo”: 32 chilometri e 300 metri per un costo di circa 750 milioni di euro. Gli ambientalisti non si sono mai opposti alla variante, ma contestano il fatto che fra tutte le ipotesi alternative è stata scelta – a loro giudizio – la soluzione peggiore: cioè quella più costosa e a maggior impatto ambientale.

5) Olbia-Nuoro, viadotto San Teodoro. Questa “grande opera” è semplicemente una piccola bretella di 23 chilometri tra Siniscola e San Teodoro (costo 37 milioni di euro). Anche questa progettata e avviata da tempo, serve a bypassare un tratto particolarmente pericoloso della strada statale 131 bis, appunto tra Nuoro e Olbia.

6) Piloni della Cisa. Si tratta del raccordo destinato a congiungere la A15 Parma-La Spezia, meglio nota come “AutoCisa”, con la A22 del Brennero. Probabilmente, nello spot di Lunardi si punta sui piloni di cemento, ancora in costruzione, proprio perché la loro immagine è più scenografica e suggestiva.

7) Autostrade del Mare. Sono un progetto di derivazione comunitaria che ha l’obiettivo di collegare operativamente i vari porti del Mediterraneo. Ma al momento, in Italia, sono soltanto aria fritta. Finora, l’unico provvedimento concreto del governo Berlusconi è stata l’istituzione nel 2004 della Società Rete autostrade mediterranee, partecipata al 95% da Sviluppo Italia e co-governata in forza di una convenzione insieme al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Dei quattro collegamenti previsti dall’Unione europea, due interessano in particolare il nostro Paese: l’asse Sud-Est (che comprende l’Adriatico, lo Ionio e il Mediterraneo orientale fino a Cipro) e quello Sud-Ovest (che comprende la Spagna, la Francia, l’Italia e Malta). Fatto sta, comunque, che l’ultima legge finanziaria ha tagliato i fondi ai porti che sono i “caselli” naturali delle Autostrade del Mare, provocando la protesta di tutti gli operatori.

8) Viadotto Salerno-Reggio Calabria. Anche in questo caso, lo spot ministeriale si concentra sull’immagine più spettacolare. In totale, i lavori per il completamento e ammodernamento dei 204,5 chilometri dell’Autostrada Salerno-Reggio Calabria dovrebbe costare 5 miliardi e 832 milioni di euro (Fonte: Servizio studi della Camera). Ma in base alle stime contenute in un dossier Fillea-Cgil dell’ottobre 2004 la decisione di accorpare i lavori in 6 macro-lotti, affidandoli a “general contractor” e liberalizzando in sostanza i sub-appalti, ha fatto quintuplicare i costi rispetto alla legge Merloni con il rischio di alimentare l’infiltrazione mafiosa. E a questo ritmo, secondo lo stesso sindacato, per finire i lavori occorreranno 36 anni.

9) Tav, autostrade e ferrovia ad alta velocità. Qui si fa di tutte le erbe un fascio mettendo insieme l’ampliamento delle autostrade e la nuova ferrovia. Secondo il Wwf, per realizzare i 1.500 chilometri della dorsale ad alta velocità (Torino-Milano-Roma-Napoli) e della trasversale (Torino-Trieste, dal confine francese a quello sloveno) occorrono almeno 60 miliardi di euro. Nel 1991, quando fu varato il progetto, la stima era di 13 miliardi.

Per evitare che il programma facesse saltare il bilancio delle Ferrovie, nel 2002 il governo Berlusconi istituì la “Infrastrutture Spa” (Ispa) con lo scopo di finanziare la Tav attraverso l’emissione di obbligazioni statali. Ma, trattandosi di linee considerate non redditizie dagli stessi operatori, nel 2005 l’Eurostat (l’istituto di statistica europea) non ha voluto certificare i bilanci 2003-2004 della Repubblica italiana, sollevando 6 eccezioni ed esprimendo in particolare “dubbi sulla correttezza di alcuni dati e sul ruolo dell’Ispa nel finanziamento della Tav”. Veniva così confermato il sospetto che in realtà “Infrastrutture Spa” fosse uno strumento di finanza creativa per alleggerire artificiosamente il bilancio statale dagli investimenti sull’alta velocità.

La cronaca degli ultimi mesi racconta che il 22 dicembre 2005, proprio all’indomani dell’incidente ferroviario di Roccasecca, doveva essere inaugurata l’alta velocità Roma-Napoli dopo 14 anni di attesa. Per ovvi motivi di opportunità, la cerimonia è stata rinviata di qualche giorno. Concepita anche in funzione della redditività per instradare un treno passeggeri ogni quarto d’ora e un treno merci ogni mezz’ora, per adesso la linea sopporterà due coppie di convogli al giorno. In attesa però dell’ultimo tratto per il collegamento con la stazione di Afragola, la Tav finisce a 18 chilometri da Napoli e poi si procede a velocità normale.

10) Mose di Venezia. È il sistema tecnologico per la regolazione dell’acqua alta a Venezia (costo stimato 5 miliardi di euro), attraverso un complesso sistema di dighe mobili. A tutt’oggi, risulta che siano iniziati solo i lavori di dragaggio e scavo per aumentare la profondità delle tre bocche di porto di Malamocco, Lido e Chioggia e della cosiddetta conca di navigazione.
Ma il governo Berlusconi, dopo aver inserito l’opera fra le “infrastrutture strategiche”, ha eluso completamente le procedure di impatto ambientale in un’area come quella della Laguna in cui esistono almeno una decina di zone tutelate dall’Unione europea. Perciò sia il Wwf con la Lipu (Lega per la protezione degli uccelli) sia i parlamentari Verdi al Parlamento di Strasburgo, hanno presentato un ricorso alla Commissione di Bruxelles che il 17 gennaio scorso ha messo in mora l’Italia per la violazione della normativa comunitaria, aprendo formalmente una procedura d’infrazione.

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