Stampanti Epson e le cartucce

Le cartucce di alcune stampanti montano chip per il controllo dell’inchiostro. Siamo sicuri che ci dicano sempre la verità? Mi decido: mi compro una stampante, si, basta. Ho la telecamera digitale, la fotocamera digitale, un Mac che va come un fulmine e continuo a stampare con la StyleWriter II in bianco e nero.
No. Basta.
Mi guardo intorno, prezzi modelli, marche. Cerco su internet, leggo riviste.
Mi documento. Comparo prezzi e prestazioni. Individuo il mio modello.
E’ economica, ha ottime prestazioni. Stampa anche senza margini, in esacromia.
E’ una Epson. La Epson Stylus Photo 790.

Sono a casa, l’ho messa lì, vicino al mio Cube. Installo i driver sul 9.1 ( Mac OSX non esiste ancora).
Un occhio al manuale, che a pagina dodici mi informa: “Questa stampante utilizza cartucce d’inchiostro su cui sono montati chip con circuiti integrati (IC). Il chip IC controlla accuratamente la qualità d’inchiostro usato da ciascuna cartuccia, per cui anche se una cartuccia viene rimossa e reinserita successivamente, è possibile utilizzare tutto l’inchiostro contenuto.
Tuttavia, ogni qual volta si inserisce la cartuccia, viene consumata una piccola quantità di inchiostro, in quanto la stampante controlla automaticamente l’affidabilità della cartuccia.”

WOW! Mi dico. Un chippino che controlla l’inchiostro, che figata! E poi ho stampato. Bene, devo dire, una stampa degna di questo nome. Ho stampato dieci foto a colori su A4 senza margini. Poi non ho stampato nulla per cinque giorni. Al sesto giorno lancio la stampa di una pagina di testo in bianco e nero e il foglio mi esce bianco. Pulito. Nemmeno un segnetto.

Epson Printer Utility, verifica ugelli, pulisci testine. Adesso stampa a righe.
Va beh: verifica ugelli, pulisci testine: ok, ora stampa bene. Il livello di inchiostro del nero è quasi a zero. Vado a comprare le cartucce di riserva per non rimanere a secco: 70.000 lire.
La stampante rimane ferma per un giorno. Quando torno a stampare, stampa tutti i colori, ma il nero no. Printer Utility, verifica ugelli, pulisci testine. Lancio la stampa, messaggio: è finito l’inchiostro nero. Cioè. A pulire le testine, si è mangiato tutto l’inchiostro nero. Sostituisco la cartuccia. Qualche giorno dopo la stessa storia, ma con la cartuccia dei cinque colori: dopo la pulizia delle testine mi dice che la cartuccia è esaurita. La sostituisco.

Questa storia va avanti per un po’ senza che mi vengano sospetti particolari.
Poi un giorno, così, mi sorge il dubbio del secolo.
Ma come fa ‘sto chip a controllare il livello d’inchiostro? Cos’ha, un sensore?
Ne sente l’odore? Tiene un ditino nell’inchiostro per sentirne il livello? Così, incuriosito, prendo una cartuccia usata e ne stacco via il chip.
Sorpresa! Dietro non c’è niente, nada, nessuna connessione, sensore, ditino.
Il chip è “stand alone”.
Il chip parla con la stampante, la stampante parla con il chip, ma con la cartuccia non ci parla nessuno! Allora prendo un pezzo di legno, lo sagomo a forma di cartuccia, gli piazzo nel mezzo il chip e inserisco l’accrochio nell’alloggiamento della cartuccia. Il Led della stampante torna verde fisso!
Apro Printer Utility, chiedo info sulla cartuccia e la finestra di ispezione mi informa che il mio pezzo di legno è una cartuccia Epson, modello T007, inchiostro nero.

E’ ovvio, perché si tratta di una “Cartuccia Intellidge” come la chiamano in casa Epson, e il chip intelligente ha “controllato accuratamente la qualità d’inchiostro usato dalla cartuccia”.

Allora procedo nella prova numero due. Armato di coltellino svizzero, scoperchio una cartuccia a colori che il chip mi ha indicato come completamente esaurita. Nei cinque comparti paralleli che mi trovo davanti sono alloggiate cinque spugnette completamente intrise di inchiostro. Mi infilo un paio di guanti e, dopo averle estratte dai loro umidi allogiamenti, le uso come pennelli per colorare un’intero numero del Corriere della Sera. C’era tanto inchiostro che è passato attraverso i fogli e ha macchiato indelebilmente il tavolo di pietra su cui pasticciavo.

Da tutto ciò si evince che:
quando il chip vi comunica che la cartuccia è esaurita, non è vero. Il chip è progettato per non consentire di andare oltre un certo numero di stampe a prescindere che nella cartuccia ci sia inchiostro oppure no.

Un po’ più “fantascientifico”, ma possibile: il chip fa in modo che la stampante, ad intervalli programmati, esegua stampe di cattiva qualità per obbligare l’utente all’operazione di pulizia delle testine e giustificare così l’eccessivo consumo di inchiostro.

I modelli di stampante che montano questo tipo di chip hanno tutti un prezzo obiettivamente basso rispetto alla tecnologia (soprattutto meccanica) che contengono, proprio perché le aziende produttrici hanno calcolato il proprio guadagno quasi esclusivamente sulla vendita delle cartucce.

Detto ciò, se comprando una stampante notate che tra le caratteristiche vicino alla parola
“Cartuccia inchiostro” compare la parola “Intellidge” o “Chip”, evitate l’acquisto e optate per qualcosa di più stupido.

P.S.: dove è andato a finire, secondo voi, tutto l’inchiostro che in quasi tre anni la mia stampante ha “buttato via” eseguendo la pulizia delle testine? Secondo i miei calcoli all’interno della mia Epson Stylus Photo 790 dovrebbe trovare alloggiamento un serbatoio di raccolta con circa mezzo litro di inchiostro recuperato, ma non ne ho trovato traccia.

Massimo Ruffinengo

Un commento su “Stampanti Epson e le cartucce”

  1. Ma non è un po’ vecchia come notizia? io sapevo di questa cosa delle epson (ma anche le lexmark so che combinano qualcosa) da almeno un paio d’anni!
    Meglio usare le cartucce rigenerate e non originali che di solito non hanno queste beghe!

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