Quel libro che parla anche di me.

“Mi aveva avvertito. Mi Aveva detto che aveva bisogno di spazio, Ma pensavo che questo significasse che non voleva essere pressato troppo dalla presenza o dalle richieste, e questo lo capivo perfettamente. Sia mio figlio che io detestiamo gli invasori spaziali ed eravamo riusciti a vivere bene insieme, gomito a gomito. Ma lo spazio di cui Danny aveva maggiormente bisogno era dentro la sua testa e uno dei luoghi in cui poteva trovarlo, come no, era un locale affollato con musica e gente che chiacchera. Più rumoroso era, e meglio era. Questo era qualcosa a cui nessuno mi aveva preparato, né avevo letto alcunché riguardo, né l’avevo intuito dal suo comportamento precedente. Ogni volta che entravamo in un locale esitava tenendosi leggermente dietro di me.

La musica preferita, in un ambiente dove ti senti a tuoi agio, e spegni il cervello.

A differenza di un vero alcolista, che avrebbe marciato direttamente verso il bancone per ridurre la distanza tra sé e la sua dipendenza, Danny non aveva fretta. Fui io a ordinare da bere. Anche la mia domanda: “cosa prendi?” fu accolta quasi con espressione assente. Appena entravamo, la sua faccia cambiava. Cadeva in una specie di vuoto sorridente che vi sarà capitato di vedere in qualcuno, sicuramente gli avete chiesto: “sei ancora con noi?”. Era il tipo di espressione davanti alla quale di solito si sventola una mano, cercando di conquistarsi l’attenzione della persona che sia davanti, che sembra partita per un mondo tutto suo. Poteva sembrare fatto, seriamente preoccupato o nel mezzo di un importante sogno a occhi aperti.
Non era sovraccarico del sistema, era spegnimento del sistema. Era il messaggio sul monitor del computer che ti dice: “attendere: arresto del sistema in corso”. Immaginate come può essere stare seduti delle ore a fissare quel messaggio? Gli parlai. Risposi modo vago, riconoscendo appena di non essere da solo. Sapevo che quella era felicita, ma non avevo mai visto la felicità di quel tipo. Deve essere la sensazione che prova il motore di un auto quando il serbatoio viene alimentato con la benzina.”
Rivediamo dunque le caratteristiche della sindrome di asperger. Primo:”è giovedì, perciò devo………”:Questo è il comportamento abitudinario e ripetitivo. Sappiamo già tutto. L’abitudine di Danny: avevo sottovalutato il loro potere. Secondo “tutto questo legame affettivo mi sta mettendo troppa ansia, perciò devo…”. Questo sovraccarico, di cui non mi ero neanche accorta. Fino a quando non aveva iniziato con le stereotipie, tirandosi capelli, avevo pensato che fosse felice a suo agio. La nostra scheletrica relazione iniziò a mostrare nuove crepe. In un questionario che spedì ai partner di persone con sindrome di Asperger volevo questa domanda: “il vostro partner è passivo, passivo aggressivo o controllante?”. Tutti diedero la stessa risposta: “tutte e tre le cose”.
Lasciate che vi mostri cosa intendevano, e cosa intendo io, che avrei scritto esattamente la stessa cosa.Eravamo nel nostro locale. Era il live club gay in cui eravamo già stati, un posto nel quale Denny si sentiva perfettamente a casa. Era attratto della trasgressione, a trovarsi in compagnia di persone che la maggioranza poteva emarginare proprio come lui, e  amava il rumore  e la frenesia di quel locale. Anch’io. C’erano tante cose da vedere. Troupe di prime donne dilettanti di talento affollato nel palco per eseguire loro versione del della canzone degli steps “Tragedy” con tutte le sue mosse.. Lì la gente mi conosceva. Era frequentato dalla gente dei media, sia etero che gay, non c’erano pregiudizi e io avevo sempre amici con cui chiacchierare mentre Danny si allontanava per riprendersi.”

(dal libro, meraviglioso e che mi ha incredibilmente sorpreso, “Attraente, originale..emotivamente pericoloso – Una storia d’amore con una persona con sindrome di Asperger” di Barbara Jacobs, che sto leggendo lentamente in questi mesi).

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